Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19872 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 17/07/2017, dep.09/08/2017),  n. 19872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. IZZO Fausto – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 230/2011 R.G. proposto da:

B.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Arnaldo Milanesi e

dall’Avv. Massimo Picchioni, con domicilio eletto presso

quest’ultimo, in Roma, via Ruffini n. 2/A, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata e Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 139/8/09, depositata il 10 novembre 2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 luglio

2017 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe;

Letta la memoria depositata dall’Avv. Arnaldo Milanesi per il

ricorrente.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

– B.A. impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, confermando la decisione di primo grado, aveva ritenuto fondata la pretesa erariale per Iva, Irpef ed Irap per l’anno 2003 e legittima la determinazione induttiva dei ricavi sulla base di studio di settore assumendo con quattro motivi:

– (a) violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3 e art. 2697 c.c. “e conseguente vizio di motivazione” in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa e insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento;

– (b) violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, art. 39, comma 1, lett. d, L. n. 427 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies, sotto il profilo del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso in ordine al medesimo profilo;

– (c) violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle eccezioni sollevate con l’atto di appello;

– (d) violazione della L. n. 427 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, art. 39, comma 1, lett. d, “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine al rigetto delle eccezioni sollevate con l’atto di appello.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

– il primo motivo è inammissibile atteso il cumulo dei profili dedotti, tanto più rilevante nella specie poichè le diverse prospettazioni – il vizio di falsa applicazione della legge (che si risolve in un giudizio sul fatto contemplato dalle norme di diritto positivo applicabili al caso specifico) e il vizio per insufficienza e incongruità della motivazione (che comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante) – sono in stretto rapporto di correlazione nello svolgimento del motivo, contestandosi al contempo, l’erronea applicazione delle norme e il ragionamento operato dalla CTR;

– la doglianza, inoltre, è carente in punto di autosufficienza avendo la CTR precisato che “non è stata contestata esplicitamente la delega del Capo Ufficio Controllo firmatario dell’avviso di accertamento” mentre il ricorrente non ha riprodotto l’eventuale asserita censura, nè, comunque, risulta contestato (e riprodotta la relativa eventuale deduzione) l’avvenuto conferimento dei poteri e delle funzioni di direttore regionale nonostante l’esplicita indicazione degli estremi dell’atto;

– il secondo motivo è fondato per entrambi i profili lamentati;

– costituisce ormai ius receptum il principio secondo il quale “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito” (Sez. U, n. 26635 del 2009; da ultimo v. Cass. n. 9484 del 2017);

– nella specie, la CTR, pur dichiaratamente muovendo da tale principio, omette di illustrare (così incorrendo nel denunciato vizio di motivazione) il percorso logico posto a fondamento dell’espresso convincimento dell’adeguatezza della motivazione dell’atto impositivo, limitandosi ad affermare, in termini del tutto astratti, che “la motivazione sia rinvenibile effettivamente nel procedimento di approvazione dei singoli studi in quanto i criteri che portano all’adozione delle presunzioni e, successivamente, alla stima di costi e ricavi, sono stati individuati dopo una specifica attività di analisi, anche inviando i questionari all’odierno appellante” e, al contempo, omettendo di esprimere alcuna compiuta valutazione circa i rilievi proposti dal contribuente sulla concreta applicabilità dello standard prescelto e sull’idoneità dello studio di settore prescelto a rappresentare la sua attività, che nulla aveva a che fare con il settore edilizio (specificamente indicati in ricorso in osservanza dell’onere di autosufficienza), la prova della cui applicabilità in concreto, del resto, incombe sull’ente impositore;

– la CTR, inoltre, limitandosi a esprimere un giudizio – peraltro meramente assertivo e apodittico – di adeguatezza della motivazione dell’atto impositivo in relazione alle osservazioni offerte dalla parte, omette a sua volta di operare alcuna specifica valutazione della fondatezza e conducenza delle stesse, così venendo meno a un compito che le deriva sia in generale dall’essere il giudice tributario il giudice del rapporto, sia dallo stesso principio sopra richiamato, valutazione da cui non può, dunque, esimersi, incorrendo, altrimenti, anche nella denunciata violazione di legge;

– il terzo motivo è infondato avendo la CTR, sia pure in termini succinti, motivato, rigettando esplicitamente tutte le eccezioni proposte dal contribuente;

– il quarto motivo è pure inammissibile atteso, da un lato, il cumulo delle doglianze (vizi di legge e motivazionali), e, dall’altro, avendo ad oggetto la censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione rivolta un eventuale error in procedendo, eventualmente riconducibile alla violazione dell’art. 132 c.p.c., non potendosi identificare il fatto controverso nel “rigetto delle eccezioni sollevate con l’atto di appello” e, dunque, nell’insufficiente disamina in diritto (e non in fatto) delle doglianze;

– in relazione al motivo accolto, pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR competente in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di legittimità.

PQM

 

La Corte in accoglimento del secondo motivo, dichiarato inammissibile il primo e il quarto, infondato il terzo, cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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