Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19895 del 20/09/2010

Cassazione civile sez. I, 20/09/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 20/09/2010), n.19895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.R.M., elettivamente domiciliata in Roma,

Piazzale delle Belle Arti 1, presso l’avv. DE PAOLA Gabriele, che la

rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– controricorrenti –

avverso il decreto della Corte d’appello di Palermo in data 9 gennaio

2007, nella causa iscritta al n. 503/06 R.G. Aff Cam. Cons.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 aprile 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dott. PRATIS Pierfelice, che nulla ha

osservato.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO E DIRITTO

che:

1. è stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

L.R.M. ha proposto ricorso per cassazione, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avverso il decreto in data 9 gennaio 2007, con il quale la Corte d’appello di Palermo ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della menzionata ricorrente della somma di Euro 2.000,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato davanti alla Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana con ricorso del 7 agosto 1998 e definito con sentenza depositata il 22 aprile 2005;

la Presidenza intimata ha resistito con controricorso, mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese; la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 3;

la Corte di appello di Palermo ha accolto la domanda nella misura di Euro 2.000,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di circa tre anni al termine ragionevole, “tenuto conto dell’attività istruttoria espletata, della natura e della materia del contendere (riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento)”;

2. la ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo quattro motivi di ricorso, con i quali lamenta:

a) l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di cassazione in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale (primo e secondo motivo);

b) l’illegittima compensazione, in mancanza di giusti motivi e con vizio di motivazione, delle spese processuali (terzo e quarto motivo);

3. va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sprovvisto di legittimazione passiva alla stregua della normativa applicabile alla fattispecie ratione temporis e che comunque non ha partecipato al giudizio di merito;

i primi due motivi, esaminati congiuntamente, sono infondati, in quanto, una volta determinata in tre anni dal giudice di merito la durata non ragionevole del processo, senza specifica censura sollevata sul punto dalla ricorrente, la determinazione dell’equo indennizzo nella misura di Euro 2.000,00 è sostanzialmente rispettosa dei parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di cassazione; infatti il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo di circa Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve ammontare di regola, a circa Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata, per un importo complessivo che nel caso di specie avrebbe dovuto essere determinato in Euro 2.250,00 ed a cui la Corte di merito, stabilendo un indennizzo di Euro 2.000,00, si è sostanzialmente uniformata, discostandosene in misura minima;

sono invece manifestamente fondati il terzo e quarto motivo, in quanto la Corte d’appello ha ravvisato giusti motivi per la compensazione totale delle spese processuali nella mancata opposizione dell’Amministrazione al riconoscimento del diritto all’equa riparazione; tuttavia la mancata opposizione alla domanda, così come la contumacia, non costituiscono valida ragione di compensazione delle spese, permanendo comunque una sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese;

4. le argomentazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonchè al rigetto, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dei primi due motivi ed all’accoglimento del terzo e quarto con conseguente annullamento del decreto impugnato in ordine alla censura accolta;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la compensazione per due terzi delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo, in considerazione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, e con la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo il principio della soccombenza, al pagamento in favore della ricorrente del rimanente terzo;

5. quanto alle spese del giudizio di cassazione, nulla deve disporsi in ordine al rapporto tra la ricorrente e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha svolto difese, mentre, nel rapporto tra la ricorrente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le spese della presente fase di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, compensate per la metà, in conseguenza dell’accoglimento solo parziale del ricorso limitatamente alla pronuncia sulle spese del giudizio di merito.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Rigetta i primi due motivi del ricorso nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e accoglie il terzo e quarto motivo.

Cassa il decreto impugnato in ordine ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza soccombente al pagamento di un terzo delle spese del giudizio di merito, compensate per i residui due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 806,00, di cui Euro 311,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge. Condanna inoltre la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della ricorrente della metà delle spese del giudizio di cassazione, compensate per la residua metà, che si liquidano per l’intero in Euro 330,00, di cui Euro 230,00 per onorari, oltre a spese generali accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2010

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