Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19878 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. I, 23/07/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 18489/2015 proposto da:

S.G. di S.G.P. & C. s.a.s., in liquidazione,

nonchè A.F. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti

pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via Ombrone n. 14,

presso lo studio dell’avvocato Gobbi Massimiliano, rappresentate e

difese dall’avvocato Chirico Mario, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banco Popolare Società Cooperativa, quale incorporante della Banca

Popolare di Novara s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Gian Giacomo Porro

n. 8, presso lo studio dell’avvocato Grosso Andrea C., che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 962/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/06/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

La S.G. s.a.s. convenne innanzi al Tribunale di Torino la Banca Popolare di Novara e, premesso di aver intrattenuto un rapporto di conto corrente, chiese che: fossero accertati l’applicazione di interessi passivi ultralegali non pattuiti, e capitalizzati trimestralmente, e il calcolo di spese e commissioni di massimo scoperto non convenute, nonchè le valute illegittimamente postergate; pertanto la banca convenuta fosse condannata alla restituzione delle somme versate in eccesso a tali titoli.

La Banca eccepì l’infondatezza della domanda e, in particolare, la prescrizione dell’azione di ripetizione d’indebito, esercitando domanda riconvenzionale avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 122.786,45, a titolo di saldo debitore del conto-anticipi di fatture e di mancato rimborso di quattro fatture presentate per l’anticipazione. Con sentenza del 5.11.2011, il Tribunale condannò l’attrice al pagamento della somma di Euro 94.893,13.

La S.G. s.a.s. e la cessionaria A.F. s.r.l. (intervenuta in giudizio) proposero appello.

Con sentenza del 20.5.2015, la Corte d’appello di Torino, in parziale accoglimento dell’appello, condannò la S.G. s.a.s. al pagamento, in favore della Banca, della somma di Euro 67.724,73 oltre agli interessi.

La S.G. s.a.s. e la A.F. s.r.l. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo è denunziata la violazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè contraddittorietà della motivazione, avendo la Corte d’appello ritenuto ammissibile e deciso l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca convenuta nella propria comparsa conclusionale, eccezione nuova rispetto a quella formulata in primo grado poichè fondata su distinta causa petendi sotto il profilo della diversità dei fatti costitutivi dell’eccezione siccome imperniata sul carattere solutorio di una o più rimesse affluite sul conto corrente e sull’entità degli affidamenti concessi al correntista in costanza di rapporto.

In particolare, i ricorrenti lamentano che tale eccezione fu sollevata dalla banca in primo grado e riferita indistintamente a tutte le rimesse operate nel periodo anteriore al decennio dalla chiusura del conto, mentre in appello l’eccezione fu fondata sulla distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie, estesa anche a quelle anteriori al suddetto decennio.

Inoltre, i ricorrenti lamentano che la C.d.a. abbia motivato in maniera contraddittoria, laddove ha dato atto che la banca aveva seguito “il progressivo modificarsi dell’iniziale contesto normativo e giurisprudenziale”.

Con il secondo motivo è denunziata violazione degli artt. 163,164 c.p.c. e art. 167 c.p.c., comma 1, nonchè dell’art. 2697 c.c. – in subordine rispetto al primo motivo – poichè la Corte d’appello non ha tenuto conto che la banca non avesse dimostrato, come suo onere, l’entità dell’affidamento e le singole rimesse per le quali s’invocava la prescrizione, affermando anzi che ciò sarebbe stato onere del correntista.

Con il terzo motivo è dedotta omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa – in subordine ai precedenti motivi -avendo la Corte territoriale, sulla premessa che il conto corrente fosse affidato solo a decorrere dal 5.4.91, sulla base di una lettera di apertura di credito acquisita agli atti, erroneamente affermato che alle varie operazioni in conto corrente fosse stato applicato il tasso d’interessi contemplato per l’apertura di credito e non invece il tasso debitore risultante dagli estratti-conto, ritenendo che tra il rapporto di conto corrente e quello di anticipazione di credito vi fosse un collegamento negoziale.

Con il quarto motivo è denunziata la violazione dell’art. 1362 c.c., per ragioni analoghe a quelle espresse a sostegno del precedente motivo, con riguardo specifico all’applicazione del tasso d’interessi con riferimento agli usi su piazza, avendo la Corte di merito errato nell’interpretare la volontà negoziale delle parti in ordine alla suddetta applicazione alle operazioni passive.

Resiste il Banco Popolare con controricorso.

La causa va rinviata alla pubblica udienza al fine di consentire la discussione in ordine alla recente sentenza emessa dalle Sezioni Unite, n. 15895/19, sulla rilevante questione della modalità di formulazione della eccezione di prescrizione estintiva da parte della banca, per paralizzare la domanda del correntista di restituzione delle somme indebitamente versate nel corso del rapporto di conto corrente, secondo la cui pronuncia “non rientra nell’ambito dell’onere di allegazione la qualificazione dei fatti allegati, che costituisce, invece, attività riservata al giudice, che, nel provvedere al riguardo, non è vincolato da quella eventualmente offerta dalle parti”, talchè “pur nella loro indiscutibile connessione, l’onere di allegazione è concettualmente distinto dall’onere della prova, attenendo il primo alla delimitazione del thema decidendum mentre il secondo, attenendo alla verifica della fondatezza della domanda o dell’eccezione, costituisce per il giudice regola di definizione del processo”.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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