Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19876 del 26/07/2018


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Civile Ord. Sez. U Num. 19876 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

ORDINANZA
sul ricorso 11992-2017 proposto da:
FEUDATARI ALFREDO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato CESARE
PERSICHELLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
SERGIO LAZZARINI, MARIALUANA ERCOLANI e LUIGI PAOLO
COMOGLIO;
– ricorrente contro
AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 26/07/2018

per revocazione della sentenza n. 22647/2016 della CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE, depositata 1’8/11/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/06/2018 dal Consigliere DOMENICO CHINDEMI.
Rilevato che

Comune di Salò, edificata a confine con la ripa lacuale di Garda,
nell’anno 2011 chiedeva al TRAP di Milano di delimitare i luoghi, nei
confronti dell’Agenzia del Demanio, individuando l’isoipsa di mt.65,05
quale limite dell’alveo, determinativa dell’ambito della zona demaniale
rispetto alla proprietà antistante e, quindi, di accertare che il muro
spondale, siccome arretrato a mt. 1 e a mt. 2,10 rispetto alla
predetta isoipsa e impostato a quote 65,23 e 65,43, insisteva su
proprietà privata,sebbene il mappale 3502 del fl. 35 risultasse
intestato al Demanio.
Il TRAP di Milano, con sentenza del 13.07.2012, rigettava la
domanda, ritenendo che la tesi del ricorrente, secondo cui il demanio
lacuale comprenderebbe solo l’alveo del bacino sommergibile delle
piene ordinarie, non potesse essere accolta, in quanto al demanio
appartiene anche la spiaggia; rilevava che l’atto di acquisto del 1923
non poteva inglobare l’area destinata a spiaggia, tanto che ancora nel
1936, il mappale 3502 risultava intestato allo Stato; in ogni caso
l’abbassamento dell’isoipsa avrebbe comportato solo l’abbassamento
della quota di livello della superficie dell’invaso, ma non la perdita
della demanialità della spiaggia retrostante in adiacenza alla proprietà
del ricorrente; e, del resto, non a caso, il ricorrente nel 1976 aveva
inoltrato istanza per concessione di mantenimento di una terrazza a
lago a servizio dell’albergo.
La decisione, gravata da impugnazione del Feudatari, che contestava
l’esistenza di una spiaggia, è stata confermata dal TSAP con sentenza
n. 108 in data 31.05.2014.

Ric. 2017 n. 11992 sez. SU – ud. 19-06-2018

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1. Alfredo Feudatari, proprietario di una struttura recettizia nel

Il TSAP – nell’affermare l’infondatezza delle censure del Feudatari che si compendiavano nell’inesistenza della spiaggia, asseritamente
apoditticamente ritenuta dal TRAP, sul rilievo che la decisione violava
il principio secondo cui le aree, fuori dell’alveo, se non destinate ad
assolvere fini pubblici, sono private e in base all’ulteriore

all’imbarco, sbarco e pesca – ha evidenziato che la ratio decidendi non
era rappresentata dall’idoneità attuale all’uso come spiaggia della
zona in cui il ricorrente ha costruito i manufatti di pertinenza
dell’hotel Splendid, bensì dalla sua originaria appartenenza a detto
alveo, essendo al di sotto della quota di mt. 65,59 e, perciò, esclusa
dalla possibilità di acquisto privato, occorrendo ai fini della
sdennanializzazione un comportamento positivo della P.A.. Per
incidens il TSAP ha evidenziato che l’epoca della costruzione dei
manufatti sul mappale 3502 neppure era stata indicata, sì che non
poteva nemmeno escludersi che alla fattispecie fosse applicabile l’art.
947 cod. civ., nella formulazione introdotta con L. n. 36 del 1994 che
esclude la sdemanializzazione di fatto del demanio idrico.
Alfredo Feudatari proponeva ricorso per cassazione, rigettato dalla
S.C. con sentenza n. 22647 in data 8.11.2016; in particolare la Corte
ha escluso che il TSAP abbia indicato «una (infondatamente
supposta) ratio alternativa» dell’area in contestazione, rilevando che
la decisione impugnata si muove sulla stessa “lunghezza d’onda” della
motivazione del primo giudice e, nel rilevare l’inconferenza delle
deduzioni dell’appellante in ordine all’idoneità attuale all’uso come
spiaggia del terreno in contestazione, ha inteso recepirne appieno le
considerazioni vuoi in ordine all’appartenenza al demanio lacuale
(anche) della spiaggia, vuoi in ordine alla non ipotizzabilità di una
sdemanializzazione di fatto (a prescindere dalla possibile applicabilità
dell’art. 947 cod. civ., nella versione introdotta dalla L. n. 36 del

Ric. 2017 n. 11992 sez. SU – ud. 19-06-2018

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considerazione in fatto che la zona in questione era inidonea

1994), quali che siano le attuali potenzialità d’uso del medesimo
terreno.
L’esistenza della spiaggia nella predetta località è stata affermata
non dalla Corte di cassazione ma dal TRAP , essendosi limitata la
sentenza della corte ad affermare che la decisione impugnata risulta

secondo cui il demanio lacuale, analogamente al demanio marittimo,
comprende non solo l’alveo, cioè l’estensione che viene coperta dal
bacino idrico con le piene ordinarie, ma anche la spiaggia, cioè il
tratto di terra contiguo all’alveo e necessario per i pubblici usi del
lago, quali il trasporto di persone e cose da una sponda all’altra, il
diporto, l’esercizio della pesca.
Alfrado Feudatari propone ricorso per revocazione lamentando un
errore di fatto della S.C. nella comprensione della motivazione
sviluppata dal giudice di appello non potendo il TSAP, con la propria
motivazione, riferita esclusivamente all’asserita “originaria
appartenenza del terreno all’alveo del lago” avere “recepito appieno
la motivazione del TRAP, incentrata esclusivamente sul differente ed
incompatibile elemento rappresentato dalla spiaggia e
dell’apoditticamente ritenuta appartenenza del terreno alla spiaggia e
non già all’alveo:
Osserva che la motivazione del TSAP manifesta l’alternativa
motivazionale rispetto a quella del TRAP, assumendo che il relativo
motivo non è stato in alcun modo esaminato proprio perchè assorbito
dalla motivazione alternativa.
Ritenuto che
L’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione,
proponibile ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ., implica, ai fini della
sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395, primo
comma, n. 4, cod. proc. civ. e che consiste in un errore di percezione,
o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre

Ric. 2017 n. 11992 sez. SU – ud. 19-06-2018

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conforme al principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte,

l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in
modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai
documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito
oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato
(Cass. Sez. L, 29/10/2010 n. 22171). Pertanto, non è configurabile

causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale
pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali
compiuto, come nel caso di specie, dal giudice

(Cass. Sez.

1,

15/12/2011 n. 27094) che ha rilevato come il TSAP, lungi dal recepire
la tesi del ricorrente circa l’inesistenza della spiaggia, si è limitato ad
una sintesi dei motivi di appello “di tal che la presunta
“configurazione diacronica” del lago di Garda risulta estranea
all’impianto motivazionale della decisione”.
Il ricorrente deduce, quale errore revocatorio, l’errato apprezzamento
della Corte di un motivo di ricorso, qualificando quale errore di
percezione degli atti di causa un asserito errore di valutazione sui
motivi di ricorso e sulle doglianze svolte con il ricorso. Al riguardo, va
osservato che una sentenza della Corte di cassazione non può essere
impugnata per revocazione in base all’assunto che abbia male
compreso i motivi di ricorso, perché un vizio di questo tipo
costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto_ai sensi
dell’art. 395, comma primo, numero 4, cod. proc. civ. (Cass.
9/12/2013, n. 27451; Cass. Sez. 6 – 3, Ord.15/06/2012 , n. 9835;
Cass. Sez.

2,

Ord.

12/05/2011, n. 10466).Deve, comunque,

escludersi che la Corte sia incorsa in un errore meramente percettivo,
risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il
giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla
supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente
acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece
esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione

Ric. 2017 n. 11992 sez. SU – ud. 19-06-2018

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l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di

della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata
valutazione di fatti esattamente rappresentati. (Cass. Sez. 6 – L, Ord.
/ 12/12/2012 n. 22868). Ne consegue che non risulta viziata da
errore revocatorio la sentenza della Corte di cassazione nella quale il
collegio abbia rigettato il ricorso per motivi attinenti al merito delle

all’appartenenza al demanio lacuale anche della spiaggia (la cui
esistenza era già stata individuata nella sentenza impugnata con
ricorso per Cassazione) e alla non ipotizzabilità di una
sdemanializzazione di fatto vertendosi, in tali casi, su pretesi (ma
non sussistenti) errori di giudizio della Corte, con conseguente
inammissibilità del ricorso per revocazione.
Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono il principio della soccombenza e si liquidano come
da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che si liquidano in C 3.000, oltre alle eventuali spese
prenotate a debito
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 si dà
atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto
per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’art. 13 cit.
Così deciso nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili il 19
giugno 2018

questioni ed a valutazioni di diritto, e segnatamente in ordine

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