Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19884 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19884 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 16040-2009 proposto da:
ADDORISIO MICHELA DDRMHL55H66D643N, ALDEGHERI MARIA
PAOLA

LDGMPL62B42H783J,

ALDRIGO

LORENZINA

LDRLNZ54L48C964X, ALLEGRI PAOLO MARTINO
LLGPMR62H18Z318E, ANDREELLO LUISA NDRLSU63B56L939M,
AVILA ANNA VLANNA54B66G645B, BAGLIVO ANNUNZIATA
2013
1636

BGLNNZ58R501887Z, BALDUINO MAURIZIO BLDMRZ63T21G224P,
BARBATO GIAN MARIA BRBGMR61TO2L736J, BASSO CRISTINA
BSSCST64P58C743J, BAUER UTE BRATUE59H58Z112V, BEGHI
ANDREA BGHNDR62H27G224F, BENEFORTI MARINA
BNFMRN57H53L736Y, BERNARDINI MARIA nato a PADOVA il

1

Data pubblicazione: 29/08/2013

26/06/1964, BERTOLAZZI MARIAEMILIA BRTMML61B57L407R,
BIRAL
TERESITA

MARIO

BRLMRA64A07L407L,
BNTCRN63S64L157Y,

BONATO

CATERINA

BONDI

PAOLA

BNDPLA63H57L407D, BORELLA LUISA BRLLSU65A48A703C,
BOTTEON SIMONETTA BTTSNT59L57L407T, BUSINARO ROBERTO

CAMPISI FRANCESCO CMPFNC62L14G273Z, CANAL STEFANO
CNLSFN64C04M089L, CANEVA AGLAIA CNVGLA61C51L840V,
CARRARO CHRISTIAN FRANCO CRRCRS59B14Z110N, CARRARO
MAURO CRRMRA64B27A568W, CASOLINO PIETRO
CSLPTR57M15G910Y, CASSISI GIANNIANTONIO
CSSGNN64R09A0831, CAVALLETTO LUISA CVLLSU6OR66G224J,
CAZZIN MONICA CZZMNC64S59F241C, CONFORTO LUCIO
CNFLCU57T14F382G, CREA DOMENICO CREDNC60L15F205I,
CUPPINI STEFANO CPPSFN58E05L407R, DA TOS VIRGILIO
DTSVGL63E14L736M, DAL MASO JACOPO DLMJCP64M12L840N,
DALLE CARBONARE GIORDANO DLLGDN56P28F952X, D’AMBROSIO
MICHELE DMBMHL63C29L736V, DE CANDIA ROBERTO
DCNRRT62D25L781S, DE CONTI FABIO DCNFBA64D02M089D, DE
PARIS PAOLA nato a KARIBA ZIMBABWE il 21/02/1958, DE
ZAMBIASI PAOLA ROMANA DZMPRM62H44A703A, DEL BIANCO
TIZIANA DLBTZN61S51L483L, DI SALVO GIUSEPPE
DSLGPP52P02H194X, DRAGO FERRANTE GIOVANNI LUCA
DRGGNN62R10F206A, FAVARETTO MARA FVRMRA62C55E936P,
FAVARO GIOVANNI FVRGNN57H03L414Z, FEDEL SIMONETTA
FDLSNT64H48L407R, FILIPPONI CHIARA FLPCHR63H46G224J,

2

BSNRRT58E11G693U, CALORE MARCO CLRMRC62E19G224M,

FIORE ANGELA FRINGL59P65G224Y, FONGHER CRISTIANO
FNGCST62P19L736G, FRIES WALTER FRSWTR58H05Z112V,
FRIZZERA ELIANA FRZLNE58A44L378L, GAROFOLI BARBARA
nato a PADOVA il 03/04/1963, GASPARELLO STEFANO
GSPSFN60M16F241N, GENERO ANTONELLA GNRNNL61L55L483X,

GCNFNC56S51G224S, GIADA FABIO GDIFBA60H23L736Z,
GIRGENTI CALOGERO GRGCGR58C31G273F, GUATELLI STEFANO
GTLSFN59R23H223M, IANNIELLO AURORA NNLRRA62L70G273M,
LA ROSA GIOVANNI LRSGNN60M25B563R, LEONE LUCIA ANNA
CARMELA LNELNN62A41B915Y, LICURSI ANNA
LCRNNA63L51B519G, LOMBARDI ANNA MARIA O ANNAMARIA
LMBNMR57B43D548E, MACII GIORGIO MCAGRG59C30D656G,
MALUSA EMANUELE MLSMNL61S12C638B, MAMMI ISABELLA
MMMSLL59T69H223J, MANTOVAN MAURO MNTMRA54C26C638N,
MARCHIORI ELISABETTA MRCLBT65E67G2240, MARIUZ SANDRA
MRZSDR61C50Z4040, MENEGHETTI LEONARDO
MNGLRD62T28L840Z, MENEGHIN TIGELLIO MNGTLL61S07E970C,
MIGLIETTA VINCENZO MGLVCN60H12L3831, MODOLO MARCO
MDLMRC64H05L407D, MOGGIA DONATELLA MGGDTL63A71E463P,
MORBIN TIZIANA MRBTZN61T65L840S, MORO LAURETTA
MRALTT61D52L736N, MORO RENATO MRORNT58A09D956H,
MUNARI FRANCESCO MNRFNC63A17G224V, NOVARIN STELLA
MARIA NVRSLL63T6OH783E, ORRASCH MASSIMO
RRSMSM61L02M067E, OSELLADORE LUCA SLLLCU63SO4E3491,
.

OSTARDO

EDOARDO

STRDRD57E03L736F/,

PACCHIONI

GIACOMELLI ANTONIO GCMNTN62H10G224D, GIACON FRANCA

ALESSANDRO

PCCLSN59L11G224R,

PADOIN

EMILIA

P..

PDNMLE63L51A757I,

PAGANI

ENZO

PGNNZE60B12C638Z,

S.

PANNILUNGHI
AGOSTINO

VITTORIO

PNNVTR59H09L157Z,

PLTGTN60C06D643V,

PARPAIOLA

PAOLETTA
ANDREA

PRPNDR62P21G224A, PATARNELLO ELISABETTA

PASTORELLA FRANCESCO PSTFNC61E08L736W, PAVAN TIZIANA
nato a VENEZIA il 26/06/1964, PAVANELLO MAURIZIO
PVNMRZ63B05L736K, PELLIZZARI PATRIZIA
PLLPRZ63P63F964L, PENNELLI TOMMASO PNNTNS65B03A6620,
PENZO MICHELANGELO PNZMHL61R14F464M, PERINI ROSANNA
PRNRNN59C46G224C, PIANON PATRIZIO PNNPRZ57H02L407H,
PIGATO GIORGIO PGTGRG63D05L840M, PIGNAT GIUSEPPE
PGNGPP56L13H657Y, PINOSIO PAOLO PNSPOLA64H05L736,
PISANELLO LORENA PSNLRN63D50A001B, PITTARELLO ANNA
PTTNNA62B53A458B, PRETI ANTONIO PRTNTN58D23B354D,
RACIOPPA ANTONIETTA RCPNNT55R66A854P, RAMON LUANA
nato a SANTO STINO DI LIVENZA il 08/09/1956, RANDI
CLAUDIA RNDCLD59S48A191Z, RIGHETTI ANDREA
RGHNDR63R3OL7360, RIOLO ROSSANA RLIRSN62C50H224B,
RISTAGNO SERENELLA RSTSNL63M65F158R, RONCATO PIETRO
RNCPTR63A21B563Q, ROSSI ALESSANDRA RSSLSN64M46L736U,
RUBINO NICOLA RBNNCL52S01G439U, SACCON DIEGO
SCCDGI63E17L736G,

SAGGIORATO

GRAZIELLA

SGGGZL61P61G224Q, SALA ALESSANDRA SLALSN63L41L840R,

SALMERI MARIA GRAZIA SLMRGR64B53L736G, SANGIORGIO

PTRLBT61H70G224T, PASSARELLA PAOLA PSSPLA61L63G224D,

ADOLFO

SNGDLF64H30A516R,

SARTORE

GIOVANNI

,

SRTGNN63E13L736H, SCALON PAOLA SCLPLA61H43H823M,

SCAPINELLO MARIA PAOLA SCPMPL60H46M089G, SCALCERLE
FEDERICA SCLFRC62D7OL157U, SCHIAVON ANDREA
SCHNDR61A10L736D, SIMIONI PAOLO SMNPLA59E27G224F,

STBMRS60L68E506P, STEFANI MARIA PIA STFMRP63P48L840C,
TABOGA LAURA TBGLRA62A53H823K, TAGLIAPIETRA SILVIA
TGLSLV64E48A703M, TEDESCO LORENZO TDSLNZ62E18L736V,
TESSERIN FRANCO TSSFNC60M14C638X, TISO ENRICO
TSINRC60T18L840C,

TISON TIZIANA TSNTZN64C41A757S,

TIZIAN LUISA TZNLSU57C63L840T, TODERINI LUISA
TDRLSU65L57G224G, TOFFOL GIACOMO TFFGCM62B25D530D,
TONELLO STEFANO TNLSFN59P25G224H, TONIOLO ROBERTO
TNLRRT56H08D879Y, TREVISAN EMANUELA TRVMNL61R45G224R,
TURCATO STEFANO TRCSFN57T10G2241, TURIANO GIOVANNI
TRNGNN63P03L7361, TURRINI PIETRO TRRPTR63P07C3121,
VALERI PATRIZIA VLRPRZ62H43G888F, VASOIN DE PROSPERI
FRANCESCA VSNFNC61H56G224U, VENCATO FEDERICA
VNCFRC63B46L551F, VOLTOLINA FULVIO VLTFLV59L16C638Q,
ZANELLATO MARGHERITA ZNLMGH58C54G850P, ZARA MICHELE
ZRAMHL63Al2G6450, ZASSO BARBARA ZSSBBR63M45C384U, ZEN
TIZIANA ZNETZN62S50H512F, ZOTTAREL GABRIELLA
ZTTGRL57L69L195J, ZUCCHELLA MARTINO ZCCMTN61H16L7361,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI

SPADARO MARIA SPDMR60A50F258G, STABILE MARIA ROSARIA

LUIGI, che li rappresenta e difende unitamente agli
avvocati MASTROIANNI ROBERTO, PIVA PAOLO, SCAGLIOTTI
FABRIZIO giuste procure speciali Notarili;
– ricorrenti contro

MINITERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ & RICERCA, in persona
dei rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende per legge;
UNIVERSITA’ STUDI PADOVA, in persona dei procuratori
speciali, Direttore Amministrativo arch. GIUSEPPE
BARBIERI e Rettore prof. VINCENZO MILANESI,
elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESTER
CARLO giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 696/2008 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 12/05/2008 R.G.N. 963/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ROBERTO MASTROIANNI;
udito l’Avvocato LUIGI MANZI;

6

MINISTERO LAVORO SALUTE & POLITICHE SOCIALI

udito l’Avvocato PAOLO PIVA;
udito l’Avvocato CARLO CESTER;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

7

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. I ricorrenti indicati in epigrafe, medici specializzatisi presso l’Università degli
Studi di Padova, hanno proposto ricorso per cassazione contro quest’ultima e nei confronti
del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca scientifica e del Ministero del Lavoro,
Salute e Politiche Sociali avverso la sentenza del 12 maggio 2008, con la quale la Corte
d’Appello di Venezia ha riformato la sentenza resa in primo grado inter partes nonché nei

confronti di numerosi altri medici non più coinvolti nel giudizio dinanzi a questa Corte.
§2. Il giudizio introduttivo della controversia era stato instaurato dai ricorrenti e dagli
altri medici nel lontano 13 agosto 1991 con distinti ricorsi poi riuniti davanti al Pretore di
Padova in funzione di giudice del lavoro, per ottenere il riconoscimento dell’adeguata
remunerazione prevista dalle direttive CE n. 75/362, 75/363 e 82/76, adempiute
tardivamente dallo Stato Italiano con il d.lgs. n. 257 del 1991, ma soltanto per i medici
iscritti a scuole di specializzazione a partire dall’anno accademico 1991-1992.
Nella costituzione e resistenza delle Amministrazioni convenute, il Pretore declinava
la competenza a favore del Tribunale ordinario di Padova e, a seguito di regolamento di
competenza d’ufficio sollecitato da quel Tribunale, questa Corte, con sentenza n. 9789 del
1995, escludendo la competenza del giudice del lavoro, riconosceva quella del Tribunale di
Venezia, quale luogo del foro erariale.
§3. Detto Tribunale, a seguito della riassunzione del giudizio sollevava questione di
rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 177 del Trattato CEE (poi divenuto art. 234) dinanzi
alla Corte di Giustizia CEE, riguardo all’interpretazione delle indicate direttive.
Pronunciata da quella Corte la sentenza 3 ottobre 2000 (causa C-37197, Gozza e altri
c. Università degli Studi di Padova) sulla questione interpretativa proposta, la causa
continuava davanti al Tribunale lagunare, il quale, per quanto ancora interessa, accoglieva
la domanda di una parte dei medici, fra cui quelli indicati in epigrafe, e accertava — per
quello che si legge nello svolgimento processuale della sentenza impugnata <> – il loro diritto <>.
§4. La sentenza veniva appellata dall’Università degli Studi di Padova, con la
richiesta in via principale di dichiarazione del proprio difetto di legittimazione passiva
(eccezione già formulata in primo grado) e comunque di rigetto per infondatezza e

a
Est. Constafae1e Frasca

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

prescrizione delle domande dei medici, nonché con la richiesta, formulata in via
subordinata, di dichiarare obbligati i Ministeri nei confronti dei medici, per l’ipotesi e nei
limiti in cui fosse stato confermato raccoglimento delle loro domande.
I medici appellati, fra cui i qui ricorrenti, concludevano — per quanto ancora interessa
– per la reiezione dell’appello dell’Università, salvo quanto alla sua domanda subordinata e
svolgevano anche appello incidentale sul punto del riconoscimento anche della
legittimazione dei Ministeri. Altro appello incidentale veniva svolto da altri quattro medici,
diversi da quelli qui ricorrenti.

_

Resistevano e svolgevano appello incidentale anche i Ministeri.
§5. Con la sentenza qui impugnata la Corte d’Appello di Venezia ha accolto il primo
motivo di appello dell’Università degli Studi, con cui Essa, sull’assunto che la decisione
resa in via pregiudiziale dalla Corte di Giustizia CE non aveva riconosciuto alle direttive
un’efficacia diretta, bensì soltanto l’esistenza dell’obbligo del giudice italiano di ricercare
nell’ordinamento interno, a favore dei medici non contemplati dalla tardiva attuazione di
cui al d.lgs. n. 257 del 1991, un rimedio di carattere risarcitorio, aveva sostenuto che,
pertanto la domanda dei medici non avrebbe potuto trovare riconoscimento, in quanto
postulante l’adeguata remunerazione.
La Corte lagunare ha riconosciuto fondato il motivo di appello, adducendo che «la
domanda svolta dai ricorrenti è quella del pagamento di una retribuzione adeguata e non
del risarcimento del danno causato ai singoli dal mancato recepimento della direttiva,
domanda che non è stata formulata neppure in via subordinata>> e, quindi, affermando che
il principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., non
consentiva di accogliere la domanda risarcitoria, in quanto basata «su fatti costitutivi
diversi da quelli dedotti, ponendo a fondamento della domanda un titolo nuovo e difforme
da quello indicato dalla parte>>.
Ha, quindi, espressamente adducendo di accogliere il primo motivo, affermato che
esso assorbiva «la trattazione di tutte le altre questioni>> e, in riforma della sentenza di
primo grado, ha rigettato per tale ragione la domanda dei medici, sostanzialmente, quindi,
riconoscendo che essa, per come proposta non aveva fondamento in iure e reputando che la
domanda che essi avrebbero potuto proporre avrebbe dovuto essere diversamente
qualificata.
§6. Al ricorso dei medici epigrafati ha resistito con controricorso l’Università.
Con separato congiunto controricorso hanno resistito i Ministeri.
§7. Tutte le parti hanno depositato memoria.

Est. Cons. Uaffe1e Frasca

3

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Preliminarmente va rilevato che la circostanza che il ricorso non sia stato
notificato a numerosi medici che erano in situazione di litisconsorzio con i qui ricorrenti,
essendo la controversia riconducibile all’ambito dell’art. 332 c.p.c., per essere il

richiede che si debba provvedere ai sensi di detta norma, dato che oramai l’impugnazione
che coinvolga quei medici è ampiamente esclusa.
§2. Sempre preliminarmente deve rilevarsi che nella memoria dell’Università degli
Studi non si insiste più nell’eccezione di inammissibilità del ricorso per la mancanza nel
ricorso della indicazione degli estremi della procura, o meglio delle procure rilasciate dai
ricorrenti.
L’eccezione deve ritenersi abbandonata e comunque era anche priva di fondamento,
avendo i ricorrenti depositato con il ricorso le procure notarili rilasciate prima della sua
proposizione e che si rinvengono nell’apposito fascicolo recante timbro di deposito della
cancelleria della Corte a data 14 luglio 2009.
§2.1. Ancora in via preliminare dev’essere disattesa l’ulteriore eccezione
dell’Università di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., in
ragione della mancanza di riferimenti <>, sarebbe stata da interpretare nel senso che le provvidenze previste dal detto d.lgs.
dovessero trovare applicazione non già ai medici specializzandi iscrittisi a corsi di

_

specializzazione iniziati da quell’anno accademico, bensì anche a qui medici che alla detta
data si fossero trovati a frequentare corsi di specializzazione avendoli iniziati
anteriormente.
§3.1. Il motivo è privo di fondamento.
Questa Corte già con la sentenza n. 24816 del 2011 e, quindi, con la sentenza n.
25993 del 2011 ha risolto la questione interpretativa prospettata dal motivo in senso
sfavorevole alla prospettazione dei ricorrenti.
In particolare, la sentenza n. 25993, scrutinando un ricorso riguardo al quale alcuni
dei ricorrenti risultavano avere seguito il corso di specializzazione in parte prima ed in
parte dopo l’entrata in vigore della disciplina di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, così si
espresse: <<... la platea dei soggetti cui esso si riferisce concerne, in realtà anche i soggetti che si erano immatricolati in un corso di specializzazione in quel periodo ed hanno, in ipotesi completato il corso di specializzazione in anni accademici successivi al 1990-91: a tali soggetti, infatti, non trovava applicazione il d.lgs. n. 257 del 1991, perché il suo art. 8 la limitata ai medici iscritti a far tempo dall'anno accademico 1991-1992. Invero, ai sensi dell'art. 8, comma 2, di tale d.lgs., le disposizioni di cui all'art. 6 di esso, che aveva attuato tardivamente il diritto comunitario in parte qua, si applicavano a decorrere dall'anno accademico 1991-92, il che comportava che esse fossero applicabili soltanto agli specializzandi che avessero iniziato il corso di specializzazione a decorrere dall'anno accademico de quo e non anche, sia pure per il periodo successivo all'entrata in vigore del d.lgs., a coloro che avessero iniziato la specializzazione prima di quell'anno accademico e non l'avessero ancora terminata. In pratica la situazione di costoro rimase priva di disciplina statuale attuativa del diritto comunitario non diversamente da quella degli specializzandi che avessero frequentato corsi terminati nell'anno accademico 19901991.>>.

Est. Con

aele Frasca

44

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

Successivamente alle due sentenze indicate questa Corte ha più volte ribadito
l’esegesi dell’art. 8 citato (si vedano in particolare, Cass. n. 1917 del 2012 e n. 5533 del
2012, seguite da numerose altre).
L’esegesi prospettata dai ricorrenti è chiaramente contraria al tenore letterale della
norma, posto che, essa, assumendo come oggetto di applicabilità delle disposizione del
d.lgs. l’anno accademico 1991-1992 ed usando l’espressione “a decorrere” riferendole alle

nuovo istituto disciplinato, nella specie per quanto interessa, dall’art. 6 del d.lgs., il quale
chiaramente concerneva come concerne il corso di specializzazione nella sua interezza,
siccome fa manifesto il riferimento del comma 1 agli <>, che non potevano che essere quelle organizzate secondo la nuova
disciplina, che all’art. 3 espressamente regolava l’ammissione ed all’art. 2 disciplinava la
programmazione del fabbisogno di medici specialisti per ciascuna specializzazione.
Il motivo è, pertanto, rigettato sulla base del seguente principio di diritto: <>.
§4. Con un secondo motivo si deduce “violazione degli articoli 10 e 249, Trattato
CE e dei principi fondamentali in tema di effetti delle pronunce interpretative della Corte
di Giustizia, così come ricavabili dalla giurisprudenza comunitaria in sede di
interpretazione dell’art. 234 del Trattato CE nonché dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale (sent. n. 113/85, in particolare). Violazione dell’obbligo di interpretazione
conforme così come ricavabile dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (in particolare,
sentenza Pfeiffer). Violazione dell’art. 234 del Trattato, della sentenza Gozza emessa in
questo giudizio e dello specifico precedente Carbonari . Nullità della sentenza e del

Est. Cons.

ele Frasca

“disposizioni” non può non aver inteso riferirsi ad esse nel loro complesso e, quindi, al

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4). Violazione e falsa applicazione di norma di diritto (art.
360 c.p.c., n. 3)”.
Con un terzo motivo di denuncia “violazione artt. 11 e 117 Cost. Violazione ed
elusione di giudicato (nullità della sentenza ex art. 360, n. 4 c.p.c.; violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3 c.p.c.)”.
La trattazione dei due motivi può procedere congiuntamente, in quanto essi si
muovono nel solco comune di addebitare alla sentenza impugnata di essersi sottratta al

dovere di applicare retroattivamente ai ricorrenti la disciplina del d.lgs. n. 257 del 1991, in
quanto tale applicazione sarebbe stata doverosa, specie dopo le due sentenze comunitarie,
per rimediare al tardivo adempimento del legislatore nazionale ed anzi — ed è profilo
sviluppato con il terzo motivo — sarebbe stata imposta con vincolo di giudicato dalla
sentenza Gozza resa a seguito del rinvio pregiudiziale operato dal Tribunale di Venezia.
§4.1. I due motivi non sono fondati.
Essi propongono un inquadramento della pretesa degli specializzandi per il tardivo
adempimento delle note direttive che è ormai superato, avendo le Sezioni Unite della Corte
chiarito la sentenza n. 9147 del 2009 (della quale gli stessi ricorrenti ebbero, peraltro,
contezza all’atto della proposizione del ricorso, come si vedrà esaminando il motivo
successivo), che esso va fatto in termini di responsabilità contrattuale da inadempimento di
un obbligo nascente dal diritto comunitario, statuendo in questi termini: <>.
Tale orientamento si è consolidato con le sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815
e 10816 del 2001, le quali hanno statuito che <>.
Tale sentenze (che hanno anche stabilito il dies a quo del termine di prescrizione
della pretesa degli specializzandi, nel 27 ottobre 1999), unitamente ad altre emanate a
seguito della stessa camera di consiglio e pubblicate successivamente, sono state
successivamente seguite dalla costante giurisprudenza di questa Corte, non solo di questa
sezione, ma anche della Sezione Lavoro, della Sezione Prima e della Sezione Sesta.
Cass. n. 17868 del 2011 e, quindi, Cass. n. 1917 del 2012 si sono fatte carico di
ribadire la validità della qualificazione data all’azione dalle Sezioni Unite e dalle sentenze
gemelle, nonché delle conseguenze in tema di prescrizione, di fronte ad un intervento di
poco successivo della Corte di Giustizia Ce, quello di cui alla sentenza resa il 19 maggio
2011 nella causa C-452, nonché della questione della sopravvenienza dell’art. 4, comma
43, della legge 12 novembre 2011, n. 18.
Successivamente, il detto orientamento è stato costantemente ribadito: nel solo 2013,
a titolo di esempio, si citano le sentenze nn. 586, 587, 1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864,
3217, 3218, 3219, 3220, 3279, 5329, 6365, 8578, 8579, 8580.
Il secondo ed il terzo motivo sono, dunque, rigettati, perché si basano su una
qualificazione dell’azione dei ricorrenti errata ed ormai ampiamente disattesa.

Est. Cons. affe1e Frasca

retribuzione della formazione dei medici specializzandi), sorge, conformemente ai principi

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

§5. Con il quarto motivo, in via subordinata rispetto ai motivi precedenti, si fa valere
«violazione del principio art. 112 c.p.c. Violazione del giudicato della Corte di Giustizia
(punti 38 e 39 sentenza Gozza). Error in iudicando.”
Vi si lamenta che la Corte territoriale, pur nella prospettiva che non fosse possibile
estendere la disciplina a regime del d.1g. n. 257 del 1991 ai ricorrenti, non abbia ritenuto
possibile esaminare la domanda sulla base della prospettazione risarcitoria, reputando che

dovuto reputare possibile esaminare la domanda sotto il diverso profilo risarcitorio, in
quanto tale esame sottintendeva una mera qualificazione giuridica degli stessi fatti allegati
a sostegno della domanda per come proposta con l’atto introduttivo. A sostegno viene
citata Cass. n. 9147 del 2009.
§5.1. Il motivo è fondato.
Esso, tuttavia, non può portare alla cassazione della sentenza impugnata nei confronti
dell’Università degli Studi di Padova, bensì alla sola correzione della motivazione.
La cassazione dev’essere, invece, disposta riguardo alle posizioni dei Ministeri.
Queste le ragioni.
Effettivamente la Corte lagunare ha del tutto erroneamente ritenuto, una volta
considerato giustamente che non era fondata la prospettazione dei medici tendente ad
ottenere il riconoscimento delle spettanze previste a regime dal d.lgs. n. 257 del 1991, di
non poter provvedere all’esame della domanda in termini risarcitori, perché in tal modo si
sarebbe violato il principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato, di cui all’art.
112 c.p.c.
Proprio Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 (si veda l’intero paragrafo 3. Della
motivazione), sebbene scrutinando un motivo di ricorso “rovesciato”, cioè invocante la
violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice d’appello, che aveva proceduto
all’inquadramento in iure della domanda (come, invece, non ha fatto la Corte veneziana) e
lo avesse fatto nella prospettiva della qualificazione di essa coma pretesa da illecito
aquiliano là dove la domanda era stata proposta proprio nei termini in cui l’avevano
proposta gli attuali ricorrenti, ha sottolineato l’assoluta infondatezza della censura,
adducendo che quel giudice non aveva fatto altro che procedere ad una lecita attività di
qualificazione della domanda, ferma l’identità dei fatti invocati, ed ha anche sottolineato
come nemmeno potesse essere invocato il consolidato «orientamento giurisprudenziale
secondo il quale, in linea di principio, le domande di risarcimento del danno da
responsabilità aquiliana e da responsabilità contrattuale si fondano su elementi di fatto

19
Est. Cons

A5
aele Frasca

ad essa fosse correlata una nuova e diversa domanda. Viceversa, quella Corte avrebbe

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

diversi da quelli che sostengono le pretese di adempimento, sia sotto il profilo oggettivo sia
sotto quello soggettivo, in relazione non solo all’accertamento della responsabilità, ma
anche alla determinazione dei danni, cosicché incorre, in vizio di ultrapetizione il giudice
d’appello che operi d’ufficio la riqualificazione della domanda risarcitoria proposta in
primo grado>>, osservando che «Come già si è rilevato, infatti, nel caso di specie nulla è
stato aggiunto o tolto al complesso dei fatti addotti dall’attore a sostegno della domanda,

pretesa risarcitoria derivante dal c.d. “fatto illecito” del legislatore.>>
A sua volta Cass. n. 10813 del 2011, coerentemente sviluppando il dire delle Sezioni
Unite, ebbe a ribadirne l’insegnamento, ammettendo che l’operazione di qualificazione
potesse farsi anche in sede di legittimità, fermi restando i fatti da qualificare.
A sua volta anche Cass. n. 23576 del 2011 ribadì che l’operazione di qualificazione
della pretesa degli specializzandi è possibile in sede di legittimità, così esprimendosi
<4..1 perché i fatti storici posti a base della domanda ed il petitum di essa e, dunque, il bisogno di tutela giurisdizionale che ha determinato la controversia (rappresentato dal riconoscimento di quanto si sarebbe dovuto conseguire nel caso di adempimento delle direttive in modo che anche la posizione del ricorrente fosse stata contemplata, mentre il quantum invocato e le sue modalità di determinazione non rappresentano certo elementi individuatori del petitum, bensì elementi che individuano solo possibili modalità della sua soddisfazione), non mutano in alcun modo, ma sono soltanto ricondotti da questa Corte al loro corretto referente normativo astratto, nell'esercizio della mera attività di qualificazione in diritto della vicenda e segnatamente della domanda>>.
Poiché nella specie la stessa Corte d’Appello, dopo avere giudicato che i fatti posti a
fondamento della domanda non giustificavano il suo accoglimento secondo la
qualificazione proposta, per procedere all’esatto inquadramento normativamente
giustificato non doveva esaminare fatti diversi, bensì solo esercitare l’attività di
qualificazione in iure, cioè delle conseguenze giuridiche ricollegate dall’ordinamento al
loro verificarsi, erroneamente essa si è rifiutata di farlo, invocando l’art. 112 c.p.c. e
postulando una diversità dei fatti costitutivi della domanda risarcitoria rispetto a quelli
giustificativi della domanda di riconoscimento dell’estensione delle spettanze del d.lgs. n.
257 del 1991.
L’attività di esatta qualificazione, infatti, postulava soltanto la riconduzione dei fatti
storici allegati dai medici sotto le norme esattamente applicabili e non l’introduzione ex
officio di nuovi fatti costitutivi.

16
Est. Cons.

ele Frasca

essendosi limitato il giudice dell’appello a qualificare la pretesa di pagamento come

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

,

Il motivo appare, pertanto, fondato, perché erroneamente la Corte d’Appello si è
rifiutata di esaminare la domanda sotto il profilo risarcitorio.
§5.2. Il riconoscimento della sua fondatezza non può portare, tuttavia, alla cassazione
della sentenza rispetto all’Università degli Studi di Padova, perché questa Corte,
nell’esercizio dei suoi poteri di cui al terzo comma dell’art. 384 c.p.c., reputa che il
dispositivo della sentenza impugnata, là dove si è concretato nel riconoscimento della
infondatezza della domanda nei riguardi del’Università, sia conforme a diritto per un’altra
ragione giuridica che è rilevabile in questa sede e comporta una mera correzione della
motivazione della sentenza impugnata.
Tale ragione è rappresentata dalla circostanza che <> (così già Cass. n.
23576 del 2011, la quale non mancò di soggiungere: <>.
La stessa sentenza n. 23576 del 2011 (ed altre nel suo solco) rilevò d’ufficio,
nonostante che l’Università, allora ricorrente, non l’avesse rilevato, il difetto di sua
legittimazione ritenendo che fosse configurabile l’ipotesi di cui all’art. 382, terzo comma,
c.p.c., cioè di causa che non poteva essere proposta nei confronti della stessa.
Nel caso di specie, essendo il ricorso proposto dai medici, la rilevazione della
mancanza di legittimazione in senso sostanziale per non configurabilità del diritto,
all’esito dell’attività di qualificazione, a livello astratto nei confronti dell’Università, è
invece attività che si riconduce al potere di correzione della motivazione.
Ne consegue che la sentenza non può essere cassata nel rapporto processuale fra
ricorrenti e Università.

1f
q,
Est. Cons. a

F sca

.

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

.

Fra l’altro, quest’ultima aveva fatto valere come motivo di appello il proprio difetto
di legittimazione e l’esame di esso è rimasto assorbito nella sentenza qui impugnata.
Del resto, se si facesse luogo non a correzione, ma a cassazione con rinvio, detto
motivo di appello dovrebbe essere esaminato dal giudice di rinvio, che dovrebbe pervenire
alla medesima conclusione.
D’altro canto, il fatto che il dispositivo della sentenza d’appello nei riguardi

ipotizzare che questa Corte, una volta rilevato l’ error in procedendo in cui è incorsa la
Corte territoriale, per il rifiuto di esaminare la domanda secondo la sua esatta
qualificazione giuridica, proceda riguardo al relativo a rapporto processuale ad una
decisione nel merito, che dovrebbe sempre portare allo stesso esito di riforma della
sentenza di primo grado, con rigetto della domanda contro l’Università.
§5.3. Il motivo quarto motivo è, invece, fondato ed idoneo a determinare la
cassazione della sentenza impugnata, contro i Ministeri.
In proposito va considerato che i medici nei vari atti introduttivi del giudizio avevano
proposto la domanda invocando la solidarietà dei vari enti e che in appello, come rilevasi
dalla comparsa di risposta presente nel fascicolo dei ricorrenti i medici (pagina 25 e seg.)
avevano svolto appello incidentale contro la sentenza di primo grado là dove essa, pur
accertando il diritto con l’erronea qualificazione di estensione delle previsioni del d.lgs. n.
257 del 1991, non aveva pronunciato la condanna contro i Ministeri e nelle conclusioni,
avendo la stessa Università padovana chiesto, sia pure subordinatamente alla
prospettazione di esclusione della sua legittimazione, di essere ritenuta colegittimata con i
Ministeri, con condanna solidale di questi ultimi, i medici avevano chiesto dichiararsi
solidalmente obbligati i Ministeri (pagina 31). Tali conclusioni, del resto, risultano
mantenute nel giudizio di appello, in quanto riprodotte dalla sentenza impugnata.
Ora, pur avendo in motivazione la Corte territoriale detto assorbite tutte le altre
questioni, è palese che, scrutinando il primo motivo di appello e procedendo alla
qualificazione a suo dire esatta della domanda, salvo poi ritenere di non poterla esaminare
perché altrimenti sarebbe stato violato l’art. 112 c.p.c., ha inteso rigettare per la stessa
ragione l’appello incidentale dei medici contro i Ministeri, perché la sua valutazione di non
poter violare l’art. 112 c.p.c. risulta evidentemente riferibile anche alla richiesta di
estensione della condanna ai medesimi.
Ciò è tanto vero che Essa nel dispositivo ha rigettato l’appello dei qui ricorrenti e dei
loro consorti non più presenti in questa sede.

18
Est. Cons. Raffaele Frasca

del’Università dovrebbe essere comunque di rigetto, qual esso è stato, non consente di

R.g.n. 16040-09 (ud. 11.7.2013)

Ne deriva che il quarto motivo è da intendere proposto anche per cassare la decisione

della Corte lagunare, là dove si è rifiutata di scrutinare la domanda sotto la (a suo dire)
esatta qualificazione giuridica.
L’accoglimento del motivo deve, dunque, avere luogo senz’altro anche nei confronti
dei Ministeri e comporta, tuttavia, la cassazione della sentenza impugnata relativamente ai
rapporti processuali fra i qui ricorrenti ed i Ministeri.
Il giudice di rinvio, che si designa in altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia,

i Ministeri qualificandola alla stregua delle sentenze gemelle e:
a) ai fini della dimostrazione dei fatti costituivi terrà conto, ove necessario in
relazione a ciò che è stato devoluto in appello e ad eventuali contestazioni dei Ministeri,
dei principi affermati più volte da questa Corte e da ultimo da Cass. n. 3218 del 2013, oltre
che da altre decisioni;
b) ai fini della quantificazione delle spettanze terrà conto dell’ormai altrettanto
consolidato orientamento secondo cui <

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