Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19877 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19877 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA

sul ricorso 26890-2007 proposto da:
MANCA MARIA ANTONIETTA, MANCA RENATA ENZA, MANCA
MARISA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G.
MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato LUCATTONI
PIERLUIGI, rappresentati e difesi dall’avvocato PIRAS
ANTONIO GIOVANNI giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

PICINELLI EFISIA MARIA TERESA,

NUVOLI ANTONIO

FRANCESCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
COSTABELLA 23,

presso

studio dell’avvocato

lo

1

Data pubblicazione: 29/08/2013

LAVITOLA

LEONARDO,

rappresentati

e

difesi

dall’avvocato PIREDDA ANDREA giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso il provvedimento del TRIBUNALE DI SASSARI
SEDE DISTACCATA DI ALGHERO, depositato il 24/10/2006

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato PIERLUIGI LUCATTONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

2

R.G.N. 14/06;

Svolgimento del processo

1. Marisa, Maria Antonietta e Renata Enza Manca
chiesero, con ricorso ai sensi dell’art. 612 cod. proc.
civ., al giudice della sezione distaccata di Alghero del
tribunale di Sassari la determinazione delle modalità di

Sassari, con cui Antonio F. Nuvoli ed Efisia Picinelli
erano stati condannati a rimettere in pristino lo stato dei
luoghi ed a rimuovere le opere abusivamente eseguite sui
medesimi, nonché a rimuovere le autovetture posteggiate
nello spazio di proprietà attorea e ad arretrare fino a
distanza consentita, ovvero ad eliminare, la porta da loro
realizzata nel vano scala. Gli esecutati dedussero di avere
ottemperato ai comandi del titolo esecutivo; e, prodotta
documentazione fotografica, all’esito di un sopralluogo, il
giudice dell’esecuzione, accogliendo in parte l’opposizione
dei debitori, li condannò tuttavia “ad eliminare il
dislivello da essi provocato con lo smantellamento del
mattonato”, loro ordinando di “stendere una colata di
cemento sufficiente ad uniformare la superficie del
cortile” e di portarla “al livello riscontrabile in
prossimità dell’inizio della rampa di scale di accesso al
primo piano”; e compensò le spese di lite.
.

Avverso

tale

ordinanza,

depositata

il

24.10.06,

propongono ora ricorso le Manca, affidandosi a tre motivi,
illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc.
civ.; resistono con controricorso il Nuvoli e la Picinelli.
Motivi della decisione

3

esecuzione della sentenza n. 987/02 del tribunale di

2. Marisa Manca, Maria Antonietta Manca e Renata Enza
Manca si dolgono:
– col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione
dell’art. 612 c.p.c. e 112 c.p.c., per non aver il giudice
dell’esecuzione adottato il richiesto provvedimento di

c.p.c., pur risultando non eseguito quanto disposto dalla
sentenza di condanna del tribunale di Sassari n ° 987/02 in
data 16/06/2002, e per non aver nella sua ordinanzasentenza de qua depositata il 24.10.06, designato
l’ufficiale giudiziario che doveva procedere all’esecuzione
e le persone che dovevano provvedere alla distruzione
dell’opera compiuta”; e concludono con il seguente quesito
di diritto:

“avendo accertato la mancata esecuzione di

quanto stabilito con una sentenza di condanna per
violazione di obbligo di fare o non fare ed essendo stato
richiesto con ricorso ex art. 612 c.p.c. la determinazione
delle modalità di esecuzione, se costituisca violazione
delle disposizioni di cui all’art. 612 c.p.c., il non aver,
il Giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza emessa ex art.
612 II ° comma c.p.c., designato l’Ufficiale Giudiziario che
deve procedere all’esecuzione e le persone che devono
provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla
distruzione di quella compiuta, e l’aver, invece,
condannato e/o disposto che gli esecutati vi provvedano
personalmente”;
col secondo motivo,

di

“violazione e

falsa

applicazione degli artt.li 612 c.p.c., 324 c.p.c., 112
c.p.c., art. 1067 cod. civ. e art. 2909 cod. civ. per
4

determinazione delle modalità dell’esecuzione ex art. 612

violazione di criteri giuridici che regolano l’estensione e
i limiti della cosa giudicata, violazione del giudicato
esterno della sentenza n. 987/02 in data 16/06/2002 del
tribunale di Sassari per aver il giudice dell’esecuzione e
dell’opposizione considerato aspetti estranei al titolo

volta ad individuare l’esatto contenuto e la portata
precettiva sulla base del dispositivo e della motivazione
della sentenza di condanna, e per aver integrato detta
sentenza di condanna facendo riferimento a norme di
diritto”; e concludono con il seguente quesito di diritto:
“se costituisca violazione e falsa applicazione degli
artt.li 612 c.p.c., 324 c.p.c., 112 c.p.c. e 1067 cod. civ.
e art. 2909 cod. civ. e violazione di criteri giuridici che
regolano l’estensione e i limiti della cosa giudicata, e
violazione del giudicato esterno della sentenza n. 987/02
in data 16/06/2002 del tribunale di Sassari, l’aver
disposto, il Giudice dell’esecuzione, il mantenimento
dell’opera abusivamente eseguita e della quale con la
predetta sentenza passata in giudicato era stata disposta
l’eliminazione”;

col terzo motivo, di “violazione e falsa applicazione

degli artt.li 612 c.p.c., 324 c.p.c., 112 c.p.c., art. 1067
cod. civ. e art. 2909 cod. civ., per violazione di criteri
giuridici che regolano l’estensione e i limiti della cosa
giudicata, violazione del giudicato esterno della sentenza
n ° 987/02 in data 16/06/2002 del Tribunale di Sassari per
aver il giudice dell’esecuzione e dell’opposizione
considerato aspetti estranei al titolo esecutivo, non aver
5

esecutivo, non aver compiuto un’attività interpretativa

compiuto un’attività interpretativa volta ad individuare
l’esatto contenuto e la portata precettiva sulla base del
dispositivo e della motivazione della sentenza di condanna;
e concludono col seguente quesito:

“se costituisca

violazione e falsa applicazione degli artt.li 612 c.p.c.,

civ. e violazione di criteri giuridici che regolano
l’estensione e i limiti della cosa giudicata, e violazione
del giudicato esterno della sentenza n. 987/02 in data
16/06/2002 del tribunale di Sassari, l’aver, 11 Giudice
dell’esecuzione, calcolato e determinato la distanza legale
dell’opera abusivamente eseguita, modalità e criteri
diversi e contrastanti rispetto a quelli accertati ed
espressi nella sentenza passata in giudicato e per non aver
tenuto conto che era stata dichiarata l’illegittimità
dell’opera e la conseguente sua eliminazione o resa
conforme a legge, perché costituente aggravamento di
servitù di passaggio”.
Dal canto loro, i controricorrenti eccepiscono dapprima
l’inammissibilità del ricorso per cassazione, ritenendo
appellabile l’ordinanza e non applicabile il nuovo testo
dell’art. 616 cod. proc. civ. in ragione del’epoca in cui è
iniziata l’esecuzione. Nel merito, rilevano: che il giudice
dell’esecuzione ha interpretato il titolo esecutivo,
risolvendo una controversia sulla portata sostanziale di
questo; che bene il giudice ha quindi integrato il comando
del titolo esecutivo ed omesso di nominare l’ufficiale
giudiziario e di indicare le modalità dell’esecuzione; che
corretto è l’ordine di eliminare il dislivello venutosi a
6

324 c.p.c., 112 c.p.c. e 1067 cod. civ. e art. 2909 cod.

trovare

sui

luoghi

dopo

lo

smantellamento

della

pavimentazione oggetto dell’ordine originario di
ripristino. Infine, condividono la scelta del giudice
sull’interpretazione del titolo in ordine all’alternatívítà
del comando di rimozione di una porta rispetto a quello del

3. Ciò posto, va premesso che, essendo la sentenza
impugnata stata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla
fattispecie continua ad applicarsi, nonostante la sua
abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di
cui all’art. 58, comma quinto, della legge 18 giugno 2009,
n. 69) l’art. 366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la
rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass.
27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887;
Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079). Pertanto:
3.1. i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360
cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di inammissibilità,
da quesiti che devono compendiare: a) la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice
di merito; b) la sintetica indicazione della regola di
diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di
diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez.
Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio
2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8
novembre 2010, n. 22704); d) questioni pertinenti alla
ratio decidendi,

perché, in contrario, difetterebbero di

decisività (sulla necessità della pertinenza del quesito,
per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347;
7

suo arretramento a distanza consentita.

Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre
2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901);
3.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno
formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono
consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo

ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo,
chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n.
16002; Cass. Sez. Un., 1 ° ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30
dicembre 2009, ord. n. 27680);
3.3. infine, è consentita la contemporanea formulazione,
nel medesimo motivo, di doglianze di violazione di norme di
diritto e di vizio motivazionale, ma all’imprescindibile
condizione che ciascuna sia accompagnata dai rispettivi
quesiti e momenti di sintesi (per tutte: Cass. sez. un., 31
marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre 2011, n. 27649).
4. In via preliminare, va esaminata l’eccezione di
inammissibilità del ricorso per cassazione, come avanzata
dai controricorrenti: ed essa è infondata.
È pacifico che, con il provvedimento del giudice
dell’esecuzione oggi impugnato, questi abbia finito con il
dirimere una controversia insorta tra le parti in ordine
alla portata sostanziale del titolo esecutivo: se così è,
tale provvedimento – reso il 24.10.06 – ha assunto il
valore di una sentenza resa su di un’opposizione ad
8

del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente

esecuzione, come costantemente si esprime questa Suprema
Corte: e pertanto esso è soggetto al regime di impugnazione
proprio di tale tipologia di pronunce (sul punto specifico,
in termini e tra le ultime, v.: Cass. 15 luglio 2009, n.
16471; Cass. 18 luglio 2011, n. 15727; Cass. 9 marzo 2012,

Un tale provvedimento però, siccome reso nell’intervallo
tra il 1.3.06 ed il 4.7.09, non era suscettibile di
appello, ma – in forza del disposto dell’ultimo periodo
dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo introdotto dalla
L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 senza alcuna disciplina
transitoria – esclusivamente di ricorso per cassazione; e
neppure rilevando l’abrogazione della citata disposizione,
applicabile solo dal 4.7.09 (giurisprudenza costante; tra
le tante: Cass. 12 maggio 2011, n. 10451; Cass., ord. 30
aprile 2011, n. 9591; Cass., ord. 17 agosto 2011, n. 17325;
Cass., ord. 7 novembre 2012, n. 19273) e cioè ai
provvedimenti emanati dopo tale data.
In

conclusione,

il

provvedimento

del

giudice

dell’esecuzione per obblighi di fare o di non fare che
dirima in concreto una controversia insorta tra le parti,
assumendo la natura di una sentenza resa su di
un’opposizione ad esecuzione, è soggetto al regime di
impugnazione di questa e pertanto, se emesso nel periodo
tra il l marzo 2006 ed il 4 luglio 2009, non è suscettibile
di appello, ma esclusivamente di ricorso per cassazione (in
tali espressi termini: Cass. 6 dicembre 2011, n. 26204).
Pertanto, nella fattispecie correttamente le ricorrenti
hanno impugnato con ricorso per cassazione il provvedimento
9

n. 3722).

del giudice dell’esecuzione, qualificato come avente natura
sostanziale di sentenza.
5. Ciò posto, il primo motivo è fondato.
Non vi è certo questione sulla possibilità, per il
giudice dell’esecuzione di obblighi di fare, di risolvere

già vista, conseguenza che il relativo provvedimento
integra ad ogni effetto una sentenza su quelle.
E tuttavia il giudice dell’esecuzione per obblighi di
fare, una volta riconosciuta la persistenza di un obbligo
in dipendenza del titolo, quand’anche limitato rispetto
alla previsione originaria o finanche diverso da questa,
non può abdicare dalla sua funzione istituzionale di
concreta determinazione delle specifiche modalità di
esecuzione (nomina dell’ufficiale giudiziario ed eventuale
designazione delle persone destinate ad adíuvarlo) ed anzi
aggravare il creditore, già assistito dal titolo esecutivo,
dell’onere di porre in esecuzione un separato comando,
incongruamente impartito al debitore in aggiunta o
sostituzione di quello recato dal titolo esecutivo stesso.
In altre parole,

il creditore esecutante ai sensi

dell’art. 612 cod. proc. civ. ha diritto a conseguire dal
giudice dell’esecuzione un provvedimento ordinatorio idoneo
a dar corso alla coattiva realizzazione delle opere
ritenute conformi – o ancora conformi – al titolo esecutivo
già azionato, ma non a vedersi sostituito il titolo
originario con altro; l’eventuale limitazione delle opere
in dipendenza dell’interpretazione di quest’ultima varrà
allora a delimitare l’ambito delle operazioni materiali di
10

questioni o controversie in punto di diritto: con la sola,

esecuzione da ordinare concretamente.

Ed è erroneo,

pertanto, il provvedimento del giudice dell’esecuzione,
che, risolta una controversia sull’interpretazione del
titolo o sulla persistenza e sull’ambito dell’obbligo in
capo ai destinatari del comando da esso contenuto, tali

6. Il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi
congiuntamente per la loro connessione, sono invece
inammissibili, una volta precisato che alle lacune od
incompletezze del ricorso per cassazione non può sopperirsi
giammai con alcun atto successivo e nemmeno con la memoria
ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
6.1. Va premesso che, per giurisprudenza assolutamente
consolidata di questa Corte regolatrice, dalla quale non
v’è ragione di discostarsi, l’interpretazione del titolo
esecutivo da parte del giudice dell’esecuzione si risolve
in un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di
legittimità, se sorretto da motivazione esente da vizi
logici o giuridici (tra le altre: Cass. 11 giugno 2007, n.
1361; Cass. 14 gennaio 2011, n. 760).
Con particolare riguardo all’interpretazione del titolo
esecutivo consistente in una sentenza passata in giudicato
compiuta dal giudice dell’opposizione a precetto o
all’esecuzione, è stato anzi precisato che la sua natura di
apprezzamento fattuale non è incisa dai poteri di rilievo
officioso e di diretta interpretazione del giudicato
esterno da parte di questa Corte, atteso che, in sede di
esecuzione, la sentenza passata in giudicato, pur ponendosi
come giudicato esterno (in quanto decisione assunta fuori
11

operazioni esecutive coattive non disciplini e disponga.

dal processo esecutivo), non opera come decisione della
controversia, bensì come titolo esecutivo e, pertanto, al
pari degli altri titoli esecutivi, non va intesa come
momento terminale della funzione cognitiva del giudice,
bensì come presupposto in fatto dell’esecuzione, ossia come

stessa (tra le ultime: Cass. 23 agosto 2011, n. 17500;
Cass. 6 luglio 2010, n. 15852; Cass. 9 agosto 2007, n.
17482).
6.2.

Se

l’interpretazione

del

titolo

esecutivo

normalmente integra un giudizio di fatto, questo va
espresso in primo luogo sulla base del tenore letterale del
titolo giudiziale, valutato però alla stregua non solo del
dispositivo, ma pure della motivazione che lo sostiene,
complessivamente considerati (per tutte e solo tra le più
recenti, Cass. 20 luglio 2011, n. 15902): sicché è
necessaria la trascrizione integrale nel ricorso di tutti
gli atti al riguardo indispensabili e comunque dei loro
passaggi salienti, tra cui la sentenza stessa integrante il
titolo, nella parte in cui interpreta i petita e pronuncia
su di essi, nonché gli atti da cui le parti vorrebbero
ritrarre la delimitazione di

causa petendi

e comandi

contenuti nel dispositivo.
Infatti, poiché il provvedimento giudiziale su cui

si

fonda la tesi dell’esistenza di un giudicato esterno
rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso,
in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di
documento, la natura di una produzione documentale, il
requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione
12

condizione necessaria e sufficiente per procedere alla

indicato dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, concerne in
tutte le sue implicazioni anche una sentenza prodotta nel
giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di
ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza
di merito quanto all’esistenza, alla negazione o

(giurisprudenza consolidata; tra le ultime, v.: Cass., ord.
18 ottobre 2011, n. 21560; Cass. 29 maggio 2012, n. 8565;
Cass. 13 dicembre 2012, n. 22924).
6.3. Tanto non è però avvenuto nel caso di specie, visto
che si riporta il dispositivo della sentenza costituente
titolo esecutivo ed un riassunto assai sommario e
frammentario di una parte della sua motivazione, pertanto
del tutto inidoneo a dar conto delle ragioni che sorreggono
la condanna e a consentire la verifica della congruenza
rispetto ad esse dell’interpretazione del titolo data nel
qui gravato provvedimento.
Pertanto, non è stata posta in grado questa Corte di
legittimità, per la vista carenza del rícorso, di valutare
la portata del giudicato e la contestata correttezza
dell’interpretazione data dalla corte territoriale: ed i
relativi motivi sono inammissibili.
7. La fondatezza del primo motivo comporta la cassazione
del gravato provvedimento, nella parte in cui condanna i
debitori esecutati all’esecuzione di ulteriori opere,
anziché impartire le disposizioni indispensabili per la
coattiva realizzazione delle opere ritenute ancora
necessarie per adempiere l’obbligo oggetto del titolo
esecutivo. Il giudice del rinvio, che si identifica nel
13

all’interpretazione del suo valore di giudicato esterno

medesimo tribunale di Sassari (e rilevando semmai in sede
di assegnazione dell’affare all’atto della riassunzione
davanti all’unitario ufficio giudiziario l’eventuale
persistente sua ripartizione anche in sezioni distaccate),
in persona di diverso giudicante, provvederà pure alla

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara
inammissibili gli altri; cassa il gravato provvedimento per
quanto di ragione e rinvia al tribunale di Sassari, in
persona di diverso giudicante, anche per le spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 4 luglio 2013.

liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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