Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19876 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19876 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA

sul ricorso 26456-2007 proposto da:
ADDCONS S.R.L., in persona dell’amministratore unico
e legale rappresentante pro-tempore, Dott. FRANCESCO
GRATANI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI
ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato CAPELLI
2013

FAUSTO giusta delega in atti;
– ricorrente –

1557
contro

TESSITURE PIETRO RADICI S.P.A., in persona del suo
legale rappresentante pro tempore, dott. ENRICO

1

Data pubblicazione: 29/08/2013

BURIANI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA
CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOBBI
GOFFREDO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCHINA MARIO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 89/2007 del TRIBUNALE di
bergamo SEDE DISTACCATA DI CLUSONE, depositata il
12/07/2007 R.G.N. 10237/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato MARIO ARPINO;
udito l’Avvocato GOFFREDO GOBBI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

4

-

Svolgimento del processo

1. In forza di decreto ingiuntivo – provvisoriamente
esecutivo – del tribunale di Monza per C 166.278,90 nei
confronti della Tessiture Pietro Radici spa, la Addcons srl

infruttuosamente

azionato

il

titolo

con

due

notificandolo il 28.7.04 ed ivi eleggendo il domicilio in
Milano; ma l’intimata vi propose opposizione, con atto
notificato il successivo 2.8.04 nella cancelleria del
tribunale di Bergamo – sez. dist. di Clusone. Il 23.8.04 la
creditrice, alla stregua di tale ultimo precetto, notificò
atto di pignoramento presso terzi alla Tessiture Pietro
Radici spa ed alla sua debitrice Banca Intesa spa, dinanzi
al tribunale di Milano: ed a tale esecuzione si oppose,
dinanzi a quest’ultimo, l’esecutata.
Nell’opposizione a precetto dinanzi al giudice del
tribunale di Bergamo – avente ad oggetto la dichiarazione
di inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione
forzata, o, in subordine, la domanda di accertamento del
minor credito di parte intimante per il mancato pagamento
della tassa di registro e dei connessi oneri di
liquidazione

si costituì la precettante, protestando

dell’adito giudice l’incompetenza – dinanzi all’evidente
elezione di domicilio in Milano ed ai sensi del terzo comma
dell’art. 480 cod. proc. civ. – e sostenendo nel merito
l’infondatezza dell’opposizione.
Rigettata con ordinanza (del 20.6.05) l’eccezione di
incompetenza, l’opposizione fu poi accolta con sentenza n.
89 del 12.7.07, la quale

ritenuto che la notifica
3

espropriazioni presso terzi – intimò precetto all’ingiunta,

all’opponente di “vari precetti” aveva comportato la
moltiplicazione delle somme pretese nei confronti della
debitrice – dichiarò “inammissibile il precetto” e, per
l’effetto, “l’insussistenza del diritto di procedere
all’esecuzione forzata”, con condanna dell’opposta al

Per la cassazione di tale sentenza ricorre oggi,
affidandosi a dieci motivi, la Addcons srl; resiste con
controricorso l’intimata; e, per la pubblica udienza del
4.7.13, l’intimata deposita memoria ai sensi dell’art. 378
cod. proc. civ. (con la quale dà conto di tre diverse
pronunzie, già rese da questa Corte, in altrettante
controversie con la medesima controparte).
Motivi della decisione

2. La Addcons si duole, concludendo tutti i motivi con
molteplici quesiti o richieste di formulazione di principi
di diritto:
– col primo motivo, di violazione di norme sulla
competenza (“art. 360, col n. 2 c.p.c.”) e violazione e
falsa applicazione degli artt. 27 e 28 cod. proc. civ.
(“art. 360, col n. 3 c.p.c.”): in particolare, sostenendo
che l’opposizione, da qualificarsi come opposizione
all’esecuzione, andava trattata dal giudice davanti al
quale si svolgeva l’esecuzione, vale a dire il tribunale di
Milano;
– col secondo motivo, di violazione di norme sulla
competenza (“art. 360, col n. 2 c.p.c.”) e violazione e
falsa applicazione degli artt. 19, 26, 27 e 28 cod. proc.
civ. (“art. 360, col n. 3 c.p.c.”): in particolare,
4

pagamento delle spese di lite.

sostenendo la competenza del giudice del luogo ove si
svolgeva l’esecuzione, vale a dire, anche sotto questo
profilo, il tribunale di Milano;
– col terzo motivo, di violazione di norme sulla
competenza (“art. 360, col n. 2 c.p.c.”) e violazione e

360, col n. 3 c.p.c.”): sul punto proclamando la competenza
del giudice del luogo dell’elezione di domicilio operata
nel precetto, vale a dire di quello di Milano;
– col quarto motivo, di violazione di norme sulla
competenza (“art. 360, col n. 2 c.p.c.”) e violazione e
falsa applicazione degli artt. 26, 27, 28 e 480 cod. proc.
civ. (“art. 360, col n. 3 c.p.c.”), lamentando l’erroneità
della declaratoria della propria competenza da parte del
giudice della sezione distaccata di Clusone del tribunale
di Bergamo;
– col quinto motivo, di violazione e falsa applicazione
dell’art. 39, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.:
censurando l’omessa pronuncia sull’eccezione, svolta in
sede di precisazione delle conclusioni, di continenza con
l’opposizione all’esecuzione intrapresa in forza del
precetto oggetto dell’opposizione per cui è causa;
– col sesto motivo, di violazione e falsa applicazione
degli artt. 480 e 483 cod. proc. civ. (“art. 360, col n. 3
c.p.c.”): contestando la declaratoria di illegittimità
della reiterazione dei precetti;
– col settimo motivo, di violazione e falsa applicazione
dell’art. 617 cod. proc. civ., negando la correttezza della
dichiarazione di inammissibilità di un precetto invece
5

falsa applicazione dell’art. 480 cod. proc. civ. (“art.

formalmente valido ed in virtù della precedente notifica di
altri precetti;

con

l’ottavo motivo,

di

vizio motivazionale

sull’oggetto della procedura esecutiva, relativo non a beni
mobili, ma a crediti;

provata sussistenza di separata procedura di espropriazione
presso terzi dinanzi al tribunale di Milano;
– col decimo motivo, di violazione di norme di diritto,
indicate nel d.m.

127/04,

sostanzialmente lamentando

l’eccessività della liquidazione delle spese oggetto della
condanna contenuta nella gravata sentenza.
Dal canto suo, la controricorrente:

eccepisce l’inammissibilità del ricorso: in primo

luogo, per la mancata specifica indicazione degli atti
processuali e dei documenti sui quali il ricorso è fondata;
in secondo luogo, per la mancanza di chiari ed unitari
quesiti di diritto per i motivi diversi da quelli di vizio
motivazionale;

in terzo luogo,

per l’omessa chiara

indicazione degli elementi di quest’ultimo;
– nel merito: del primo, secondo, quarto, ottavo e nono
motivo essa deduce l’infondatezza, per la mancanza di prova
– incombente sul creditore – che, al momento del precetto,
vi fossero in Milano beni di pertinenza del debitore da
sottoporre ad esecuzione forzata; nega la fondatezza del
terzo motivo, per avere comunque la Addcons potuto
dispiegare ogni utile difesa nel giudizio instaurato
dinanzi al giudice della sez. dist. di Clusone, così
restando irrilevante qualunque eventuale – ma pure
6

– con il nono motivo, di vizio motivazionale sulla

recisamente negata – nullità della notifica del relativo
atto introduttivo nella cancelleria di quest’ultimo;
contesta il quinto motivo, protestando la tardività
dell’eccezione di continenza e delle prove a quest’ultima
relative, nonché l’inoperatività dell’invocato istituto

e dell’ottavo motivo argomenta per l’infondatezza,
ritenendo illegittima la riproposizione di precetti per lo
stesso titolo una volta intraprese procedure esecutive per
il suo soddisfacimento;
– infine, deduce l’incompletezza delle contestazioni
alla liquidazione delle spese, anche in relazione al valore
della controversia.
3. Ciò posto, va premesso che, essendo la sentenza
impugnata stata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla
fattispecie continua ad applicarsi, nonostante la sua
abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di
cui all’art. 58, comma quinto, della legge 18 giugno 2009,
n. 69) l’art. 366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la
rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass.
27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887;
Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079).
Pertanto, i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art.
360 cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di
inammissibilità, da quesiti che devono compendiare: a) la
riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti
al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della
regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa
regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe
7

dinanzi a due competenze entrambe inderogabili; del settimo

dovuta applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass.
Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17
luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass.,
ord. 8 novembre 2010, n. 22704); d) questioni pertinenti
alla ratio decidendi,

perché, in contrario, difetterebbero

v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord.
19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n.
19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901).
I precedenti di questa Corte richiamati dalla
controricorrente sono stati decisi tutti, sostanzialmente,
in punto di rito, anche in relazione alle modalità di
redazione dei quesiti: sicché non possono formare utile od
immediato punto di riferimento per la soluzione della
controversia introdotta dal ricorso oggi in esame, il quale
va invece sottoposto ad autonoma vaglio.
4. Vanno così affrontate le doglianze relative alla
mancata notifica dell’atto introduttivo dell’opposizione a
precetto per cui è causa davanti al giudice del luogo
dell’elezione di domicilio operata dal precettante in
precetto, in asserita violazione dell’art. 480, comma
terzo, cod. proc. civ.: le quali si riconducono ai motivi
primo, secondo, terzo, quarto, ottavo e nono, che possono
così essere unitariamente considerati.
4.1. È ben vero che l’interpretazione costituzionalmente
orientata dell’art. 480, terzo comma, cod. proc. civ.
come individuata dalla Corte cost. nella sentenza n. 480
del 2005 – richiede che l’opposizione a precetto debba
essere notificata dal debitore presso la residenza
8

di decisività (sulla necessità della pertinenza, per tutte,

dichiarata o il domicilio eletto dal creditore, e solo in
mancanza di tali indicazioni possa essere notificata nel
luogo in cui il precetto sia stato notificato, presso la
cancelleria del giudice competente per l’esecuzione (da
ultimo: Cass. 20 luglio 2011, n. 15901).

l’esecuzione

forzata

sono

attribuiti

una

facoltà,

consistente nel dichiarare la propria residenza o
nell’eleggere domicilio, ma, nel contempo, pure l’onere di
scegliere come tale uno tra i possibili luoghi
dell’esecuzione: pertanto, se la parte istante elegge
domicilio in un Comune in cui il debitore della prestazione
pecuniaria da realizzarsi coattivamente non possiede beni,
od in cui non risiede un terzo

debitor debitoris,

l’elezione di domicilio resta priva di effetti ed il
debitore può proporre l’opposizione a precetto davanti al
giudice del luogo nel quale gli è stato notificato il
precetto stesso, essendo onere del creditore dimostrare,
nel relativo giudizio, che nel Comune nel quale egli ha
eletto domicilio sarebbe stato possibile sottoporre a
pignoramento beni o crediti del debitore (Cass. 11 aprile
2008, n. 9670; Cass., ord. 14 giugno 2002, n. 8588).
4.3. Ora:
4.3.2. da un lato, il ricorrente che, in sede di
legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla
valutazione di un documento o di risultanze probatorie o
processuali, ha l’onere di indicare specificamente il ‘
contenuto del documento trascurato od erroneamente
interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla sua
9

4.2. E però, alla parte che intende promuovere

trascrizione, onde consentire al giudice di legittimità il
controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi,
delle prove stesse, che la S.C. deve essere in grado di
compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto,
alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini

affermato ai sensi dell’art. 360-bis, comma 1, cod. proc.
civ.: Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915);
4.3.3. dall’altro lato, il ricorrente che proponga in
sede di legittimità una determinata questione giuridica, la
quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine
di evitare una statuizione di inammissibilità per novità
della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione
della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di
indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia
fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la
veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel
merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non
esaminata dal giudice del merito: Cass. 2 aprile 2004, n.
6542; Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; Cass. 12 luglio 2005,
n. 14599; Cass. 11 gennaio 2006, n. 230; Cass. 20 ottobre
2006, n. 22540; Cass. 27 maggio 2010, n. 12992; Cass. 25
maggio 2011, n. 11471; Cass. 11 maggio 2012, n. 7295; Cass.
5 giugno 2012, n. 8992; Cass. 22 gennaio 2013, n. 1435).
4.4. Eppure, la ricorrente omette, in violazione del
disposto del n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., di
trascrivere integralmente in ricorso il tenore delle prove
a sostegno dell’esistenza di beni o crediti dell’intimata
in Milano – non essendo sufficiente il richiamo alla sede
10

integrative o con alcun altro atto successivo (principio

processuale di produzione o la sommaria indicazione del
contenuto – e di quegli atti da cui desumere oltretutto
l’osservanza, nella produzione di tali prove, dei termini
di preclusione istruttoria nel giudizio di opposizione a
precetto.

ritualmente adempiuto la ricorrente, i relativi motivi,
prima ancora del vaglio di conformità dei quesiti o dei
momenti di sintesi alla rigorosa giurisprudenza formatasi
in tema di interpretazione dell’art. 366-bis cod. proc.
civ. (conformità dubbia, in relazione all’articolazione dei
quesiti su più proposizioni, nel complesso prive di tutte
le indicazioni riassunte sub 3), sono inammissibili e, con
essi, la relativa doglianza.
5. Va, poi, disattesa la doglianza di omessa pronuncia
sulla continenza, di cui al quinto motivo di ricorso.
5.1. In via assolutamente preliminare ed in punto di
rito, anche a prescindere della verifica della conformità
(assai dubbia) dei quesiti alla rigorosa giurisprudenza di
cui sub 3, non vi è rituale allegazione e prova – ai sensi
della giurisprudenza richiamata sopra al punto 4.3.2 – che
una tale doglianza sia stata resa oggetto di una tempestiva
eccezione, in tempo anteriore alla maturazione delle
relative preclusioni, tale da attivare l’obbligo del
giudice di pronunciarvisi espressamente.
5.2. Comunque, per giurisprudenza ormai consolidata di
questo Supremo Collegio, è legittimo e doveroso, in caso

sia effettivamente mancata la pronuncia invocata, esaminare
la doglianza prospettata come pretermessa, ove essa possa
11

Poiché agli oneri di cui al capo precedente non ha

poi essere qualificata infondata (tra le più recenti: Cass.
l febbraio 2010, n. 2313; Cass. 3 maggio 2011, n. 9695;
Cass. 25 novembre 2011, n. 24914; Cass., ord. 11 aprile
2012, n. 5729; Cass. 14 giugno 2012, n. 9735; Cass., ord.
30 gennaio 2013, n. 2240).

– in primo luogo, non vi è prova del contenuto degli
atti

introduttivi

della

successiva opposizione,

non

trascritti integralmente in ricorso, da cui desumere la
causa petendi

ed i petita

di quest’ultima e confrontarli

con quelli della causa oggi in esame;

in secondo luogo, la contemporanea pendenza di

un’opposizione a precetto e di un’opposizione avverso
l’esecuzione su quello fondata, quand’anche vi fosse la
prova dell’identità dei motivi, non darebbe luogo ad
un’ipotesi di continenza, ma di litispendenza (Cass., ord.
20 luglio 2010, n. 17037; Cass. 24 ottobre 1986, n. 6235),
tanto che sarebbe la successiva e non la precedente a dover
essere cancellata dal ruolo;
– in terzo luogo, l’istituto della continenza neppure
opererebbe,

ove

sussistesse

competenza

territoriale

inderogabile del giudice che dovrebbe spogliarsi della
causa contenuta (Cass. 15 ottobre 1990, n. 10083), come
appunto nella fattispecie.
6. Devono ora trattarsi il sesto ed il settimo motivo,
relativi alla questione centrale della legittimità della
reiterazione del precetto.

6.1. Di essi è inammissibile il settimo, perché
assistito da quesiti non in linea con la rigorosa
12

Ed al riguardo:

giurisprudenza ricordata sopra al paragrafo 3: essi sono,
da una parte, vaghi circa l’individuazione della regola
malamente applicata nel caso concreto e, dall’altra,
tendono a chiedere un diretto esame del caso concreto, in
rapporto al ben determinato precetto per cui è causa.

per quanto di ragione.
Deve infatti ribadirsi che la rinnovazione del precetto
configura senza dubbio un’attività legittima (quand’anche
possa effettivamente comportare la revoca del precedente:
Cass. 5 gennaio 1966, n. 114; Cass. 9 giugno 1981, n. 3736;
Cass. 10 marzo 1990, n. 1985; Cass. 9 maggio 2006, n.
10613; Cass. 7 agosto 2012, n. 14189), purché non comporti
un ingiustificato incremento delle spese precettate, con la
richiesta di quelle dei precedenti, se non altro quando non
altrimenti giustificabili. E tanto non costituisce affatto,
a differenza del frazionato azionamento di un credito
unitario (Cass. 9 aprile 2013, n. 8576), abuso del diritto
di agire esecutivamente, proprio perché al creditore spetta
il diritto di proseguire il processo esecutivo fintantoché
il debitore esecutato non abbia pagato per intero l’importo
dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base
dell’esecuzione (per limitarsi alle più recenti: Cass. 14
novembre 2011, n. 23745; Cass. 27 novembre 2012, n. 21008).
6.3. Invero (come testualmente si esprime, da ultimo,
Cass. 23 ottobre 2012, n. 18161):

è giurisprudenza costante di questo giudice di

legittimità, cui va assicurata continuità, che la pendenza
del procedimento esecutivo non preclude né rende inutile la
13

6.2. Il sesto motivo, invece, è fondato, sia pure solo

reiterazione dell’atto processuale che vi dà inizio, al
fine di porre al riparo la concreta attuazione della
pretesa esecutiva dai possibili insuccessi conseguenti ad
eventuali vizi di precedenti atti: pertanto, il creditore
può validamente notificare al debitore il precetto per

egli abbia già promosso azione esecutiva ancora pendente
nel momento della notifica del successivo precetto (Cass. 2
marzo 2007, n. 4963; Cass. 22 luglio 1991, n. 8164);
– nella medesima prospettiva è stato del resto
reiteratamente affermato: a) che il creditore, in forza di
uno stesso titolo esecutivo, può procedere a più
pignoramenti del medesimo bene in tempi successivi, senza
dover attendere che il processo di espropriazione aperto
dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto
di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la
piena soddisfazione del credito portato dal titolo
esecutivo: b) che in tal caso non si ha una situazione di
litispendenza nel senso previsto dall’art. 39 cod. proc.
civ., la cui applicazione postula la pendenza di più cause,
aventi in comune le parti, la

causa petendi e il petitum,

incardinate dinanzi a distinte autorità giudiziarie e non
davanti allo stesso giudice; c) che alla pluralità di
procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione
ex art. 493 cod. proc. civ., senza che ciò comporti un
pregiudizio per il debitore, poiché, in presenza di un
pignoramento reiterato senza necessità, il giudice

dell’esecuzione, applicando l’art. 92 cod. proc. civ., può
escludere come superflue le spese a tal fine sostenute dal
14

l’esecuzione di un titolo esecutivo sulla base del quale

creditore procedente e il debitore può proporre opposizione
contro una liquidazione delle spese che si estenda al
secondo pignoramento (Cass. 18 settembre 2008, n. 23847;
Cass. 16 maggio 2006, n. 11360).
Ed a tanto si aggiunga l’ulteriore circostanza che la

non comporta mai un vizio di quest’ultimo e tanto meno
nella sua interezza, ma soltanto la rideterminazione del

quantum

per il quale sono stati legittimi l’avvio e la

prosecuzione del processo esecutivo (per tutte e tra le più
recenti: Cass. 26 luglio 2012, n. 13205; Cass. 3 maggio
2011, n. 9698; Cass. 17 novembre 2009, n. 24215; Cass. 13
novembre 2009, n. 24047; Cass. 18 febbraio 2008, n. 4022;
Cass. 20 maggio 2003, n. 7886).
6.4. In sostanza,

libero è il creditore, fino al

pagamento integrale del credito, di intimare tanti precetti
quanti reputi necessari (e solo,

per quanto visto,

per

l’importo complessivo del credito, non potendo egli
frazionarne l’esecuzione), purché non chieda, in quelli
successivi, le spese (ed i compensi e gli accessori) per i
precetti precedenti; ove invece, col precetto successivo o
reiterato, intimasse anche il pagamento delle spese dei
precetti precedenti, l’ultimo sarebbe sì illegittimo, ma
solo ed esclusivamente quanto a queste ultime, sicché non
potrebbe essere dichiarato invalido nella sua interezza.

Erra, pertanto, la gravata sentenza nell’escludere la
legittimità – e per di più sotto il (del tutto incongruo)
profilo dell’ammissibilità del precetto intimato
successivamente,

per

il

solo

fatto

dell’avvenuta

15

non spettanza dell’intero credito azionato con il precetto

intimazione di precetti in tempo anteriore, o finanche
dell’avvio di procedure esecutive, ma senza verificare se
il credito,

recato dal titolo esecutivo,

sia stato

completamente estinto e, comunque, dichiarando
l’illegittimità del precetto successivo per l’intero, ove

ne era oggetto, corrispondente alle spese dei precetti
precedenti.
6.5. Ed è appena il caso di precisare che, mancando la
trascrizione – nel ricorso per cassazione – dei contenuti
del precetto opposto e di quelli precedenti, questa Corte
Suprema è posta nell’impossibilità – essendo ad essa, come
noto, precluso l’esame diretto degli atti, se non altro per
la tipologia del vizio prospettato – di procedere alla
verifica del rispetto, nel caso concreto, di tale
principio, oltretutto corrispondente sì a quello di cui la
ricorrente invoca l’affermazione nel suo motivo, ma con una
significativa limitazione condizionante (la non
reiterazione delle spese) ed una conseguenza meno ampia (la
declaratoria di nullità solo quanto alle somme eccedenti).
Non vi è altra scelta, allo stato degli atti ed in
rapporto alla configurazione delle doglianze nel ricorso,
che cassare la gravata sentenza, affinché il giudice del
rinvio (solo dotato del potere di riesaminare il materiale
probatorio già ritualmente acquisito nei gradi precedenti)
verifichi, in applicazione del principio di cui sub 6.4, se
il precetto opposto contemplasse o meno anche le spese dei
precedenti e, solo in caso di risposta positiva, ricalcoli
la somma dovuta escludendo tali spese, giammai comunque
16

fosse risultata non dovuta una sola parte della somma che

pronunciando la declaratoria di invalidità per l’intero del
precetto in caso di non spettanza di solo una parte della
somma precettata.
Una tale cassazione comporta l’assorbimento dell’ultimo
motivo, in ordine alle spese di lite, la quale presuppone

la qui disposta cassazione, più non sussiste).
Il rinvio va disposto al medesimo tribunale di Bergamo
(e rilevando semmai in sede di assegnazione dell’affare
all’atto della riassunzione davanti ad un tale unitario
ufficio giudiziario l’eventuale persistente sua
ripartizione anche in sezioni distaccate), ma in persona di
diverso giudicante: il quale provvederà anche a regolare,
in rapporto all’esito finale della lite, il carico
complessivo delle spese di lite, ivi comprese quelle del
presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.

La Corte accoglie il sesto motivo, assorbito il decimo e
dichiarati inammissibili gli altri; cassa, in relazione
alla sola censura accolta, la gravata sentenza e rinvia al
tribunale di Bergamo, in persona di diverso giudicante,
anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 4 luglio 2013.

una soccombenza dell’opposta (che del resto, già solo per

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