Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19889 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19889 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 32018-2006 proposto da:
MESCHIARI

MORIS

MSCMRS54B18F257S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA MASSIMO 33, presso
lo studio dell’avvocato BENINCASA MAURIZIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato VOCINO
MATTEO C;
– ricorrente –

2013
contro

1190

MALAVASI

IRIDE

MLVRDI44E43F087F,

ALESSANDRINI

VITTORIO LSSVTR42M22A959N, elettivamente domiciliati
in ROMA, P.ZZA A. MANCINI 4, presso lo studio

Data pubblicazione: 29/08/2013

è

dell’avvocato CECINELLI GUIDO, rappresentati e difesi
dall’avvocato LEONI MARIO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 362/2006 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 04/04/2006;

udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Umberto Longaroni con delega
depositata in udienza dell’Avv. Mario Leoni difensore
dei controricorrenti che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Moris Meschiari ha agito nel giugno 1996 per far valere la
garanzia relativa ai vizi della cosa venduta in relazione a
difetti riscontrati nell’appartamento, sito in Cogneto, vendutogli

Parte convenuta ha opposto che, con clausola contrattuale,
l’appartamento era stato accettato “nello stato di fatto e
diritto in cui si trovava, con gli impianti ivi installati
efficienti e funzionanti e in particolare senza vizi o difetti
occulti ed apparenti”.
Il tribunale di Modena il 5 febbraio 2003 ha rigettato la domanda,
rilevando che tale clausola valeva ad escludere convenzionalmente
la garanzia per tutti i vizi riconoscibili e non taciuti in mala
fede.
Ha affermato inoltre che non era stata data prova della conoscenza
e della mala fede dei convenuti quanto ai vizi la cui
riconoscibilità era esclusa. Ha aggiunto che la presunzione di
conoscenza di vizi occulti era operante solo in relazione
all’azione di risarcimento dei danni, non esercitata.
La Corte di appello di Bologna con sentenza del 4 aprile 2006 ha
rigettato l’appello.
Meschiari ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 14
novembre 2006 e illustrato da memoria.

n.32018 -06 D’Ascola rei

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dai signori Alessandrini e Malavasi.

Alessandrini e Malavasi hanno resistito con controricorso.
Chiamata all’udienza del 20. 11. 2012, la causa è stata rinviata
in forza del d.l. n. 74/12 art 6, relativo ai giudizi pendenti tra
persone coinvolte nel sisma emiliano.

Il ricorso è soggetto,

ratione temporis,

al disposto dell’art. 366

bis cpc.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1371, 1490, 1491
cc e 116 cpc.
Sostiene che la clausola contrattuale sulla quale i giudici hanno
imperniato il rigetto della domanda era di mero stile, perché se
“tale fosse stata l’intenzione delle parti”, esse l’avrebbero
“espressa chiaramente”.
La censura è inammissibilmente formulata. Essa in primo luogo si
conclude con un quesito di diritto improprio, poiché non pone una
questione di interpretazione normativa o di falsa applicazione di
legge, ma si risolve nella denuncia di un vizio di motivazione in
ordine all'”effettivo riscontro” della comune intenzione dei
contraenti.
Il motivo tuttavia non denuncia il vizio di motivazione e si
limita a prospettare un’ipotesi alternativa di valutazione della
portata

della

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clausola,

senza

evidenziare

illogicità

o

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Motivi della decisione

incongruenze della lettura che ne è stata data.
Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli
artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1371, 1490, 1491 c.c. e 116 c.p.c,

Esso si conclude con il seguente quesito:” stabilisca codesta
Ecc.ma Corte se la clausola, contenuta in un contratto di
compravendita ricevuto dal notaio, di mero riferimento allo stato
di fatto dell’immobile e senza vizi o difetti occulti ed apparenti
possa essere interpretata nel senso di confermare la garanzia per
i vizi di fonte legale ex artt. 1490 e 1491 cod. civ.”
Come è palese dalla formulazione, anche questo quesito pone una
questione giuridica solo apparente, ben potendo esistere una
clausola che affermi l’inesistenza di vizi o difetti occulti e
apparenti e comunque escluda espressamente la garanzia, per tutti
i vizi riconoscibili e non taciuti in mala fede, secondo quanto ha
affermato il giudice di primo grado, nella sentenza che la Corte
di appello ha riportato e confermato.
Era in questa sede possibile contestare la dimostrazione della
portata della clausola,che Meschiari afferma essere non di mero
stile. Su questo aspetto non vi sono specifiche critiche, ma,
ancora una volta, una diversa proposta interpretativa, che la
Corte di legittimità non può recepire.
Le è precluso infatti riformulare la valutazione concreta

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nonché vizi di motivazione.

motivatamente offerta sul punto dal giudice di merito, che ha
spiegato – diffusamente in primo grado, come ripreso e confermato
– per quale ragione non si trattasse di clausola di mero stile.
Il terzo motivo rileva vizi di motivazione e violazione e falsa

del 360 n.5 cpc
Vi si sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto
soffermarsi “intorno all’eventuale inoperatività del patto di
esclusione ex art. 1490, secondo comma c.c.”, su cui l’atto di
appello si sarebbe “lungamente soffermato”.
La

censura

difetta

però,

con manifesta

evidenza,

della

specificità prevista a pena di inammissibilità nel ricorso per
cassazione, perché si limita a rinviare all’atto di appello, al
quale il ricorrente “si riporta pedissequamente in questa sede,
pur dovendosi quivi reputare totalmente trascritto”.
Alla Corte è, a fronte di siffatti ricorsi, precluso l’accesso
agli atti di causa, giacchè il ricorso per cassazione non può
essere la ripetizione del giudizio di merito e non può consistere
nella riproposizione dell’atto di appello, ma deve evidenziare
critiche puntuali al giudizio della Corte territoriale (Cass.
11984/11; 3741/04).
L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di
merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato
un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità’ del

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applicazione degli artt. 1490, 1491 c. .c e 112 c.p.c. ai sensi

motivo di censura, cosicche’, in ottemperanza del principio di
specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, il
ricorso deve consentire al giudice di legittimità di effettuare,
senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo

pertanto necessario che nel ricorso stesso siano riportati, nei
loro esatti termini, e non genericamente ovvero per riassunto del
loro contenuto, i passi del l’atto processuale con i quali la
questione controversa e’ stata dedotta in giudizio (Cass.
23420/11; 12664/12).
Non era quindi soltanto la clausola, come esposto in memoria (pag
3), ma il motivo di appello in relazione al quale si lamenta
omessa pronuncia a dover essere adeguatamente riassunto.
La parte finale del motivo, che si rivolge alla motivazione della
sentenza impugnata, per lamentare che essa non abbia tenuto conto
del fatto che abitualmente nessun compratore ragionevole rilascia
clausole di esonero dalla garanzia per vizi occulti, incorre nelle
obiezioni opposte ai primi due motivi.
A fronte della plausibile argomentazione del giudice di merito
circa la portata della clausola, basata sul tenore letterale,
sulla qualità delle parti, sulla formulazione autonoma e non su
formulari del contratto, a nulla vale contrapporre obiezioni che
non abbiano portata decisiva, cioè tale da escludere, con il
conforto di specifiche risultanze, la accettabilità della

i

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demandatogli dal corretto svolgersi dell’iter processuale; risulta

valutazione conformemente resa dal tribunale e dalla Corte di
appello.
Mette conto aggiungere che in memoria (pagg. 7 e 8) vengono
specificati profili, attinenti al comportamento negoziale delle

evidenziati specificamente in ricorso e che sono comunque
infondati.
Consta infatti che, contrariamente a quanto afferma parte
ricorrente, i giudici di merito hanno tenuto conto del
comportamento anteatto (in particolare con riguardo alle visite
dell’immobile).
Inoltre non attengono al comportamento contrattuale, ma a quello
difensivo e processuale, le eccezioni di prescrizione della
garanzia o i rilievi circa la inconsistenza dei vizi lamentati.
Attesa la loro portata più liquida rispetto alla tesi poi
sostenuta e prevalsa in giudizio, non era da essi desumibile alcun
elemento decisivo in favore della tesi di parte attrice.
Discende da quanto esposto

il rigetto del ricorso e la condanna

alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in
relazione al valore della controversia.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese
di lite liquidate in euro 2.000 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge.
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1Y V\

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parti e alla sua valutazione, che avrebbero dovuto essere

• Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile tenuta il 23 aprile 2013
Il Presidente

Il Consigliere est.

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