Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19871 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 17/07/2017, dep.09/08/2017),  n. 19871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. IZZO Fausto – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18140/2010 R.G. proposto da:

Nuovi Stimoli Snc, D.P.F. e D.P.L.,

rappresentati e difesi dall’Avv. Maria Pia Gigliola Matarrese, con

domicilio eletto presso l’Avv. Mastrorosa, in Roma, via Nizza n. 92,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 45/11/09, depositata il 15 maggio 2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 luglio

2017 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

– Nuovi Stimoli Snc, nonchè i soci F. e D.P.L., impugnano per cassazione la decisione della CTR della Puglia che, in riforma della decisione di primo grado, aveva ritenuto legittimo l’accertamento, per il 1998, per Iva, Irpef ed Irap, con rideterminazione delle maggiori imposte, assumendo con otto motivi:

– (a) l’illegittimità della sentenza per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., sulla questione di giudicato esterno tra le parti, doglianza che reitera, deducendo la violazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 324,325 e 112 c.p.c., con il secondo (b) e il terzo motivo (c);

– (d) la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, 43, artt. 7, 8,9,10 e 12, D.P.R. n. 600 del 1973 e D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54,55,56 e 57, per essere stato l’accertamento notificato dopo la scadenza del quinto anno, restando inapplicabile la proroga L. n. 289 del 2002, ex art. 10, attesa la pendenza di procedimento penale preclusivo alla definizione automatica;

– (e) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 55 e 56, e artt. 2697,2727,2728 e 2729 c.c., non sussistendone i presupposti di legge per essere stata rubata la documentazione contabile dell’azienda;

– (f) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 28 e 54, e art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver disconosciuto la detraibilità dell’Iva sulle fatture di acquisto senza considerare la loro incolpevole perdita per il furto subito;

– (g) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 4 e 5, e dell’art. 112 c.p.c., per l’omesso esame del motivo di appello incidentale con cui si eccepiva che la determinazione della base imponibile ai fini Irap era avvenuta senza deduzione dei costi;

– (h) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, e art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR rigettato il motivo di gravame in merito all’omessa applicazione del cumulo giuridico da parte dell’Ufficio avuto riguardo alle sanzioni irrogate per gli anni 1995 e 1996.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

– i primi tre motivi, da esaminare unitariamente investendo la medesima questione, sono inammissibili per una pluralità di profili, difettando le doglianze di autosufficienza sia in ordine alla censura dedotta in primo grado e in appello (è riprodotto solo un limitato stralcio del secondo atto con cui si chiedeva “l’estensione del giudicato esterno ai sensi dell’art. 2909 c.c.”), sia in ordine alle richiamate decisioni, rispetto alle quali le doglianze sono del tutto generiche, non risultando nè le annualità, nè le imposte, nè gli elementi di fatto e di diritto su cui si fonderebbe l’asserito valenza di giudicato esterno e ciò tanto più che l’unico passaggio motivazionale richiamato e riprodotto (“… l’Ufficio ha desunto un fatto ignoto non già da circostanze certe ma da altre presunzioni generiche”) non dà riscontro ad alcuna circostanza di fatto ed è, in diritto, oggettivamente inidoneo a individuare gli aspetti di qualificazione rilevanti ai fini di una estensione ulteriore rispetto alla singola annualità d’imposta;

– i motivi sono pure inammissibili ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., risultando i quesiti astratti e avulsi da ogni circostanza di fatto;

– il quarto motivo è infondato: la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata dalla L. n. 289 del 2002, art. 10, opera “in assenza di deroghe contenute nella legge” sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi di tali disposizioni, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, atteso che il meccanismo di proroga è finalizzato a tutelare il preminente interesse dell’Amministrazione finanziaria all’accertamento e alla riscossione delle imposte (Cass. n. 16964 del 2016), sicchè va esclusa la contestata decadenza;

– il quinto motivo è infondato atteso che, come motivato dalla CTR, l’accertamento operato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. d, i è fondato su una valutazione di inattendibilità nel loro complesso delle scritture su una pluralità di circostanze (“ha omesso di esibire documenti, scritture contabili, registri e schede di mastro” “ha omesso di istituire i registri dei corrispettivi in alcuni punti di vendita” “ha tenuto in modo irregolare i registri obbligatori ai fini della normativa sul lavoro e corrisposto “a nero” le retribuzioni al personale”), neppure oggetto di alcuna contestazione, alle quali si è aggiunta l’impossibilità “di visionare le scritture contabili (a causa di furto avvenuto il giorno successivo all’inizio della verifica)”, sicchè, a fronte della povertà del contesto conoscitivo, è legittimo il riconoscimento all’ufficio del potere di provare il reddito con un più largo richiamo a dati e valori desunti dalla comune esperienza;

– il sesto motivo, oltre che inammissibile per difetto di autosufficienza in relazione all’asserita documentazione invocata e non riprodotta, è pure infondato atteso che, come affermato dalla Suprema Corte con dictum da cui non vi è ragione di discostarsi, “ove l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione dell’imposta pagata per l’acquisizione di beni o servizi, spetta al contribuente l’onere di provarne la legittimità e la correttezza, sicchè, quando questi non sia in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per aver denunciato un furto della contabilità, non spetta all’Amministrazione operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente medesimo attivarsi attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l’acquisizione – presso i fornitori – della copia delle medesime, non essendo la denuncia di furto per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto specifico” (Cass. n. 18028 del 2016);

– il settimo motivo è inammissibile attesa l’assoluta novità della questione, di cui non vi è alcun cenno nella sentenza impugnata senza che sia indicato in quale specifico atto del giudizio precedente la doglianza sia stata formulata, nè aver riprodotto le relative censure;

– l’ottavo motivo, infine, è inammissibile sia per difetto di autosufficienza (attesa l’omessa riproduzione del contestato avviso di accertamento) sia perchè non coglie la ratio della decisione impugnata, che ha rigettato la doglianza in appello per l’impossibilità di determinare la misura delle sanzioni in mancanza della prova della quantificazione operata con i precedenti avvisi di accertamento: è dunque privo di rilievo che fosse incontestata l’avvenuta pregressa irrogazione, non venendo in rilievo l’an della contestazione ma solo la determinazione del quantum, su cui il rigetto della CTR per mancanza degli elementi in base a cui procedere, non allegati dai contribuenti:

– il ricorso va rigettato e le spese regolate per soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 5.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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