Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19891 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19891 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 21816-2007 proposto da:
SEPLA DI FOGACCI G & C SNC 00500431200, in persona
del proprio legale rappresentante pro tempore
GUALTIERO FOGACCI elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato
BATTAGLIA MONICA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

2013
1298

contro

n A20Lue07-22’i
TOP CENTER PORFIDO SRL:- in persona del legale
rappresentante pro tempore sig. GUIDO GOTTARDI,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

Data pubblicazione: 29/08/2013

38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI BENITO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VALENTINI WILMA;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 212/2006 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/05/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato BATTAGLIA Monica, difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Paolo PANARITI, condelega depositata
in udienza dell’Avvocato Bdenito PANARITI, difensore
della resistente che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il
rigetto del ricorso.

g

di TRENTO, depositata il 05/07/2006;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Cave Sepla s.n.c. proponeva opposizione al decreto emesso dal
Tribunale di Trento su ricorso della Top Center Porfido s.r.1., col quale le era
stato ingiunto il pagamento di E 40.766,02, quale prezzo d’acquisto di un

A sostegno dell’opposizione deduceva la consegna di un minor
quantitativo di merce (12.095 tonnellate in luogo delle circa 50.000 pattuite) e
la minima percentuale di granello rispetto alla sabbia. Proponeva, pertanto,
domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inzdempimento
della venditrice e di risarcimento del danno.
Nel resistere in giudizio la società opposta deduceva che l’accordo aveva
ad oggetto un dato quantitativo di pietrisco accumulato in giacenza nel suo
cantiere e ivi visionato dalla Sepla, e che la quantità di granello ivi esistente,
proprio perché esigua, era stata venduta allo stesso prezzo della sabbia.
Il Tribunale rigettava l’opposizione.
L’appello proposto dalla Sepla s.n.c. era respinto dalla Corte distrettuale di
Trento.
Riteneva quest’ultima che dal tenore letterale della clausola del contratto
secondo cui la Top Center si impegnava a fornire alla Sepla una quantità di
prodotto porfirico, più precisamente denominato 0-4/4-8 mm., nella misura di
mc. 35.000 ca., pari a 450.000-500.000 ql., al prezzo di lire 2.100 al ql., e
dalla nota di conferma del 3.10.2001, in cui si faceva espresso riferimento
vuoi alla pregressa visita sul cantiere, vuoi all’ammontare complessivo della
fornitura di 35.000 mc. di materiale, risultava che le parti non solo non
avevano operato alcuna differenziazione tra la sabbia ed il granello, né sotto il
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quantitativo di materiale porfirico.

profilo delle rispettive quantità, né sotto quello del prezzo, ma che inoltre
avevano avuto cura di determinare soltanto l’ammontare complessivo del
materiale porfirico, attribuendo ad esso il medesimo prezzo unitario, con la
precisazione che il prodotto offerto in vendita era denominato 0-4/4-8. Donde

quantità e del prezzo dei due tipi di materiale, avendo in sostanza le parti
pattuito la vendita in blocco del cumulo di esso giacente presso il cantiere
della Top Center, quantificato in termini approssimativi e costituito in
massima parte da sabbia.
Per la cassazione di tale sentenza ncorre la Sepla s.n.c., in base a dieci
motivi d’impugnazione.
Resiste con controricorso la Top Center.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo è dedotta l’omessa e insufficiente motivazione e

pronuncia circa i motivi d’appello, che la Corte territoriale, si sostiene,
avrebbe considerato sbrigativamente come un unico motivo, pur se articolato
sotto vari profili, mentre le censure erano invece cinque e specifiche. In tal
modo, afferma parte ricorrente, la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi
su diverse doglianze, attinenti all’ammissibilità delle prove orali ex art. 2721 e
2722 c.c, al vizio di ultrapetizione e di violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c.,
alla violazione dell’alt 1362 c.c. e in merito alle omesse e contraddittorie
motivazioni da parte del giudice di primo grado.
Formula al riguardo il seguente quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c.
(applicabile alla fattispecie ratione temporis): “si chiede (…) alla Suprema
Corte di pronunciarsi circa l’errore di interpretazione della domanda da parte
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la certa irrilevanza contrattuale di una differenziazione sotto il profilo della

della Corte d’appello e consistente nella riunione in un unico motivo delle
doglianze espresse con l’atto di citazione del 20.10.2005 con conseguente
mancata pronuncia e motivazione circa ciascuno dei motivi proposti con
l’appello e precisati nelle comparse conclusionali del procedimento di

1.1. – Il motivo è inammissibile per la sua genericità (a tacere della sua
errata titolazione, ché l’omessa pronuncia su un motivo d’appello viola l’art.
112 c.p.c. e rileva sub specie dell’art. 360, n. 4 c.p.c.: cfr. Cass. nn. 11801/13
e 12952/07, secondo cui la proposizione in tal caso di una censura ai sensi del
n.3 o del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è causa d’inammissibilità del motivo).
Parte ricorrente, infatti, non precisa quali le censure formulate e quali
quelle non esaminate, né dimostra altrimenti che la trattazione unitaria di più
motivi — di per se legittima — sia stata operata in maniera tale da tradursi in
una sostanziale omissione di pronuncia (non su mere argomentw7;nni, ma) su
doglianze specifiche. Non solo, ma il vago richiamo alle norme sopra indicate
lascia intendere che i motivi su cui la Corte distrettuale non si sarebbe
pronunciata atterrebbero a questioni di diritto e non di fatto, il che rende
ulteriormente inammissibile la censura così come confezionata.
2. – Col secondo motivo parte ricorrente allega, in relazione all’art. 360,
nn. 3 e 5 c.p.c., la mancanza di motivazione e l’errata ammissione delle prove
orali in violazione degli arti. 2721, primo comma c.c. e 2722 c.c.
Sostiene parte ricorrente di essersi opposta, nella propria memoria ex art.
184 c.p.c. (testo previgente), all’ammissione delle prove testimoniali, per
essere il contratto in questione di valore di gran lunga superiore al limite
fissato dall’art. 2721 c.c., e per avere la prova ad oggetto patti aggiunti o
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secondo grado”.

contrari alla scrittura del 25.9.2001. Deduce di aver reiterato nella comparsa
conclusionale di primo grado la propria contrarietà all’ammissione, e di aver
riproposto la relativa questione in appello. Lamenta, quindi, che non sia stata
motivata l’ammissione in deroga al suddetto limite, e che il giudice di primo

memoria Top Center del 13.10.2004, ha ampliato le domande richiedendo al
teste circostanze sull’esatto ammontare del quantitativo dei materiali.
Formula i seguenti quesiti: 1) “chiede (…) alla Suprema Corte di
pronunciasi circa la violazione dell’art. 2721 c.c. allorquando il giudice del
merito ammetta mezzi di prova in deroga ai divieti di cui alla suddetta norma,
omettendo qualsiasi motivazione sulle ragioni della deroga stessa; nonché,
nella specie, circa la legittimità della totale omessa motivazione
nell’ordinanza di ammissione delle prove e successivamente nella sentenza di
primo grado, in relazione all’ammissione delle prove orali formulate nei
capitoli della memoria istruttoria di parte opposta del 13.10.2004, in merito ai
divieti posti dall’zrt. 2721 c.c. e della omessa motivazione circa tale punto da
parte della Corte d’appello nella sentenza impugnata”; 2) “chiede (…) alla
Suprema Corte di pronunciasi: circa la violazione dell’art. 2722 c.c. da parte
del giudice del merito che, in sede di escussione di testimoni, ampli l’oggetto
delle domande introducendovi elementi e circostanze risalenti a prima della
conclusione del contratto e contrastanti con il contenuto dello stesso; circa il
vizio di carenza assoluta di motivazione ex art. 2721, secondo comma c.c., in
merito all’ammissione delle prove orali richieste in primo grado dalla parte
convenuta — opposta, con memoria ex art. 184 c.p.c. del 13.10.2004, in
particolare i capitoli n. 2, 3, 4 e 5; circa l’ammissibilità, tempestività e
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grado in fase di escussione dei testi sulle circostanze nn. 2, 3, 4 e 5 della

fondatezza delle eccezioni proposte in merito all’ammissione delle medesime
prove orali, ex art. 2722 c.c. e circa l’errata e contraddittoria motivazione
relativamente a tale eccezione nella sentenza della Corte d’appello; dica,
altresì, la Corte circa l’errore e la mancanza di congruità della motivazione

relativamente ai requisiti inerenti l’ammissibilità delle prove testimoniali ed in
merito alla loro esclusione di patto aggiunto o contrario al contenuto del
documento”.
2.1. – Il motivo è inammissibile, sia per la manifesta inidoneità dei quesiti
di diritto formulati, sia per difetto di autosufficienza.
Sotto il primo profilo, si osserva che i quesiti non pongono interrogativi
giuridici né sull’interpretazione delle norme citate, né sulla loro applicabilità
alla fattispecie, ma si risolvono in una mera e puramente retorica mozione di
osservanza di norme di cui si postula l’avvenuta violazione da parte del
giudice di merito.
Sotto il secondo, deve rilevarsi che: a) il motivo non riporta i capitoli di
prova ammessi in asserita violazione degli arti. 2721 e 2722 c.c., né
tantomeno le domande che, secondo la prospettazione di parte ricorrente, il
giudice di merito avrebbe posto ai testi oltre i limiti (pare di capire) dell’art.
253, primo comma c.p.c.; b) la violazione degli articoli anzi detti è causa di
nullità a rilevanza variabile, ai sensi dell’art.156, secondo comma c.p.c., del
mezzo di prova; tale nullità, avendo natura relativa, deve essere fatta valere,
ex art.157, secondo comma c.p.c., dalla parte interessata nella prima istanza o
difesa successiva all’atto. Ciò posto, parte ricorrente neppure allega di aver
eccepito la nullità nei limiti temporali imposti da quest’ultima norma, ma
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espressa da entrambi i giudicanti nelle sentenze di primo e secondo grado,

deduce di averla sollevata nella comparsa conclusionale di primo grado e
nell’atto d’appello. Né vale aver contestato il mezzo di prova prima che il
giudice lo ammettesse. L’una eccezione, quella di inammissibilità della prova
testimoniale dedotta in violazione degli artt. 2721 e 2722 c.c., non va confusa

può sovrapporsi perché, diverse le situazioni di partenza, diversi sono altresì
gli interessi che vi sottostanno. La prima eccezione, infatti, opera ex ante per
impedire il compimento di un atto invalido, la seconda, invece, agisce ex post
per evitare che gli effetti di esso si consolidino. Valutati in senso diacronico,
detti interessi possono essere apprezzati in modo differente dalla medesima
parte, la quale, proba cognita, può ritenerne vantaggioso o non l’esito, che per
il principio acquisitivo giova o nuoce indipendentemente da chi abbia dedotto
il mezzo istruttono.
3. – Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza, in rela’Aone all’art.
360, n. 4 c.p.c., per ultrapetizione e violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c.
Oltre a pronunciarsi sul quantitativo di materiale pattuito, non oggetto di
contesa essendo pacifico fra le parti che esso dovesse corrispondere a 35.000
mc., “il Giudice”, sul presupposto che non fosse possibile individuare
esattamente l’ammontare del quantitativo visto dalle parti, dichiarando
espressamente inattendibili le testimonianze assunte e ignorando i documenti
sui quali risultano espressi i quantitativi indicati dalle parti stesse, avrebbe
sancito una sorta di presunzione legale di corrispondenza della quantità
pattuita a quella consegnata.
Questo il quesito a corredo della censura: “si chiede (…) alla Suprema
Corte di pronunciarsi circa la sussistenza dell’istanza volta all’accertamento
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con l’altra, quella di nullità della prova ciò non di meno assunta, né ad essa

delle quantità complessive di materiale oggetto del contratto e circa l’errore
del giudicante di secondo grado in merito all’accertamento ed alla pronuncia
espressa in relazione a tale condizione contrattuale, anche ai sensi e per gli
effetti di cui all’art.112 e 113 c.p.c., nonché circa l’assenza e l’errore di

3.1. – Il MOt;’.’0 è inammissibile, perché non risulta in quale sua parte la
sentenza di secondo grado avrebbe affermato quanto si sostiene (l’espressione
“il Giudice” contenuta per due volte a pag. 11 del ricorso, non consente di
comprendere se il ricorrente si riferisca alla sentenza del Tribunale o a quella
della Corte d’appello). A tutto concedere la censura potrebbe riferirsi a quanto
si legge a pag. 12 della sentenza impugnata (“La prova testimoniale (…) lungi

dal contrapporre una realtà pattizia diversa da quella risultante dal
suindicato quadro contrattuale, offre soltanto una visione chiara ed esaustiva
dello scenario empirico, da cui si originarono gli elementi costitutivi della
predetta vicenda …”); ma ivi non è per nulla affermata l’asserita presunzione
di corrispondenza del consegnato al pattuito, sicché, in buona sostanza, il
mezzo attribuisce alla pronuncia d’appello affermazioni che questa non
contiene.
4. – Con il quarto motivo parte ricorrente censura di nullità, in relazione
all’art. 360, n. 4 c.p.c., la sentenza impugnata per essersi pronunciata,
incorrendo nel vizio di ultrapetizione, in merito all’essenzialità del termine
contrattuale di consegna, ancorché la parte convenuta non abbia mai messo in
discussione il termine previsto dal contratto per l’adempimento, ma si sia
difesa sostenendo di non averlo potuto rispettare per fatto della stessa Sepla.

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motivazione su tale punto nella sentenza impugnata”.

Segue il quesito: “si chiede (…) alla Suprema Corte di pronunciarsi circa il
vizio in cui è incorso sia il Giudice di primo grado, sia la Corte d’appello, in
merito alla necessità di esprimere un giudizio circa l’essenzialità del termine
di consegna pattuito nel contratto stipulato in data 25.9.2001 tra la Sepla s.n.c.

4.1. – Anche tale motivo è inammissibile; e ciò per due ragioni.
La prima è data dal fatto che il quesito pone una questione priva di rilievo.
Il termine di adempimento, infatti, non è necessariamente essenziale, né la
Sepla risulta aver agito per la risoluzione di diritto del contratto ex art. 1457
c.c., sicché ogni doglianza al riguardo è del tutto fuorviante.
La seconda risiede in ciò, che il vizio di ultrapetizione riguarda le domande
e le eccezioni di merito, non altro. E poiché nessuna delle parti in causa ha
proposto domande o sollevato eccezioni basate sull’essenzialità del termine di
adempimento, non è dato di comprendere su cosa la Corte territoriale avrebbe
mancato di pronunciarsi.
5. – Col quinto motivo è dedotta la nullità, in relazione all’art. 360, n. 4
c.p.c., della sentenza impugnata per il vizio di ultrapetizione in merito
all’esatta e completa consegna di tutti i materiali oggetto dell’accordo per
violazione degli aia. 112 e 113 c.p.c.
La Corte d’appello, si sostiene, si sarebbe pronunciata sulla consegna
dell’intero quantitativo del materiale, senza considerare che non era questo ciò
su cui le parti avevano discusso.
Il motivo mette capo al seguente quesito: “dica la Suprema Corte circa
l’esistenza del vizio in cui è incorsa la Corte d’appello (ed il giudicante di
primo grado) in merito alla necessità e/o opportunità di pronunciarsi
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e la Top Center Porfido s.r.l. e la mancanza di motivazione in merito”.

relativamente all’integrale consegna di tutti i materiali dedotti nel contratto de

quo e ciò anche in relazione agli artt. 112 e 113 c.p.c.”.
5.1. – Anche -tale motivo è inammissibile, per ragioni affatto analoghe a
quelle esplicitate nel paragrafo precedente, cui va aggiunto che ,.1.2,1_1a sentenza

Top Center abbia consegnato tutto il materiale concordato.
6. – Il sesto mezzo d’annullamento consiste nella deduzione (subordinata al
non accoglimento del quarto motivo) del vizio di “errata, arbitraria e
immotivata valutazione” della clausola contrattuale riguardante il quantitativo
complessivo dei materiali, e in quello di violazione degli artt. 1362 e ss. c.c.
Nella sentenza impugnata, si sostiene, non vi sarebbe traccia delle regole di
ermeneutica contrattuale applicate.
Segue il quesito: “dica (…) la Corte, circa il vizio della sentenza di
secondo grado in merito alla mancata applicazione e violazione degli artt.
1362 c.c. e seguenti in merito all’interpretazione della volontà delle parti circa
i quantitativi dei materiali dedotti in contratto e della mancata, contraddittoria
ed errata motivazione in merito; dica inoltre l’Ecc.ma Corte Suprema se
costituisca violazione degli artt. 1362 e ss. c.c. la pronuncia del giudice del
merito che, omessa ogni indicazione dei criteri adottati per l’interpretazione
della volontà delle parti, giunga a conclusioni contrastanti con il testo
contrattuale da esse sottoscritto, con le loro dichiarazioni processuali, nonché
con le altre prove raccolte nel giudizio”.
6.1. – Anche tale motivo è manifestamente inammissibile per l’inidoneità
del quesito di diritto espresso.

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impugnata non risulta affatto che la Corte territoriale abbia affermato che la

Ed infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte formatasi in
tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in
relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata
al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di

interpretazione contrattuale di cui agli arti. 1362 e seguenti c.c. Nell’ipotesi in
cui il ricorrente lamenti espressamente tale violazione, egli ha l’onere di
indicare, in modo specifico, i criteri in concreto non osservati dal giudice di
merito e, soprattutto, il modo in cui questi si sia da essi discostato, non
essendo, all’uopo, sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole,
formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa (e più favorevole)
interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante (cfr. ex pluribus, Cass.
nn. 18134/04, 13643/04, 3772/04, 11259/02, 7242/01 e 3142/98).
Nello specifico il mezzo non deduce in alcun modo il tipo di violazione in
cui sarebbe incorsa la Corte territoriale, ed anzi lascia agevolmente intendere,
attraverso il rifelimento al contrasto fra le conclusioni cui è pervenuta la Corte
territoriale, da un lato, e le dichiarazioni delle parti e le prova raccolte,
dall’altro, che ciò che il ricorrente censura non è il metodo ermeneutico
seguito ma il risultato raggiunto.
7. – Con il settimo motivo si censura, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. “circa l’errata, arbitraria
valutazione dell’avvenuta esecuzione del contratto e della consegna dei
materiali”.
Sostiene parte ricorrente che la Top Center avrebbe dovuto fornire la prova
di aver consegnato tutto il materiale concordato, ossia 35.000 mc., mentre i
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motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di

quantitativi consegnati sono di appena 8.400 mc., come conf.-imato dalle
stesse fatture e dai documenti di trasporto prodotti.
Questo il quesito: “dica, quindi, l’Illustrissima Corte adita se, in presenza
di un contratto di compravendita, incomba alla parte che eccepisca l’eventuale

ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’avvenuta consegna o l’avvenuto pagamento; dica
inoltre circa l’errata, contraddittoria ed arbitraria valutazione
dell’adempimento della Top Center in merito alla consegna dei quantitativi
dei materiali pattuiti in contratto”.
7.1. – Il motivo è inammissibile, perché basato su di un quesito criptico,
sostanzialmente ripetitivo della norma di legge asseritamente violata e
formulato su presupposti fattuali diversi da quelli accertati dalla Corte
d’appello, e non altrimenti e previamente confutati dalla Sepla mediante
un’apposita censura di vizio motivazionale.
Dalla sentenza impugnata si ricava che la Top Center ha agito per il
pagamento di una parte del materiale consegnato (di cui alle fatture nn. 847,
956 e 1222 del 2002), a sua volta parte di una più ampia fornitura negoziata.
Ciò che non si ricava affatto, invece, è che la Corte trentina abbia accertato
che l’accordo negnziale prevedesse la consegna in un’unica soluzione di tutto
il materiale pattuito (35.000 mc. circa), ovvero che il pagamento dovesse
essere effettuato solo dopo che la Top Center avesse completato la consegna
dell’intero quantitativo di porfido concordato.
Tali e non altri i fatti accertati dai giudici d’appello, non si pone neppure
un problema di (mal)governo dell’onere della prova. Non solo dalla sentenza
impugnata, ma anche dai motivi di ricorso si desume che tra le parti non è
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estinzione dei diritti ed obblighi derivanti da tale contratto, l’onere di provare,

controversa né la consegna del materiale di cui alle fatture poste a base della
domanda azionata in via monitoria, né il relativo mancato pagamento.
8. – L’ottavo motivo deduce, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.,
l’errata, inesatta e mancata valutazione delle prove e la violazienc degli arti.

Parte ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia omesso la
valutazione di fondamentali documenti probatori (quali le fatture emesse dalla
Top Center e la corrispondenza intercorsa fra le parti) e ricostruito i fatti in
maniera diversa dall’accordo che era stato raggiunto dai contraenti. Quindi, il
motivo si diffonde sull’esame dei documenti prodotti e delle prove
testimoniali espletate; fornisce la propria interpretazione dei fatti in merito ai
quantitativi negoziati e relativa prenrzione dei materiali che avrebbero
dovuto comporli; deduce che gli errori di valutazione del materiale probatorio
compiuti dalla Corte distrettuale ricadrebbero anche sull’apprezzamento delle
prove orali circa gli impedimenti alla consegna del materiale restante; per poi
concludere con il seguente quesito: “dica, quindi, l’Illustrissima Corte adita se
costituisca violazione del’art. 2709 c.c. la pronuncia del giudice di merito che
disattenda o ignori senza alcuna motivazione le fatture provenienti dal
convenuto, attestanti tempi e termini di consegna della merce in esecuzione
del contratto concluso tra le parti, e sostituisca il contenuto di tali documenti
con giudizi derivanti da deposizioni testimoniali con essi contrastanti; dica
inoltre circa la legittima pronuncia del giudice d’appello relativamente alla
valutazione degli oneri probatori posti a carico delle parti, nonché alla
mancata, errata, contraddittoria valutazione delle prove documentali ed orali

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115 e 116 c.p.c., nonché degli arti. 2697 e ss. e 2709 c.c.

ammesse, nonché all’erronea, contraddittoria e mancante motivazione in
merito”.
9. – Il nono mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
1362 e ss. c.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti

Parte ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte
territoriale, il prezzo della sabbia e del porfido era stato unificato proprio
perché le proporzioni dei due materiali dovevano essere simili. Fornisce,
quindi, la propria lettura critica delle scritture 25.9.2001 e 3.10.2001 e del
termine di adempimento; e contesta il rilievo attribuito dai giudici d’appello
alla prova testimoniale per dimostrare la corrispondenza del consegnato al
pattuito.
Il motivo termina con i seguenti quesiti: “dica, quindi, l’Illustrissima Corte
adita se integri violazione dell’art. 1362 c.c. la pronuncia del Giudice del
merito che, pui invocando l’interpretazione letterale e logico-sistematica del
contratto quale strumento idoneo a ricostruire la volontà e la comune
intenzione delle parti, tragga conclusioni del tutto difformi da quelle risultanti
dalle scritture contrattuali; dica quindi se la motivazione della Corte
d’appello, in relazione alle premesse logico-sistematiche dalla medesima
invocate in merito al metodo ed ai criteri di interpretazione del contratto di
vendita, sia coerente e logicamente connessa con le motivazioni e valutazioni
da essa effettuate, nonché con le conclusioni dalla stessa rassegnate in merito
alla ricostruzione dell’intenzione delle parti e agli elementi costitutivi della
fattispecie contrattuale. Dica poi, eventualmente, la Suprema Corte se il
processo interpretativo logico-giuridico adottato dalla Corte d’appello
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controversi e decisivi della controversia.

relativamente alla ricostruzione della volontà delle parti, sia stato
sufficientemente motivato ed in particolare con riferimento alle regole di
ermeneutica giuridica adottate”.
Ed ancora, quanto al vizio motivazionale: “dica, quindi, l’Illustrissima

sentenza di primo grado), tenuto conto degli oneri probatori delle parti, possa
ritenersi sufficientemente e correttamente motivata e senza contraddizioni, in
merito alla determinazione dell’esattezza dell’adempimento da parte della
Top Center Porfido s.r.l. al contratto de quo, con particolarz riferimento
all’accertamento e determinazione dei quantitativi dei materiali consegnati,
rispetto ai quantitativi pattuiti”.
10. – Il decimo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c., la
contraddittoria e carente motivazione “circa gli inadempimenti eccepiti dalla
Top Center rispetto alla consegna dei materiali” (intendi: circa la tesi della
Top Center per cui il ritardo nelle consegne ulteriori sarebbe imputabile a
fatto della Sepla).
Parte ricorrente contesta in quantr errata la conclusione della sentenza
d’appello, secondo cui sarebbe provato il rifiuto della Sepla di ricevere dalla
Top Center gli ulteriori quantitativi di merce. Deduce che le deposizioni dei
testi Nardin e Nardelli non valgono a dimostrare il termine di consegna
(dicembre 2001 — gennaio 2002) che sarebbe stato pattuito secondo la Top
Center, atteso che le stesse fatture emesse da quest’ultima dimostrano che il
c.d. granello fu consegnato in massima parte dopo il gennaio 2002 e fino al
settembre dello stesso anno; e che la Corte d’appello non ha considerato la

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Corte adita se la sentenza della Corte d’appello (anche e con riferimento alla

deposizione della teste Venturi, la quale ha escluso che la Sepla avesse mai
rifiutato alcuna consegna.
Segue il quesito: “dica, quindi, l’Illustrissima Corte adita circa l’errata,
inesatta, contraddittoria, mancante e carente motivazione in relazione

del(la) maggior parte del materiale nel periodo dicembre 2001 — gennaio
2002, nonché la valutazione dell’importanza di tale clausola rispetto
all’esecuzione dell’intera consegna. Dica, poi, la Corte in via subordinata,
circa l’errata, incompleta e contraddittoria motivazione relativamente alla
prova del rifiuto da parte della ricorrente Sepla s.n.c. al ritiro dei materiali, nel
periodo dicembre 2001 — gennaio 2002”.
11. – I motivi ottavo, nono e decimo, da esaminare congiuntamente, sono
inammissibili per le ragioni che seguono.
E’ noto che il giudizio di cassazione non ha ad oggetto il rapporto
sostanziale fra le parti e dunque l’esattezza della ricostruzione storica dei fatti
e l’apprezzamento operatone dal giudice di merito, ma riguarda unicamente la
legittimità della sentenza nei limiti dei parametri imposti dall’art. 360 c.p.c.
Come ripetutamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, la
deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso
per cassazione conferisce al giudice dl lzgittimità non il potere di riesaminare
il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo controllo, bensì la
sola facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al
quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e
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all’esistenza di un accordo contrattuale tra le parti, in merito alla consegna

la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi
sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di
prova acquisiti ( salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); ne consegue

insufficienza, contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo
quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia
evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della
controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando
esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate,
tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico
posto a base della decisione (così e per tutte, Cass. n. 8718/05).
Per contro, come indicato dall, stesse titolazioni delle censure ed
evidenziato dallo svolgimento dei motivi, intesi essenzialmente a far
dipendere il vizio di motivazione non da una crisi di logicità interna del
ragionamento svolto nella sentenza impugnata, ma dal raffronto tra questa e
talune risultanze istruttorie diversamente apprezzate dalla parte ricorrente, è di
tutta evidenza che i suddetti mezzi sollecitano un rinnovato esame di merito
della vicenda, in palese contrasto con la funzione che l’ordinamento assegna
al giudizio di legittimità.
Oltre a ciò, e per quanto concerne i vizi motivazionali, dedotti in relazione
al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., va aggiunto che i motivi in esame sono sprovvisti
un intelligibile =mento di sintesi, così come prescritto dalla giurisprudenza
di questa Corte (cfr. al riguardo Cass. n. 2652/08).
12. – In conclusione il ricorso va respinto.
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che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo delia omissione,

13. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza
della parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che

legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 15.5.2013.

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