Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19886 del 29/09/2011
Cassazione civile sez. III, 29/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 29/09/2011), n.19886
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FILADORO Camillo – rel. Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19599/2009 proposto da:
G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE ANGELICO 45, presso lo studio dell’avvocato BUCCELLATO FAUSTO,
rappresentato e difeso dall’avvocato VIDA Fulvio giusto mandato in
atti;
– ricorrente –
contro
FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS) in persona del suo
legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
BISSOLATI, 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI
Giordano, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FREZZA
LUCIO giusto mandato in atti;
– controricorrente –
e contro
C.I.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 96/2009 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,
depositata il 17/03/2009 R.G.N. 687/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
12/07/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;
udito l’Avvocato RIVELLESE NICOLA per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso con il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17 dicembre 2008 – 17 marzo 2009, la Corte di appello di Trieste confermava la decisione del locale Tribunale aveva condannato C.I. e la spa Fondiaria assicurazioni al pagamento, in favore di G.A., della somma di Euro 8.166,89 oltre interessi e rivalutazione sulla somma devalutata al momento del sinistro ((OMISSIS)) e ridotta in occasione degli acconti versato nel 1990 e 1991 (per L. 14.500.000).
Osservava la Corte territoriale che il primo giudice aveva ritenuto la esclusiva responsabilità del conducente dall’altra vettura, C. I. (il quale, in stato di ebbrezza alcolica, aveva attraversato un incrocio cittadino nonostante il divieto posto dalla luce semaforica rossa).
Dall’urto erano derivati danni alla vettura e danni alla persona del G..
Di fronte alla richiesta di risarcimento avanzata in giudizio, la società di assicurazioni Fondiaria aveva ammesso la responsabilità del proprio assicurato nella produzione del sinistro, contestando la quantificazione dei danni alla persona che riteneva di avere soddisfatto integralmente mediante il pagamento della somma di L. 14.500.000 avvenuta nel 1990 e nel marzo 1991. La stessa compagnia precisava che il G. aveva atteso quattordici anni prima di iniziare la causa civile pretendendo una liquidazione parametrata a tabelle del 2001.
La Corte di appello, come ricordato in premessa, confermava la decisione del primo giudice.
Quanto al mancato riconoscimento del lucro cessante, la Corte precisava che il G. non aveva fornito alcuna prova del ritardo – imputabile alle conseguenze del sinistro – con il quale egli sarebbe entrato nel mondo del lavoro, con relativa perdita di reddito.
In particolare, era da escludere la esistenza di un nesso causale tra la malattia protrattasi per ottanta giorni dal giugno 1987 ed il ritardo nel conseguimento della laurea ottenuta dal G. solo nel marzo 1995 (solo a distanza di otto anni dall’evento).
I giudici di appello concludevano che il ritardo nel compimento degli studi era del tutto indipendente dalle conseguenze derivate dall’incidente.
Avverso tale decisione, il G. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.
Resiste la Fondiaria SAI con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria, in ordine al comportamento processuale tenuto dall’attore ed alla compensazione delle spese del giudizio.
Il secondo motivo sottopone a questa Corte la nullità della sentenza discendente dalla violazione dell’art. 112 c.p.c. (vizio di ultrapetizione).
Il quesito di diritto posto a pag. 23 è il seguente: “Il ricorrente chiede a questa Corte di stabilire se il principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., comporti per il giudice il solo obbligo di non andare oltre la domanda, attribuendo un bene diverso – in quanto maggiore nella entità numerica – di quello richiesto dalla parte, ovvero anche quello di non attribuire un bene diverso – in quanto minore nell’entità numerica – di quello riconosciuto dalla controparte processuale ed in relaziona al quale ed entro i cui limiti la stessa ha chiesto di essere condannata”.
Con il terzo quesito si denunciano vizi della motivazione, con particolare riferimento alla affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale doveva escludersi qualsiasi nesso causale tra gli ottanta giorni di malattia (conseguenti all’incidente del (OMISSIS)) ed il ritardato conseguimento della laurea ottenuto dopo otto anni nel 1995.
I tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono del tutto infondati.
Appare opportuno premettere che nessuna violazione dell’art. 112 c.p.c., può essere ravvisata nel caso di specie per avere i giudici di appello ritenuto congrua la somma già liquidata dal primo giudice anche se di poco inferiore a quella risultante dalla proposta conciliativa avanzata dalla società convenuta nel giudizio di primo grado. Le conclusioni della società di assicurazioni infatti riguardavano l’accertamento della congruità di una offerta avanzata in via transattiva dalla società, accettata dal difensore del G. e rifiutata da questo ultimo.
Quanto alla richiesta di lucro cessante avanzata dal G., i giudici di appello, con motivazione del tutto logica, che sfugge a qualsiasi censura, hanno spiegato che mancava qualsiasi elemento per collegare il ritardo nel conseguimento del diploma di laurea alla malattia, protrattasi per ottanta giorni, nell’anno 1987.
Con ogni probabilità, dunque, ha posto in evidenzia la Corte triestina, il ritardo nel compimento degli studi doveva trovare spiegazione in altri fattori.
Per di più mancava qualsiasi allegazione in ordine al tipo di lavoro eventualmente intrapreso dal G. dopo la laurea, sicchè non poteva dirsi neppure che il lavoro da questi svolto fosse tale da richiedere un diploma di laurea.
Di fronte a tali motivate conclusioni, il ricorrente si limita a riproporre le osservazioni già disattese dai giudici di merito.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi, in relazioni alle questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011