Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19890 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19890 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 19516-2007 proposto da:
FLLI MORELLI MARIO & GIULIANO SNC P.I.00088150495 IN
PERSONA DEL SUO AMM.RE E LEGALE RAPP.TE P.T.,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO
217, presso lo studio dell’avvocato ADDESSI GIROLAMO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CASSI GIAMPIERO;
– ricorrente contro

FIN TRASP SPA P.I.01001610490 IN PESONA DEL LEGALE
RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 29/08/2013

PRISCIANO 42, presso lo studio dell’avvocato BARBIERI
GIAMPIERO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MERLINI GIOVANNI;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1109/2006 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Leonilda Mari con delega depositata
in udienza dell’Avv. Cassi Giampiero difensore della
ricorrente che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/05/2006;

Svolgimento del processo

1) La controversia verte intorno alla revisione del prezzo di un
contratto di compravendita immobiliare pattuito a corpo, nel 1991,
tra la venditrice s.n.c F.11i Morelli e l’acquirente Fin Trasp

Il tribunale di Livorno fu adito dalla promissaria acquirente Fin
Trasp srl con azione ex art. 2932 c.c. per il trasferimento
coattivo di un terreno, con contestuale riduzione del prezzo.
La società convenuta propose domanda di risoluzione del contratto
per inadempimento nel pagamento dell’acconto di 80 milioni di
lire, previsto all’atto dell’immissione in possesso del bene.
Il tribunale di Livorno, con sentenza parziale del 13 gennaio
1997, respinse la domanda di risoluzione del contratto e dichiarò
“ammissibile” la domanda proposta dalla promissaria acquirente.
Dispose per il prosieguo dell’istruzione con consulenza tecnica.
Con sentenza definitiva del 13 febbraio 2003 il tribunale stabilì
una riduzione del prezzo proporzionale al terreno mancante,
corretta equitativamente, poiché l’area si era rivelata di 2031
mq, in luogo dei 2615 mq considerati in contratto.
La Corte di appello di Firenze il 18 maggio 2006 ha confermato
detta sentenza, ritenendo passata in giudicato l’affermazione
della riducibilità del prezzo sancita con la sentenza parziale, ma
.

non il criterio.

n.19516 -07 D’Ascola rei

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srl.

F.11i Morelli

M. e G. snc

venditrice ha proposto ricorso per

cassazione, notificato il 2 luglio 2007.
Fin Trasp srl ha resistito con controricorso.

La comunicazione alla controricorrente dell’avviso di fissazione
di udienza udienza è stata forzatamente effettuata presso la
cancelleria della Corte.
Motivi della decisione
2) Tutti i sei motivi di ricorso mirano a contestare il criterio
utilizzato dai giudici di merito per quantificare la riduzione di
prezzo accordata all’acquirente del terreno.
I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente, mirano a
sostenere che sulla questione si era formato un giudicato già in
occasione della sentenza parziale resa dal tribunale.
Essi si riferiscono a quella parte della sentenza della Corte
fiorentina in cui, per rigettare il primo motivo di appello,
giudici toscani hanno osservato che dalla lettura della sentenza
non definitiva del tribunale non emergeva affatto che quel giudice
si fosse pronunciato sulla scelta di un determinato criterio di
calcolo.
La Corte aveva chiarito che il punto relativo al criterio di
calcolo della riduzione del prezzo era stato trattato dal

n.19516-07 D’Ascola rel

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Parte ricorrente ha depositato memoria.

tribunale solo in relazione a quella parte della sentenza che era
dedicata al sèguito istruttorio, sèguito che la causa avrebbe
avuto con la rimessione sul ruolo disposta con contestuale
ordinanza.

di primo grado avrebbe invece inteso effettuare un pronuncia
completa, tanto con riguardo alla sentenza costitutiva ex art 2932
c.c., quanto con riguardo all’intervento correttivo sul prezzo,
subordinandolo solo alla verifica dell’entità dello scostamento
tra estensione effettiva del terreno ed estensione promessa.
Con il secondo motivo parte ricorrente, sempre denunciando
violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324
c.p.c., aggiunge che il tribunale aveva fatto “riferimento ai
prezzi correnti al momento della stipula”. Sostiene che in tal
modo aveva determinato definitivamente
impugnazione)

(attesa la mancata

“il criterio tramite cui operare l’eventuale

riduzione del prezzo di stipula”.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole del fatto che la Corte
d’appello non abbia riconosciuto la formazione del giudicato e
abbia adottato un criterio proporzionale alla minor estensione del
fondo.
2.2) Le censure sono manifestamente infondate.
Occorre premettere che per pacifica giurisprudenza di questa Corte
«il capo di una sentenza con il quale il giudice, sul presupposto
della sussistenza di plurime domande (o di questioni di merito)
h

nA 9516 07 D’Ascola rel

\I

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2.1) Con il primo motivo parte ricorrente sostiene che il giudice

talune delle quali, a suo giudizio, non immediatamente definibili,
disponga, con riferimento a queste ultime, la prosecuzione del
giudizio per l’ulteriore istruzione, come consentito dagli artt.
277 e 194 cod.proc.civ., si risolve in una situazione che ha, per
“ratio decidendum”, la mera affermazione dell’esigenza

della decisione sulla domanda all’esito di detta istruttoria e,
dall’altro, l’ordine di prosecuzione del processo ai fini
dell’espletamento dell’istruttoria e della pronuncia definitiva.
Ne discende che, avendo quel capo e la relativa pronuncia natura
meramente ordinatoria ed istruttoria, le affermazioni sulle quali
detto provvedimento si forma non possono impegnare la decisione
della causa o costituire preclusioni in sede di sentenza, ne’ sono
suscettibili di impugnazione in una con la sentenza che abbia
deciso sulle altre domande o sulle altre questioni» (Cass.
19/96).
Con altri termini e nello stesso senso si è affermato, anche di
recente, che: <>) è volta a evitare che restino
confermate vistose sperequazioni tra il programma negoziale
oggetto di pattuizione e la reale consistenza delle prestazioni.
Sono in tal modo tutelati i compratori che abbiano accettato la
clausola “a corpo”, senza escludere tuttavia espressamente la
rettifica del prezzo (come si ritiene comunemente possibile), ma
anzi indicando in contratto una misura dell’estensione
dell’immobile.
Il rimedio della revisione è quindi finalizzato a ristabilire
l’equilibrio contrattuale, che è stato inficiato, di solito,
dall’asimmetrica conoscenza del bene che hanno venditore e
compratore e dalle indicazioni che il primo fornisce in ordine
alle dimensioni dell’immobile.
Più in generale, è stato insegnato, la normativa risponde alla
necessità di ripristinare l’equilibrio delle prestazioni
concreto fissato dalle parti

quale in

e tuttavia pregiudicato dalla

sperequazione emersa dopo la stipula.

n.19516-07 D’Ascola rel

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(c. 1631), non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo

Non viene

quindi

sovrapporrebbe

la

inseguito un
volontà

equilibrio

dell’ordinamento

a

astratto,

che

quella

dei

contraenti, ma ricercato un equo adattamento della programmazione
contrattuale alla effettiva consistenza immobiliare, diversa da
quella immaginata nella trattativa.

revisione al valore dell’immobile corrente sul mercato,

che

prescinderebbe da quell’equilibrio contrattuale raggiunto dalle
parti nell’ambito della loro autonomia negoziale e attingerebbe
elementi integrativi del contratto da fattori già esclusi

dalla

loro complessiva valutazione.
3.2)

Non va neppure applicata, però, una riduzione proporzionale

“secca”,

cioè tale da emendare il contratto moltiplicando il

valore per (mq) unità di misura (ricavato dividendo il prezzo
per il numero dei metri quadri indicato in contratto) per il
numero dei mq mancanti e sottraendo dal prezzo iniziale l’importo
risultante dalla moltiplicazione.
Un’operazione siffatta si tradurrebbe in una cancellazione della
volontà di vendere “a corpo” e nella imposizione della “misura”
quale canone contrattuale, penalizzando oltre modo l’errore
commesso per avere indicato – oltre i limiti ammessi dal 1538 c.c.
– un importo eccedente l’effettiva consistenza .
Il prezzo va ricalcolato in base al
prudentemente corretto

n.19516-07 D’Ascola rel

criterio proporzionale

per tener conto della volontà delle parti,

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Ne consegue che è del tutto infondata la pretesa di collegare la

che era quella di vendere l’immobile a corpo, prescindendo quindi,
entro l’ambito che esclude la revisione ex art. 1538,

dall’esatta

misurazione del bene.
Il tribunale di Firenze e la Corte d’appello si sono attenuti a
questo criterio, giacchè hanno prima calcolato (pag. 7 sentenza

milioni) la riduzione proporzionale e poi con un “correttivo
equitativo”,
diceva,

che corrisponde al prudente apprezzamento di cui si

hanno stimato in 63 milioni il minor valore del terreno

rilevante ex art. 1538 c.c., in tal misura riducendo il prezzo
dovuto all’acquirente a saldo del prezzo.
La Corte di Cassazione, una volta accertato che è stato fatto buon
governo della norma codicistica, nulla può osservare in ordine
alla valutazione di merito relativa alla c.d. “correzione
equitativa” del prezzo, non specificamente censurata e comunque
argomentata.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna
alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in
relazione al valore della controversia.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese
di lite, liquidate in euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge.

n.19516-07

D’Ascola rel

Il

appello) in 71.464.627 lire (22% del prezzo pattuito in 320

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile tenuta il 23 aprile 2013
Il Presidente

Il Consigliere est.

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