Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19871 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19871 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 28666-2007 proposto da:
FATIGATI ELITO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA DELLE IRIS 18, presso lo studio dell’avvocato
DE GIOVANNI FILIPPO, rappresentato e difeso
dall’avvocato VALENTINI ANTONIO giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013

contro

1503

TUNNO ONORINA, elettivamente domiciliata ex lege in
ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

1

Data pubblicazione: 29/08/2013

MARINUCCI UGO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 548/2006 del TRIBUNALE di
L’AQUILA, depositata il 27/09/2006 R.G.N. 1464/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
del

26/06/2013

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

udienza

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di L’Aquila, con sentenza del 27 settembre
2006, confermando quella pronunciata dal Giudice di pace della
medesima città, rigettava la domanda di risarcimento dei danni
avanzata da Elito Fatigati nei confronti di Onorina Tunno.

penale presentata dal Fatigati per il reato di danneggiamento,
dalla quale era sorto un procedimento penale conclusosi con
una sentenza di patteggiamento della pena da parte della
Tunno.
Osservava il Tribunale che la sentenza di patteggiamento
non fa stato in sede civile, sicché il Fatigati avrebbe dovuto
dimostrare l’esistenza del danno lamentato e l’imputabilità
del medesimo alla Tunno. L’istruttoria, invece, si era risolta
nella sola deposizione della teste Gatti – moglie del Fatigati
e connotata da un sentimento di «ostilità manifesta verso la
controparte» – e nell’acquisizione di un “preventivo di
riparazione” del mezzo del Fatigati, successivo di quattro
anni rispetto ai fatti, elementi che il Tribunale riteneva non
sufficienti per l’accoglimento della domanda.
2. Contro la sentenza del Tribunale di L’Aquila propone
ricorso il Fatigati, con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste la Tunno con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

3

Nella specie, la domanda traeva origine da una denuncia

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omessa
motivazione su fatti decisivi per il giudizio.
Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata non avrebbe
valutato correttamente le prove esistenti, non tenendo in

sentenza di patteggiamento della pena a carico della Tunno; da
tali elementi si sarebbe dovuta dedurre la prova certa della
responsabilità della Tunno nella determinazione del danno,
anche perché la sentenza suddetta dovrebbe comunque avere il
valore di un elemento di prova dal quale il giudice si può
discostare, ma solo fornendo un’adeguata motivazione.
2. Il ricorso non è fondato.
In esso il ricorrente presenta una censura ambigua, perché
da un lato prospetta un vizio di motivazione e dall’altro
conclude formulando un quesito di diritto che presupporrebbe
una censura di violazione di legge, in effetti non prospettata
nel ricorso.
A prescindere da tale intrinseca contraddittorietà, il
ricorso si risolve in un tentativo di ottenere da questa Corte
una nuova e non consentita valutazione del materiale
probatorio esistente, come risulta in modo evidente dal fatto
che nello stesso si trascrive una parte della deposizione
della teste Gatti, quasi per sollecitare questa Corte ad un
giudizio di merito che non le compete.
4

adeguata considerazione la deposizione della teste Gatti e la

La sentenza di patteggiamento, come correttamente ha
ricordato il Giudice d’appello, non fa stato in sede civile,
per espressa previsione di legge; il Tribunale ha tenuto
presente tale elemento, ed è pervenuto alla conclusione,
correttamente argomentata e motivata senza vizi logici, per

della moglie del Fatigati, non poteva integrare gli estremi di
una prova sufficiente, tanto più che la documentazione
prodotta dall’odierno ricorrente a dimostrazione dell’entità
dei danni asseritamente subiti era successiva di circa quattro
anni rispetto ai fatti di causa.
Ne consegue che l’impugnata sentenza, avendo compiuto una
valutazione globale delle prove esistenti, è anche rispettosa
del principio affermato da questa Corte secondo cui la
sentenza penale di applicazione della pena ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen. (cosiddetto patteggiamento) – pur non
implicando un accertamento capace di fare stato nel giudizio
civile – contiene pur sempre un’ipotesi di responsabilità di
cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza
adeguatamente motivare (sentenza 19 novembre 2007, n. 23906,
ordinanza 6 dicembre 2011, n. 26263). Ed è proprio ciò che il
Tribunale ha fatto, tenendo conto della sentenza di
patteggiamento ma ritenendola insufficiente a far ritenere
dimostrato l’illecito civile.
3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
5

cui quella pronuncia, unita alla sola deposizione testimoniale

A tale esito segue la condanna della parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
conformità ai soli parametri introdotti dal decreto
ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a
disciplinare i compensi professionali.

La Corte

rigetta

il ricorso e

condanna

il ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
complessivi euro 1.200, di cui euro 200 per spese, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 26 giugno 2013.

PER QUESTI moTrvI

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