Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19891 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/08/2017, (ud. 20/06/2017, dep.09/08/2017),  n. 19891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4118/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FINDAM SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati VINCENZO BASTA,

MARIA PIA CARIDDI;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 2946/5/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 02/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della Findam spa (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 2946/05/2015, depositata in data 2/07/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento per maggiori IRES dovuta in relazione all’anno d’imposta 2005, per effetto della indeducibilità di una minusvalenza derivante dalla cessione di titoli, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame della contribuente, hanno sostenuto che, in relazione all’eccepita “non regolarità della notifica” dell’atto impositivo, l’Ufficio aveva prodotto soltanto “fotocopie che non sono non certamente atte a provare la regolarità della notifica”, occorrendo l’esame degli originali delle relate di notifica, in mancanza dei quali la notifica era da ritenersi “inesistente”; inoltre, neppure era meritevole di accoglimento il motivo basato sul raggiungimento dello scopo dell’atto, essendo l’avviso di accertamento “l’unico documento atto a dimostrare l’avvenuta consegna e la data in cui essa è avvenuta nonchè la identità e la idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita”.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la controricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, L. n. 890 del 1982, art. 4,comma 3 e artt. 2712 e 2719 c.c., avendo la C.T.R. ritenuto indispensabile il deposito dell’originale della relata di notificazione di un atto spedito a mezzo del servizio postale ed avendo ritenuto necessario il deposito dell’originale e non sufficiente la fotocopia dello stesso, malgrado il disposto dell’art. 2719 c.c. e la mancata contestazione della stessa con memoria immediatamente successiva al deposito dei documenti da parte dell’Ufficio. Con il secondo motivo, a ricorrente lamenta poi la violazione dell’art. 156 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 4, non avendo la C.T.R. congruamente motivato in ordine al principio generale di sanatoria dela nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto, stante la regolare impugnazione, da parte della contribuente, degli atti impositivi.

2. La prima censura è fondata.

Questa Corte (Cass. 8446/2015; Cass. 22770/2006) ha già chiarito, in generale, che, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 4, la produzione di documenti in copia fotostatica costituisce modalità idonea per introdurre la prova nel processo, atteso che, ai sensi dell’art. 2712 c.c., è onere della controparte contestarne la conformità all’originale, in presenza della quale il giudice è tenuto a disporre la produzione del documento in originale del cit. D.Lgs. n. 546, ex art. 22, comma 5.

Con riguardo, poi, alla copia fotostatica dell’avviso di ricevimento, questa Corte ha ribadito la valenza generalizzata del disposto dell’art. 2719 c.c. (Cass. 13439/2012: “La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per fa notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatonio, può avvenire anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poichè la regola posta dall’art. 2719 c.c. – per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace trova applicazione generalizzata per tutti i documenti”).

Ora, la C.T.R. si è limitata a ritenere necessaria la produzione dell’originale e non sufficiente quella di una fotocopia e tale statuizione non è rispondente ai suddetti principi di diritto.

Vero che la controricorrente deduce di avere contestato, nella memoria di replica alle controdeduzioni dell’Agenzia delle Entrate, sin dal primo grado, la conformità della copia all’originale, ma i giudici della C.T.R. (avendo i giudici di primo grado ritenuto infondata l’eccezione) avrebbero dovuto ordinare l’esibizione dell’originale, anche ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 e non respingere il gravame.

Questa Corte ha infatti ribadito (Cass. 13425/2014) che “l’art. 2719 c.c., esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche e si applica tanto al disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto al disconoscimento dell’autenticità di scrittura o di sottoscrizione, dovendosi ritenere, in assenza di espresse indicazioni, che in entrambi i casi la procedura sia soggetta alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c.. Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione, mentre il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche aliunde”. A seguito del disconoscimento della fotocopia della scrittura privata (Cass. 15551/2015), a parte che intende avvalersene è tenuta a produrre l’originale ed îl giudice ne doveva quindi ordinare l’esibizione.

3. Anche la seconda censura è fondata.

Questa Corte (Cass. 10445/2011; Cass. 454/2014, Cass. 8374/2015) ha affermato che “L’applicazione alle notifiche degli avvisi di accertamento delle norme del processo civile, in base al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comporta quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle relative sanatorie, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria determina soltanto il venir meno dell’interesse del destinatario a denunciare lo specifico vizio, ma non esplica alcun effetto sui requisiti di validità ed esistenza dell’avviso di accertamento, non potendo, quindi, impedire il decorso del termine di decadenza previsto dalla legge per l’esercizio della potestà impositiva, eventualmente maturato precedentemente al fatto sanante”.

La statuizione sul punto della C.T.R. non è conforme ai suddetti principi.

Nella specie, la controricorrente ha dedotto di avere tempestivamente eccepito, sin dal primo grado, che addirittura la notifica dell’atto, poi impugnato dalla destinataria, sarebbe stata effettuata in data posteriore alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo.

Ora, trattandosi di vizio che attiene non ad atto processuale ma ad atto sostanziale, non è compito di questa Corte procedere all’esame degli atti processuali, spettando la verifica al giudice di merito.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio aia C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione. Il giudice dei rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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