Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19887 del 29/09/2011
Cassazione civile sez. trib., 29/09/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 29/09/2011), n.19887
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 13069/2010 proposto da:
S.U. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA EDOARDO D’ONOFRIO 43, presso lo studio dell’avvocato
CASSANO Umberto, che lo rappresenta e difende, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
e contro
AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LA PROVINCIA DI ROMA – GERIT SPA –
GRUPPO EQUITALIA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
(OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 61/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di ROMA dell’8/03/09, depositata il 03/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
19/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
corte suprema di cassazione, Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, Sezione Tributaria;
relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sulla causa n. 13069/2009;
Il relatore cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati;
Osserva:
La CTR di Roma ha respinto l’appello di S.U. – appello proposto contro la sentenza n. 151/13/2007 della CTP di Roma che ha rigettato il ricorso del contribuente – ed ha così confermato la cartella di pagamento ai fini IVA-IRPEF-IRAP- e addizionali comunali per l’ anno d’imposta 2002 emessa dall’Agenzia delle Entrate.
La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che l’appello si fondava sull’unico motivo dell’omessa indicazione nel provvedimento del responsabile del procedimento e che detta domanda appariva del tutto nuova, perchè proposta in appello per la prima volta (perciò con violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57).
S.U. ha interposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
L’agenzia si è costituita con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, con l’unico motivo di censura (rubricato come: “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – art. 360, comma 1, n. 3”) il ricorrente si duole della decisione di secondo grado osservando che il “motivo” proposto con l’atto di appello “non deve considerarsi nuovo, bensì mero corollario di quell’obbligo motivazione di cui alla L. n. 212 del 2000, menzionato nel ricorso introduttivo”.
Il motivo appare inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..
Premesso, infatti, che il ricorso si articola in un unico motivo, si osserva che al termine del medesimo motivo risulta formulato un “quesito ex art. 366 bis c.p.c.” di tenore completamente laconico privo dell’identificazione dell’esatta consistenza dell’errore di diritto asseritamente commesso dal giudice di appello ed anche della norma di cui si assume essere stata commessa violazione. Detto quesito risulta perciò non formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata: ne consegue che “è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente, come nella fattispecie, in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Cass. Sez. un., n. 26020 del 2008).
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio per inammissibilità.
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, e che solo la parte ricorrente ha depositato memoria, i cui argomenti non possono essere condivisi;
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite posso essere regolate in ragione della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 3.000.00 oltre Euro 100.00 per esborsi ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011