Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19891 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. III, 22/09/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 22/09/2020), n.19891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31102-2019 proposto da:

O.C., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

MASSIMO CARLO SEREGNI, TIZIANA ARESI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1434/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che:

1. O.C., cittadino nigeriano, ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3791 del 18 settembre 2019 che aveva dichiarato inammissibile, poichè tardiva, l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale con la quale era stato confermato il provvedimento della Commissione territoriale, che aveva negato la protezione internazionale richiesta, declinata in via gradata nelle fattispecie di “stato di rifugiato”, “protezione sussidiaria” e “protezione umanitaria”.

2. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva dedotto di aver dovuto lasciare il suo paese in quanto omossessuale, tendenza che aveva scoperto occasionalmente nel 2012, quando appartandosi per la prima volta con un ragazzo, veniva visto da altri abitanti del villaggio che tentavano di bruciarlo vivo.

3. Il Ministero dell’Interno intimato si è costituito tardivamente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 153 c.p.c..

Il richiedente denuncia che, a seguito del trasferimento presso un nuovo centro di accoglienza, perdeva contatti con il suo precedente difensore, non ricevendo tempestiva comunicazione dell’esito del ricorso di 1^ grado. Pertanto, tenuto conto della particolarità della materia, la Corte d’appello avrebbe dovuto rimettere in termini il ricorrente ex art. 153 c.p.c..

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8.

La Corte, non valutando nel merito la richiesta del ricorrente, avrebbe violato l’art. 8 del decreto suindicato, il quale impone che le domande vengano esaminate alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese d’origine.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs n. 251 del 2007, art. 3.

La Corte, non entrando nel merito del gravame interposto, non avrebbe valutato la credibilità intrinseca ed estrinseca del ricorrente, ovvero in riferimento al racconto del periodo di permanenza in Libia e agli eventi che avrebbero indotto il giovane a lasciare il paese d’origine, incorrendo nella violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

5. Il primo motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 28575/2018 hanno stabilito che nel vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, così come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. o, l’appello ex art. 702 quater c.p.c., proposto avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso e non con citazione, in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma. Tale innovativa esegesi, in quanto imprevedibile e repentina rispetto al consolidato orientamento pregresso, costituisce un,’overrulling” processuale che, nella specie, assume carattere peculiare in relazione al momento temporale della sua operatività, il quale potrà essere anche anteriore a quello della pubblicazione della prima pronuncia di legittimità che praticò la opposta esegesi (Cass. n. 17420 del 2017), e ciò in dipendenza dell’affidamento sulla perpetuazione della regola antecedente, sempre desumibile dalla giurisprudenza della Corte, per cui l’appello secondo il regime dell’art. 702 quater c.p.c., risultava proponibile con citazione.

Sulla base di tale pronuncia, la Corte d’appello di Milano ha rilevato che il giudizio d’appello in materia di protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso, e non per il tramite dell’atto di citazione, in ottemperanza alle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 142 del 2015, al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19.

Nel caso di specie l’ordinanza resa dal Tribunale di Milano è stata emessa in data 8 settembre 2017 ed è stata comunicata, a mezzo pec, in pari data all’avvocato costituito. Il giudice dell’appello ha dichiarato l’appello del ricorrente tardivo dopo aver valutato e rigettato la richiesta di ritmessione in termini perchè le giustificazioni dedotte dall’appellante, che sosteneva di non aver avuto alcuna comunicazione da parte dell’avvocato costituito in primo grado, risultavano comunque sfornite di ogni elemento probatorio non essendo sufficiente la sua sola dichiarazione di parte. Pertanto la Corte d’Appello non è incorsa in nessuna violazione in quanto ha valutato la richiesta di rimessione in termini del ricorrente ritenendola infondata per mancanza di prove.

5.1. L’inammissibilità del primo motivo determina l’assorbimento degli altri motivi.

6. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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