Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19887 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. I, 22/09/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 22/09/2020), n.19887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9622-2019 proposto da:

S.T.M., rappresentato e difeso dall’avvocato GUALTIERO

GENNARI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 26.4.2018 il ricorrente impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano con il quale era stata respinta la sua istanza volta ad ottenere la predetta tutela.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.T.M. affidandosi a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato per assenza di motivazione e omesso esame circa la condizione interna del Paese di origine. Ad avviso del ricorrente, in particolare, il Tribunale ambrosiano non avrebbe esaminato la situazione di violenza e pericolo generalizzati esistente in Mali. Inoltre, avrebbe scorrettamente apprezzato il fatto che il richiedente conoscesse la lingua twi, parlata in Ghana e non in Mali, ed avesse poi indicato come lingua conosciuta il koyra chiini, che sarebbe diffuso in Mali, ma nelle regioni di Mopti, Segou e Timbuctu, non invece nella zona di Gao.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9 e 14, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,4,5 e 19, perchè il Tribunale avrebbe ritenuto non credibile il suo racconto senza considerare le particolari circostanze in cui questo era stato reso e senza, comunque, attivare i propri poteri istruttori per verificare l’effettivo contesto esistente nel Paese di origine del richiedente.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono in parte infondate e in parte inammissibili.

Infondata è la doglianza relativa all’omesso esame della situazione esistente in Mali, posto che il decreto impugnato dà atto del contesto interno di quel Paese (cfr. pagg.7 ed 8) indicando debitamente le fonti internazionali consultate e dando atto delle specifiche informazioni da esse tratte.

Rispetto a tale motivazione, peraltro, il ricorrente non contrappone alcuna fonte diversa, più aggiornata o qualificata, che il giudice di merito avrebbe scorrettamente valutato, od omesso di valutare. Sul punto, occorre ribadire che “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv.655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre, più aggiornate e decisive fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

Inammissibile è invece la censura riferita alla scorretta valutazione della conoscenza delle lingue dimostrata dal richiedente. Pur dovendosi riconoscere che il Tribunale ha errato nella parte in cui ha affermato che il ricorrente aveva dichiarato di aver vissuto a Gao per 14 anni (cfr. pag.5 del decreto), posto che lo stesso aveva piuttosto riferito di essersi allontanato dal Mali ad 11 mesi di età e di avervi fatto ritorno nel 2006, per poi rimanervi fino al 2015 (quindi soltanto per nove anni, e non 14), rimane il fatto che lo S.T. ha dichiarato di aver frequentato, negli anni in cui ha vissuto a Gao, in Mali (e quindi dal 2006 al 2015) la scuola coranica, ma ciò nonostante ha dimostrato di non conoscere la lingua parlata nella zona di Gao e di non avere una precisa conoscenza della città. Questi argomenti, che il Tribunale ha posto a base del suo giudizio di non credibilità della storia, non risultano adeguatamente attinti dai motivi in esame, poichè il ricorrente non deduce di aver dichiarato di conoscere anche la lingua parlata nella zona di Gao, nè indica alcun elemento atto a dimostrare che in quella zona sono parlati anche gli idiomi twi e koyra chiini, che secondo il decreto impugnato il ricorrente ha dichiarato di conoscere.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dei principi sanciti dalla Direttiva 2004/83/CE del 29.4.2004, attuata in Italia con D.Lgs. n. 251 del 2007, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di ravvisare, nel caso di specie, il danno grave legato al rimpatrio del richiedente.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, perchè il giudice ambrosiano gli avrebbe erroneamente denegato la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili. Il decreto impugnato dà atto delle condizioni esistenti in Mali, escludendo la sussistenza di una situazione di pericolo generalizzato o comunque di un rischio collegato al rimpatrio del richiedente; esamina inoltre il suo percorso di integrazione in Italia, escludendo la sussistenza di una condizione socio-lavorativa rilevante ai fini della protezione umanitaria, poichè il richiedente aveva documentato soltanto lo svolgimento di attività coerenti con la prima assistenza assicuratagli dal sistema di accoglienza e non aveva dimostrato di essere economicamente autosufficiente, nè di avere una situazione alloggiativa stabile, nè di vantare riferimenti affettivi radicati sul territorio nazionale.

Rispetto a tale valutazione il ricorrente non allega alcun elemento concreto che il giudice di merito avrebbe omesso di valutare, o valutato in modo non adeguato, con conseguente carenza di specificità delle doglianze, che si risolvono in una istanza di revisione del giudizio di merito, da ritenere estranea alle finalità e alla natura del giudizio in cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in difetto di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1, comma 1-quater, e dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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