Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19880 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. I, 22/09/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 22/09/2020), n.19880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. S. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9842/2019 proposto da:

B.C., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso

dall’avv. Massimiliano Orrù, in forza di procura speciale in calce

alla comparsa costitutiva 19/11/2019;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il

11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, depositato il 6/12/2017, B.C. cittadino della Costa d’Avorio ha adito il Tribunale di Bologna- Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE) impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di essere nato a (OMISSIS); di aver aderito, spinto dall’esigenza di saldare i debiti del suo negozio, ad una fazione politica a cui apparteneva il fratello che faceva capo a tale C.I., che sosteneva Ouattara per le elezioni presidenziali contro il Presidente L.G.; che dopo la vittoria nelle elezioni di Ouattara vi era stato una sorta di blocco nei confronti di C., perchè si temeva che costui, militare e primo ribelle, meditasse un colpo di stato; che suo fratello era stato ucciso; di esser scappato in Burkina Faso, ove era rimasto due anni fino al settembre 2014, di essere quindi andato prima in Niger, poi in Libia ove era stato imprigionato e picchiato, e quindi in Italia.

Con Decreto del 11/12/2018 il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso B.C., con atto notificato il 10/1/2019, svolgendo due motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita.

In data 19/11/2019 per il ricorrente si è costituito con apposita memoria un nuovo difensore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 21 (forse 251) del 2007, art. 3, commi 5 e 4”, lamentando che il Tribunale abbia effettuato una erronea interpretazione della legge relativa alla protezione internazionale, escludendo “che non siano valutabili come motivo di rilascio della protezione umanitaria anche situazioni personali derivanti dalla condizione personale del ricorrente relativi e alla sopravvivenza o a diritti umani fondamentali messi in pericolo per qualunque motivo nel paese di origine e sussiste un onere probatorio attenuato e rispetto del principio di verosimiglianza con onere di integrazione probatoria a carico del giudice”.

Il motivo così esposto nella sintesi iniziale non trova corrispondenza nella trattazione del ricorso ed è totalmente monco di una parte argomentativa che asserisca e dimostri come il Tribunale avrebbe violato i principi indicati.

Le censure così solo genericamente tratteggiate appaiono del tutto incomprensibili e per vero anche contraddittorie visto il presumibile riferimento alla normativa in materia di protezione internazionale (se è esatta l’interpretazione correttiva del n. 21 della fonte normativa citata come n. 251) svolto con riferimento alla richiesta di protezione umanitaria di matrice nazionale.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia “fatto controverso in relazione al fatto decisivo per il giudizio che a seguito della situazione creatasi nel Paese di origine il Tribunale ha riconosciuto”.

Secondo il ricorrente la protezione umanitaria deve essere riconosciuta ogni qualvolta il richiedente asilo si trovi in una situazione anche temporanea di vulnerabilità economica o personale: il Tribunale non aveva tenuto conto delle situazioni personali riferite dal ricorrente che ne determinavano anche temporaneamente la vulnerabilità.

Il motivo è pressochè incomprensibile e comunque non appare riconducibile a uno dei mezzi previsti dalla legge. Ciò esime dal rilevarne l’assoluta genericità, non foss’altro che per l’emblematico silenzio circa i fattori di personale vulnerabilità che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare.

3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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