Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19883 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/07/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 13/07/2021), n.19883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCITO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. SAIJA S. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13011-2014 proposto da:

SERIE FUTURA SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GALAZIA 10, presso lo studio dell’avvocato CINZIA ANTONIA

SCALISE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 219/2013 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA

SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il 18/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2021 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

In data 22.5.2012, la D.P. di Brescia notificò a Serie Futura s.r.l. un avviso di accertamento per il recupero di Euro 196.764,16, relativo all’anno d’imposta 2007, per IRES, IRAP e IVA, e ciò in forza di un p.v.c. del 1.12.2010.

Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. di Brescia lo rigettò con sentenza n. 135/2/12; la C.T.R. per la Lombardia, sez. st. di Brescia, rigettò l’appello della società, in particolare osservando che non sussisteva alcuna inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento, che la società – a fronte del comportamento antieconomico da essa tenuto – non aveva fornito alcuna plausibile spiegazione, così giustificandosi il ricorso all’accertamento induttivo, che ancora era stato violato il principio di competenza in relazione ad alcuni costi e che la società stessa aveva erroneamente applicato l’IVA ridotta in 13 fatture.

Serie Futura s.r.l. in liquidazione ricorre ora per cassazione, sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si deduce l’inesistenza e/o nullità e/o annullabilità dell’avviso di accertamento per difetto di notifica, eseguita ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 14, ma senza l’osservanza delle formalità di cui al precedente art. 3, difettando la sottoscrizione dell’agente postale e il sigillo dell’Ufficio.

1.2 – Col secondo motivo, si deduce l’inesistenza e/o nullità e/o annullabilità dell’avviso di accertamento per violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 12, stante il difetto di motivazione dell’atto impositivo, che non tiene conto della documentazione da essa contribuente fornita all’Ufficio.

1.3 – Col terzo motivo, si deduce l’inesistenza e/o nullità e/o annullabilità dell’avviso di accertamento per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 37-bis, comma 4, per non aver l’Agenzia chiesto chiarimenti al contribuente con lettera raccomandata, prima di emettere l’avviso di accertamento.

1.4 – Col quarto motivo, si deduce l’inesistenza e/o nullità e/o annullabilità dell’avviso di accertamento per omessa indicazione degli elementi previsti dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, non specificandosi il calcolo degli interessi. 1.5 – Col quinto motivo, infine, si deduce vizio di motivazione in diritto e illogicità in fatto dell’avviso di accertamento, in relazione all’antieconomicità derivante dalla mancata fatturazione della cessione di clientela a Forgiafer s.r.l. e delle royalties per l’utilizzo del marchio registrato.

2.1 – Preliminarmente, è appena il caso di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno specifico vizio di legittimità – che, in tesi, affligge la decisione impugnata – scegliendolo dal novero di quelli elencati dall’art. 360, comma 1, e nel rispetto, tra l’altro, dei requisiti di contenuto-forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c..

Deve poi qui ribadirsi che “In tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia” (da ultimo, Cass. n. 17224 del 2020). E ancora, con specifico riferimento al preteso vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, non può che richiamarsi il principio, ancor più di recente affermato da Cass., Sez. Un., n. 23745 del 2020, secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa”. Ed infine (per quanto qui interessa), va ribadito l’ulteriore principio secondo cui “Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità” (Cass. n. 640 del 2019).

3.1 – Sulla base di tali premesse, non può che ritenersi l’inammissibilità del ricorso in esame.

Esso, infatti, si basa su presunte violazioni di legge, o illogicità/carenze motivazionali, in cui sarebbe incorsa non già la C.T.R. lombarda, bensì direttamente l’Amministrazione finanziaria, essendosi infatti denunciati presunti vizi dell’avviso di accertamento e non già della sentenza d’appello. In altre parole, la ricorrente omette totalmente di confrontarsi con la decisione della C.T.R., tanto che nel ricorso – come correttamente evidenziato dalla controricorrente – non è rinvenibile la benché minima censura al decisum del giudice del gravame, come se la questione da sottoporre a questa Corte fosse da individuare nell’esame della legittimità/illegittimità dell’atto impositivo (questione della cui natura meritale è perfino superfluo discettare in questa sede), anziché nella rispondenza ai dettami dell’ordinamento (e nei limiti supra evidenziati) della sentenza impugnata.

Ne’, del resto, tale deficit può ritenersi recuperato al lume di quanto affermato dalla società nella memoria ex art. 380-bis1 c.p.c., anzitutto perché non risulta affatto che essa “con il ricorso introduttivo (abbia) espressamente contestato la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria regionale di Milano per omesso esame dei motivi di appello e carenza di motivazione, nonché per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5” (così la memoria, p. 2), dalla lettura del ricorso emergendo anzi l’esatto contrario, e comunque non più di quanto già prima evidenziato; in secondo luogo, perché è noto che “I vizi di genericità o indeterminatezza dei motivi del ricorso per cassazione non possono essere sanati da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 378 c.p.c., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili” (Cass. n. 3780 del 2015; il principio è pacificamente applicabile alla memoria redatta nel procedimento camerale di cui all’art. 380-bis1 c.p.c., identica essendo la funzione delle memorie nell’ambito del giudizio di cassazione: così, Cass. n. 30760 del 2018, benché la massima ufficiale non corrisponda al decisum).

4.1 – In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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