Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19895 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2020, (ud. 03/06/2020, dep. 23/09/2020), n.19895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29277-2018 proposto da:

B.B. e B.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA IRNERIO 11, presso lo studio dell’avvocato FERA MARIA

TERESA, rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNETTI ALFONSO

– ricorrenti –

contro

C.M.R., C.F., C.C.,

L.P.F., C.G. e C.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 11, presso lo studio

dell’avvocato DI RIENZO PASQUALE, rappresentati e difesi

dall’avvocato DE SANTIS STANISLAO

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1626/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 25.2.1998 Ba.Sa. e B.B. convenivano in giudizio C.L. innanzi la Pretura di San Giovanni in Fiore, esponendo di essere proprietari di un fondo nel territorio del (OMISSIS) confinante con altro terreno di proprietà del convenuto ed invocando la regolamentazione dei confini.

Si costituiva in giudizio C.L. resistendo alla domanda e deducendo la certezza del confine, rappresentato da una linea naturale rappresentata da una siepe. Proponeva inoltre, in via riconvenzionale, eccezione di usucapione della porzione di terreno tra il confine rivendicato dagli attori e la predetta siepe.

A seguito del decesso di C.L. la causa veniva riassunta dagli eredi L.P.F., C.C., C.F., C.M.R., C.E. e C.G..

Con sentenza n. 14340/2010 il Tribunale di Cosenza rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale compensando le spese, ed individuava il confine tra i due fondi nella siepe, esistente in loco da oltre vent’anni.

Interponevano appello gli originari attori e si costituivano in seconde cure gli appellati, eredi dell’originario convenuto, resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 1626/2017, la Corte di Appello di Catanzaro rigettava l’impugnazione condannando gli appellati alle spese del grado.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione B.S. e B.B., affidandosi ad un unico motivo. Resistono con controricorso L.P.F., C.C., C.F., C.M.R., C.E. e C.G..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 950 e 2058 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel qualificare la domanda attorea come azione di regolamento dei confini, anzichè come azione personale di reintegrazione in forma specifica. Ad avviso dei ricorrenti, infatti, la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare la circostanza che gli appellanti avevano chiesto non soltanto l’accertamento del confine tra i due fondi, ma anche l’attribuzione della fascia di terreno in contestazione tra le parti. Inoltre la Corte di Appello, secondo quanto sostenuto dai ricorrenti, non avrebbe valorizzato il fatto che i testi D.M. e S. avevano entrambi affermato che l’apposizione della siepe tra i due fondi era avvenuta senza tener conto dei confini reali, nel momento in cui gli allevatori avevano deciso di non fare più uso promiscuo dei due terreni.

Il motivo è inammissibile, poichè esso si risolve innanzitutto in una istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Del pari inammissibile è la contestazione relativa all’interpretazione delle risultanze istruttorie, poichè “In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019, Rv. 655229; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13054 del 10/06/2014, Rv. 631274; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004, Rv. 569765).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater -, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, nei confronti dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera Di Consiglio della sesta sezione civile, il 3 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

 

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