Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19874 del 23/07/2019
Cassazione civile sez. I, 23/07/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 23/07/2019), n.19874
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 20731/2018 r.g. proposto da:
K.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta
procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Lia
Minacapilli, presso il cui indirizzo di posta certificata ha eletto
domicilio;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale rappresentante pro
tempore il Ministro;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Catania, depositato in data
23.4.2018;
udita la relazione svolta in Camera di consiglio del 2/7/2019 dal
Consigliere Dott. Roberto Amatore.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Catania – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da K.M., cittadino del Mali – ha confermato il provvedimento di diniego già emesso dalla commissione territoriale, respingendo, pertanto, tutte le domande così avanzate.
Il tribunale ha ritenuto che la vicenda allegata dal ricorrente come ragione della decisione di espatriare dal suo paese di origine (e cioè una contesa patrimoniale per i terreni del padre, contesa per la quale si era innescata una faida con l’etnia avversa) non potesse essere ricondotta nel paradigma normativo e protettivo previsto per lo status di rifugiato e che, comunque, non erano sussistenti neanche le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria giacchè il Mali è interessato da fenomeni di violenza solo in alcune limitate regioni, tra le quali non è compresa la regione di provenienza del richiedente, e cioè il Kayes. Il tribunale ha, inoltre, ritenuto insussistenti anche i presupposti per riconoscere la protezione umanitaria, in assenza di una condizione di vulnerabilità personale del ricorrente.
2. Il provvedimento, pubblicato il 23.4.2018, è stato impugnato da K.M. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5. Osserva il ricorrente che il giudice del merito non aveva applicato i principi sull’onere della prova attenuata che regolano la materia in esame e che pertanto non ha considerato in modo adeguato la realtà degli scontri e degli attacchi terroristici ricorrenti nella regione di provenienza del richiedente, nonostante la documentazione versata in atti. Osserva ancora che esiste un pericolo grave per la incolumità del richiedente la protezione allorquando la violenza indiscriminata sia tollerata dalle autorità statali ed anche nelle ipotesi in cui tale violenza provenga da soggetti privati.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,lett. c. Osserva il ricorrente che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, è irrilevante la motivazione soggettiva posta alla base della decisione del richiedente di espatriare, dovendosi invece approfondire le condizioni oggettive di pericolosità del paese di provenienza.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in relazione al diniego della reclamata protezione internazionale. Osserva il ricorrente che il giudice del merito non aveva considerato le condizioni del Mali ed il grave pericolo di lesione di diritti fondamentali, quali il diritto alla salute e quello all’alimentazione.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1 Già il primo motivo è inammissibile.
Si veicola, attraverso il vizio formale di violazione di legge, una irricevibile richiesta di rivalutazione nel merito della condizione di pericolosità interna del Mali laddove il tribunale ha invece speso una motivazione adeguata, chiarendo – anche tramite la consultazione di qualificate fonti di informazione internazionale – che solo alcune regioni dello stato sono interessate da fenomeni di terrorismo interno, e non già quella di provenienza del richiedente (il Kayes).
3.2 Il secondo motivo incorre nella medesima sanzione di inammissibilità formulata per il primo motivo, stante la irricevibile richiesta di rivalutazioni delle condizioni oggettive di pericolosità interna dello stato di provenienza del richiedente, valutazione quest’ultima che compete in via esclusiva ai giudici del merito.
3.3 Il terzo motivo è invece inammissibile in ragione della sua evidente genericità.
La censura si compone di una estesa elencazione di principi normativi e giurisprudenziali regolanti la materia della protezione umanitaria, senza alcuna allegazione concreta di quali siano i profili personali di vulnerabilità, eventualmente già dedotti nella precedente fase di merito, che non siano stati adeguatamente valutati nella motivazione impugnata.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019