Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19884 del 20/09/2010
Cassazione civile sez. II, 20/09/2010, (ud. 11/12/2009, dep. 20/09/2010), n.19884
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28540/20204 proposto da:
SP.AR. (OMISSIS), SP.FA.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASILINA
1038/F, presso lo studio dell’avvocato MARTINI LEONE, che li
rappresenta e difende;
– ricorrenti –
e contro
FINANCE SPA, S.C., R.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 981/2003 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 26/11/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
11/12/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine
rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Ar. e Sp.Fa. convennero in giudizio S.C. innanzi al Tribunale di Avezzano, esponendo che in data (OMISSIS) era deceduta la loro nonna, A. B., lasciando eredi il proprio coniuge, S.G., e i due figli, lo stesso C. ed E.. Il marito G. e la figlia E. avevano poi rinunciato all’eredità, sicchè gli attori, figli di E., erano subentrati alla madre, per rappresentazione, nella posizione di eredi della B., ed in tale veste chiedevano procedersi alla divisione dei beni relitti.
Il convenuto, costituitosi, non si oppose alla domanda, rappresentando peraltro di avere apportato delle migliorie all’unico fabbricato caduto in successione, delle quali si sarebbe dovuto tenere conto in sede di valutazione dell’immobile.
Nel processo intervenne volontariamente anche la moglie del S., R.C., che aderì alle difese svolte dal coniuge. Intervenne altresì la s.p.a. Finance, deducendo di avere assoggettato il fabbricato ad esecuzione immobiliare per un credito vantato nei confronti dei coniugi S.- R., esecuzione nei cui confronti, peraltro, gli attori avevano già proposto opposizione, accampando la qualità di eredi e chiedendo la declaratoria di nullità delle ipoteche iscritte sul bene a garanzia di detto credito. La predetta società chiese quindi la sospensione del giudizio fino alla conclusione di quello di opposizione, e, nel merito, il rigetto della domanda di divisione, sul rilievo che la rinuncia all’eredità operata dalla madre e dal nonno degli attori aveva comportato l’accrescimento della quota spettante all’altro erede, S.C., divenuto così proprietario esclusivo del bene. La madre degli attori, infatti, non aveva revocato la rinuncia e gli stessi attori non avevano accettato l’eredità nel termine di legge, con conseguente prescrizione del relativo diritto.
Il Tribunale accolse tale tesi, dichiarando prescritto il diritto degli attori ad accettare l’eredità in rappresentazione della madre:
escluse, pertanto, la qualità di eredi in capo agli stessi, respingendo, conseguentemente, la domanda di divisione da essi proposta.
2. – La decisione fu impugnata dagli Sp., che reiterarono detta domanda sul rilievo che la madre si trovava nel possesso dei beni ereditari, di cui non aveva redatto inventario nei termini di legge, ed era perciò divenuta erede automaticamente e senza necessità di accettazione, sicchè la sua rinuncia non era efficace. Inoltre, gli appellanti dedussero che la madre era subentrata anche nei diritti del proprio padre, dopo che questi aveva a sua volta rinunciato all’eredità.
Con sentenza depositata in data 26 novembre 2003, la Corte d’appello di L’Aquila respinse il gravame, osservando che gli Sp. avevano dedotto per la prima volta dette circostanze, che attenevano al titolo in forza del quale gli attori rivendicavano la qualità di eredi ed incidevano, immutandola, sulla causa petendi, e così modificando il petitum sostanziale quale delineatosì nel corso del primo grado del giudizio.
In relazione, poi, in particolare alla deduzione degli appellanti secondo la quale la madre sarebbe subentrata anche nei diritti del proprio padre, dopo che questi aveva a sua volta rinunciato all’eredità, osservò la Corte di merito che, in base a tale prospettazione, essi sarebbero stati privi di legittimazione, poichè l’erede sarebbe stata la propria madre, unica a poter chiedere la divisione dei beni.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Sp.Ar. e Fa. sulla base di due motivi.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con la prima censura, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e art. 467 cod. civ..
Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che Sp.Ar. e Fa. avessero prospettato nel giudizio di appello un diverso titolo del proprio diritto alla divisione dell’immobile de quo, laddove il titolo era, in realtà, sempre lo stesso, costituito dall’essere essi subentrati, quali figli legittimi di E. S., per rappresentazione nel luogo e nel grado di costei, che, dopo aver reso dichiarazione di rinuncia all’eredità al cancelliere della Pretura di Avezzano in data (OMISSIS), aveva successivamente acquisito di nuovo la qualifica di erede a seguito della dichiarazione di rinuncia del proprio padre, S. G., resa il successivo 9 luglio.
2. – Con la seconda doglianza si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 467, 485, 480, 481 cod. civ.. Nel ricorso si contesta l’affermazione, contenuta in formula dubitativa nella sentenza impugnata, secondo la quale S.E. sarebbe subentrata anche nei diritti ereditari del proprio padre a seguito della rinuncia dello stesso alla eredità, e che, pertanto, gli Sp. sarebbero stati sforniti di legittimazione. La S., infatti, una volta ridivenuta erede per effetto della rinuncia del padre all’eredità, non aveva operato in alcun modo in tale qualità, non avendo chiesto la divisione dei beni e non avendo manifestato la propria volontà di accettare l’eredità che aveva acquistato ex lege. Solo a questo punto gli Sp., potenziali ulteriori chiamati, avevano proposto la domanda di divisione dei beni, che, nella specie, equivaleva a richiesta al giudice di fissazione di un termine per l’accettazione ex art. 481 cod. civ., che può essere anche tacita.
3.1. – I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto diretti entrambi sostanzialmente ad affermare la sussistenza in capo agli attuali ricorrenti della qualità di eredi, sono immeritevoli di accoglimento.
3.2. – Al riguardo, deve considerarsi che, nel giudizio di primo grado, gli attori, attuali ricorrenti, avevano fatto valere la circostanza dell’essere subentrati alla madre, S.E., per rappresentazione, nella posizione di eredi della loro nonna, la B., ed in tale veste avevano chiesto la divisione dei beni relitti. Tuttavia, il Tribunale, rilevando che la S. non aveva revocato la rinuncia e che gli stessi attori non avevano accettato l’eredità nel termine di legge, con conseguente prescrizione del relativo diritto, aveva respinto la domanda di divisione, escludendo la qualità di eredi in capo agli stessi attori.
Nel giudizio di secondo grado, la tesi originaria è stata abbandonata dagli Sp., i quali hanno fondato la loro qualità di eredi non più sul diritto di rappresentazione insorto a loro favore per effetto della rinuncia alla eredità operata dalla madre, ma piuttosto – ed in contrasto con la originaria impostazione difensiva – sulla inefficacia della rinuncia alla eredità effettuata dalla madre: inefficacia dovuta alla circostanza che costei si trovava nel possesso dei beni ereditari, di cui non aveva redatto inventario nei termini di legge, ed era perciò divenuta erede automaticamente e senza necessità di accettazione, e che, inoltre, la stessa era subentrata anche nei diritti del proprio padre, dopo che questi aveva a sua volta rinunciato all’eredità. Salvo, poi, a sostenere – a fronte del rilievo della Corte d’appello relativo alla carenza in capo ad essi della legittimazione a chiedere la divisione dei beni ereditari in caso di ritenuta inefficacia della rinuncia della madre – che la S. non aveva in realtà manifestato la propria volontà di accettare l’eredità, e che, pertanto, essi avevano, quali potenziali ulteriori chiamati, proposto la domanda di divisione dei beni, equivalente a richiesta al giudice da parte degli interessati, di fissazione di un termine per l’accettazione ex art. 481 cod. civ..
3.3. – Tali argomentazioni costituiscono, come correttamente ritenuto dalla Corte di merito, elementi mai dedotti nel giudizio di primo grado e idonei a modificare la causa petendi, trasformando la domanda di divisione dei beni ereditari, proposta in qualità di eredi, in una domanda intesa a sollecitare, in qualità di interessati, i chiamati ad esprimersi sulla volontà di accettare o meno l’eredità:
si configura, dunque, una mutatio libelli inammissibilmente operata in grado di appello.
4. – Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Non v’è luogo a pronuncia sulle spese del presente giudizio, non essendo stata spiegata attività difensiva da parte degli intimati Finance S.p.A., S.C. e R.C..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2010