Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19886 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. I, 22/09/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 22/09/2020), n.19886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5783/2019 proposto da:

S.D., rappresentato e difeso dall’avv. V. Sannoner, del foro

di Foggia;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 da ACIERNO MARIA.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Bari ha rigettato la domanda di protezione internazionale ed umanitaria proposta dal cittadino nigeriano S.D.. A sostegno della decisione per quel che interessa, rilevata la non credibilità delle dichiarazioni del richiedente oltre che l’inerenza a vicende strettamente private, il Tribunale ha escluso di poter ravvisare, all’esito dell’indagine officiosa svolta, i requisiti di violenza generalizzata propri della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), anche con riferimento all’area di provenienza del cittadino straniero (Edo State). Al riguardo, il par. 2 del provvedimento impugnato, illustra nel dettaglio la situazione delle diverse regioni, la natura e l’intensità dei conflitti esistenti, precisando che quelli persistenti sono sporadici e riguardano precise categorie di soggetti coinvolti. Le fonti consultate risultano aggiornate al 2018.

E’ stata, del pari, rigettata la domanda di protezione umanitaria, dal momento che, in assenza di specifiche allegazioni relative a condizioni peculiari di vulnerabilità soggettiva, la situazione generale accertata non evidenzia una effettiva lesione dei diritti umani tale da imporre al nostro paese di adottare misure di protezione umanitarie secondo gli obblighi costituzionali ed internazionali assunti.

Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese la parte intimata.

Nei primi due motivi di ricorso, da trattare unitariamente perchè logicamente congiunti, viene censurata, sia sotto il profilo della violazione di legge che in relazione all’omesso esame di un fatto decisivo e, più complessivamente, per motivazione carente o mancante, l’indagine officiosa svolta dal Tribunale in relazione alla situazione generale del paese. In particolare si rileva che non sono state valorizzate le fonti indicate nel ricorso in tribunale, (Amnesty International 2017/2018 ed ECOI.NET), riprodotte nel primo motivo e non si è tenuto conto dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia nelle pronunce Elgafaji e Djakite.

Le censure sono inammissibili per radicale difetto di specificità, in quanto nel corpus dei motivi sono riversate le informazioni tratte dalle fonti consultate dalla parte, senza, tuttavia, individuare effettivamente le lacune e le eventuali omissioni riscontrate nell’indagine svolta dal Tribunale. Le fonti sono, peraltro, sostanzialmente sovrapponibili sia in relazione alle agenzie informative (COI ed Amnesty International 2017/2018) che al contenuto. Il tribunale ha integrato la sua indagine anche con fonti (MAE) della metà del 2018. Il ricorrente non espone alcuna critica puntuale alle risultanze dell’approfondimento officioso svolto nè alle rationes che sostengono la decisione le quali sono incentrate sull’episodicità delle situazioni di violenze poste in luce e sul riferimento di tali episodi a situazioni particolari, non coinvolgenti l’intera popolazione delle aree coinvolte. In conclusione la censura risulta genericamente rivolta a evidenziare una situazione generale di pericolosità sottraendosi, tuttavia, alla critica specifica, che si sarebbe dovuta svolgere sulla base dell’apparato allegativo e probatorio oggetto di deduzione e deposito in Tribunale, delle diverse risultanze emerse, previa illustrazione analitica delle fonti, nel provvedimento impugnato.

Anche il terzo motivo, volto a censurare il rigetto della protezione umanitaria, risulta formulato in modo generico e sostanzialmente ripetitivo dei precedenti.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. In mancanza di difese della parte intimata non si deve provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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