Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19869 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19869 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 28122-2007 proposto da:
MARLETTA CARMELO MRLCML39A21C351Z in proprio (già
titolare della omonima ditta individuale),
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO 12
SC. B INT. 4, presso lo studio dell’avvocato
GIANNARINI
2013
1498

dall’avvocato

MARIO,

rappresentato

GIUFFRIDA MASSIMO

e
giusta

difeso
procura

speciale del Dott. Notaio GIUSEPPE REINA in CATANIA
13/6/2013, rep. n.45969;
– ricorrenti contro

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Data pubblicazione: 29/08/2013

CALCESTRUZZI LETOJANNI DI MUSUMECI ANTONINO S.A.S.;
– intimata –

sul ricorso 31541-2007 proposto da:
CALCESTRUZZI LETOJANNI DI MUSUMECI ANTONINO S.A.S.
00082810839 (oggi MUSUMECI ANTONINO & C. S.A.S.) in

elettivamente domiciliata in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dagli avvocati AGATI FRANCESCO, TROJA
ALESSANDRO, LEONARDI FRANCESCO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MARLETTA CARMELO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA GAVORRANO 12 SC. B INT 4, presso lo studio
dell’avvocato GIANNARINI MARIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato RICCA LUCIO giusta delega in
atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 367/2006 della CORTE D’APPELLO
di

MESSINA,

depositata

il

19/09/2006,

R.G.N.

594/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per

persona del legale rappresentante pro tempore,

l’inammissibilità di entrambi i ricorsi;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 13 marzo 1993 Marletta Carmelo proponeva
opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 203/93, emesso
dal Presidente del tribunale di Messina, con il quale gli si
ingiungeva di pagare alla Calcestruzzi Letojanni s.a.s. la

somma di Lit 98.054.334, oltre rivalutazione, interessi e
spese. Deduceva l’opponente che la società opposta si era
impegnata dal settembre 98 a noleggiargli mezzi meccanici per
il movimento del materiale di sbancamento ed a fornirgli
conglomerato cementizio confezionato fresco per l’esecuzione
dei lavori nel Comune di Letojanni, dietro pagamento del
corrispettivo, da parte sua, da effettuarsi dopo
l’accreditamento da parte dell’appaltante della somme dovute.
Aggiungeva che, stanti i ritardi nel pagamento da parte del
Comune, la società Calcestruzzi aveva ceduto i crediti al
Banco di Sicilia, d’accordo con esso debitore, il quale aveva
pagato tutte le fatture per un importo di Lit 166.753.274.
Precisava l’opponente che la Calcestruzzi non aveva mai
chiesto interessi e che, con la cessione dei crediti al Banco
di Sicilia, il creditore si era spogliato di tutte le azioni.
Di conseguenza chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, non
essendovi prova sia riguardo alla somma capitale sia agli
interessi chiesti nella misura del 19,50%. Costituitasi, la
società Calcestruzzi deduceva che il credito risultava dal
conteggio eseguito dallo stesso opponente e che gli interessi
al tasso bancario erano stati concordati espressamente in

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2

calce alla fattura emesse. Anzi doveva essere riconosciuto il
maggior interesse richiesto dal Banco di Sicilia. In esito al
giudizio in cui si veniva espletata perizia tecnica il
Tribunale adito revocava il decreto ingiuntivo, rigettava la
riconvenzionale e condannava l’opposta al pagamento delle

spese di lite. Avverso tale decisione la società soccombente
proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si
costituiva il Marletta, la Corte di Appello di Messina con
sentenza depositata in data 19 settembre 2006 confermava la
revoca del decreto ingiuntivo, condannava il Marletta a
corrispondere la somma di C17.977,14 oltre interessi al tasso
legale su C 1.898,78 dal 9.2.91,su C 963,35 dall’1.7.91, su
C1.445,02 dal 6.7.91, su C 13.666,88 dal 31 maggio al saldo;
provvedeva al governo delle spese. Avverso la detta sentenza
hanno quindi proposto ricorso in via principale, articolato in
tre motivi, il Marletta, illustrato da memoria, ed in via
incidentale affidandolo ad un unico motivo, la Calcestruzzi
Letojanni. Resiste il Marletta con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e
quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti
avverso la stessa sentenza .
Procedendo all’esame del ricorso in via principale, va
rilevato che, con la prima doglianza, deducendo la
violazione dell’art.2697 cc e la motivazione insufficiente e
contraddittoria, il ricorrente ha censurato la sentenza

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A

impugnata sia nella parte in cui la Corte di Appello aveva
ritenuto che esso Marletta non avesse assolto all’onere
probatorio circa la prova dell’inesistenza del credito, invece
rilevata sin dal primo atto difensivo, sia nella parte in cui
aveva ritenuto che esso Marletta avesse implicitamente ammesso

mancanza di legittimazione attiva, sia nella parte in cui
aveva ritenuto che la ricevuta bancaria con scadenza 31.1.1991
costituisse di per sé titolo dal quale poter dedurre
l’esistenza del credito.
Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito di
diritto:

“Per quanto esposto accerti la Suprema Corte che nel

motivare la propria decisione il giudice del merito ha
l’obbligo di specificare sia pure con formula sintetica le
ragioni per le quali la domanda o le eccezioni siano state
provate, al fine di consentire il controllo di tali eccezioni.
Accerti altresì la Corte che la ricevuta bancaria non
costituisce prova della esistenza del credito, che quindi deve
essere fornita da chi intende avvalersene”
Con la seconda doglianza, svolta anch’essa per violazione
dell’art.2697 cc e motivazione omessa,
contraddittoria,

insufficiente e

il ricorrente deduce l’erroneità della

sentenza in relazione alla condanna operata in danno del
ricorrente al pagamento dell’ulteriore credito di lire
8.343.829, fondata sulla considerazione che esso Marletta non
avesse contestato le forniture indicate nelle fatture,

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l’esistenza del credito, essendosi limitato a dedurre la

essendosi

limitato ad affermare che le fatture non

costituissero documento probatorio.
Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito di
diritto:

“Statuisca la Ecc.ma Corte che le sole fatture non

accompagnate da bolle di consegna sottoscritte per

inversione dell’onere della prova sull’esistenza del credito,
che deve costituire oggetto di prova specifica a carico del
creditore ex art. 2697 cod.civ.”
Con la terza doglianza, svolta per motivazione omessa,
insufficiente e contraddittoria ex art.360 n.5 cpc ed omessa
considerazione della domanda delle parti anche in relazione
all’art.360 n.4 cpc, il ricorrente lamenta che la Corte di
Appello avrebbe omesso di pronunciarsi con chiarezza su una
questione sottopostale dalle parti, le quali avevano chiesto
di prendere in considerazione la cessione di credito accettata
dal Marletta alle condizioni evidenziate con lettera del
12.3.1991.
Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito di
diritto:

“Statuisca quindi la Corte che nella cessione del

credito alla Banca si trasferisce la titolarità del rapporto
ceduto e che il creditore cedente per poter riacquistare la
titolarità del credito deve offrire specifica prova
dell’infruttuosa richiesta del soddisfacimento del credito
rivolta al debitore da parte del creditore cessionario”

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accettazione non costituiscono prova del credito né importano

Esaurita l’esposizione delle ragioni di doglianze proposte dal
ricorrente principale, esposizione necessariamente limitata
all’essenzialità delle censure, deve rilevarsi, in primo
luogo, l’inammissibilità dei profili, attinenti al vizio
motivazionale, non accompagnati dal prescritto momento di

puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione
del fatto controverso, riguardo al quale si assuma
l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della
motivazione sia l’indicazione delle ragioni per cui la
motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass.
ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n.4311/2008).
E ciò,

alla luce dell’orientamento di questa Corte secondo

cui “in caso di proposizione di motivi di ricorso per
cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in
profili autonomi e differenziati di violazioni di legge
diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione
cumulativa di più motivi, affinché non risulti elusa la
“ratio” dell’art. 366-bis cod. proc. civ., deve ritenersi che
tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione
di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e
differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove
il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente
le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo
quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei
quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di

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h

sintesi, (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva

cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei
quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo
costituisce l’illustrazione.( S.U.5624/09, Cass.5471/08)
Quanto ai profili relativi alle violazioni di legge, dedotte
nei primi due motivi, va osservato che entrambe le doglianze,

fondate essenzialmente sulla pretesa violazione e falsa
applicazione dell’art.2697 cc, sono inammissibili per un
duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, perché
nessuno dei due quesiti soddisfa le prescrizioni richieste
dall’art.366 bis cpc. Ed invero, il quesito di diritto di cui
all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve contenere l’esposizione
riassuntiva degli elementi di fatto su cui si fonda la
decisione e comprendere l’indicazione sia della “regula iuris”
adottata nel provvedimento impugnato,

sia del diverso

principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe
dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche
di una sola delle suddette indicazioni rende il ricorso
inammissibile. Pertanto il quesito è inammissibile quando,
come è avvenuto nel caso di specie, si prospetta il solo
principio che secondo il ricorrente si dovrebbe applicare
oppure quando non si pone alcun quesito ma si chiede la
conferma di una tesi esposta nel motivo del ricorso,
risolvendosi ciò in una generica istanza di decisione posta
nella forma dell’interpello ripetitivo del contenuto della
norma.
In secondo luogo, l’inammissibilità delle censure deriva dal

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difetto di correlazione con la ratio decidendi della sentenza
impugnata.
Ed invero, vale la pena di premettere che le ragioni della
decisione sono fondate, ad un tempo, sul mancato assolvimento,
da parte del debitore, dell’onere generale di contestazione

Sez.Un.n.761/02, ed

ex multis

Cass.n. 5191/08) con la

conseguenza che, in mancanza di tale tempestiva contestazione il
fatto principale è espunto dal

thema probandum,

perché da

reputarsi già provato (Ciò, non avendo il Marletta mai
contestato specificamente le forniture indicate nelle fatture,
posto che sono le forniture, e non le fatture in sé, a
costituire la ragione sostanziale del diritto di credito
azionato dalla società Calcestruzzi Letojanni); nonché sulla
mancata prova dell’estinzione del credito, azionato dalla
creditrice, prova che, in base alle regole sulla ripartizione
dell’onere della prova, compete al convenuto, cui spetta provare
i fatti estintivi o impeditivi o modificativi del diritto di
credito azionato dall’attore.
Tutto ciò considerato, appare evidente come le censure
proposte, basate sulla contestazione del valore probatorio
delle fatture e delle ricevute bancarie, eludano il punto
nodale della pronunzia e non siano correlate con la
decidendi

della

impugnata

decisione

difettando

ratio
della

necessaria specificità. Ed è appena il caso di osservare che
le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare le

/O

specifica dei fatti dedotti dalla controparte (v.

ragioni della decisione, devono correlarsi con le stesse, in
modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata
risultino contrapposte quelle dell’impugnante,

volte ad

incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime.
Quanto alla violazione di legge di cui alla terza ragione di

di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi con chiarezza su una
questione sottopostale dalle parti,

la doglianza,

già

inammissibile perché il quesito, posto a corredo, si risolve
in una generica istanza di decisione confermativa della tesi
esposta nel motivo, è altresì infondata alla luce della
considerazione, secondo cui, come ha già avuto modo di
statuire questa Corte, il vizio di “omessa pronuncia”,
integrante un difetto di attività del giudice, quindi un error
in procedendo, produttivo della nullità della sentenza ex art.
360 c.p.c., n. 4), si verifica quando l’omesso esame concerne
direttamente una domanda ovvero un’eccezione introdotta in
causa e, pertanto, nel caso del motivo di appello, uno dei
fatti costituitivi della domanda di impugnazione. Nella
specie, la Corte d’Appello, secondo la stessa prospettazione
del ricorrente, non avrebbe invece esaminato una mera
argomentazione o deduzione relativa ad un motivo di appello,
con la conseguenza che l’attività di esame del giudice che si
assume

omessa

non

concerne

la

domanda

del’appello

direttamente, bensì una circostanza di fatto la cui mancata
considerazione potrebbe configurare al più un vizio di

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impugnazione, con cui il ricorrente ha lamentato che la Corte

motivazione della sentenza, per il quale il ricorrente non ha
peraltro osservato l’onere di redigere uno specifico momento
di sintesi ex art.366 bis cpc.
Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni,

deriva

l’infondatezza del ricorso proposto in via principale dal

Marletta.
Procedendo all’esame del ricorso incidentale, va rilevato che
l’unica doglianza, articolata sotto il profilo della
violazione e/o falsa applicazione degli artt.1224 cc e 112
cpc, in relazione all’art.360 n.3 cpc, si fonda sulla pretesa
erroneità della sentenza per non avere la Corte territoriale
liquidato il maggior danno ex art.1224 cc perché non
richiesto.
Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito di
diritto:

“Dica la Corte se nella generica domanda di

rivalutazione del credito debba ritenersi implicitamente
contenuta quella di riconoscimento del maggior danno ex
art.1224 cc”
La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza,
alla luce del rilievo che la ricorrente incidentale, pur
avendo dedotto di aver formulato con il ricorso per decreto
ingiuntivo la domanda di rivalutazione monetaria, ha omesso di
riportare in ricorso il contenuto di tale domanda. E ciò, ad
onta del fatto che, come la giurisprudenza di questa Corte ha
già avvertito in numerosissime decisioni, sia il ricorrente
che il controricorrente hanno l’onere di indicare puntualmente

12

“il

ciascuna delle risultanze alle quali fanno riferimento negli
atti difensivi prodotti nel giudizio di legittimità,

di

specificarne il contenuto mediante la loro sintetica ma
esauriente esposizione ed anche, all’occorrenza, di procedere
alla loro integrale trascrizione nel ricorso o nel

il semplice richiamo agli atti prodotti.
ipotesi di

error in procedendo

E

ciò, anche in

per il quale la Corte di

cassazione è giudice anche del fatto processuale, in quanto
non è consentita al giudice della legittimità una autonoma
ricerca degli atti, ma solo una verifica del loro contenuto,
riportato negli atti difensivi.
Ne consegue che il ricorso incidentale in esame deve essere
dichiarato inammissibile.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese
di questo giudizio in considerazione della reciproca
soccombenza delle parti.
P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi riuniti rigetta il ricorso
proposto in via principale, dichiara inammissibile quello
incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 26.6.2013

controricorso, non essendo assolutamente sufficiente all’uopo

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