Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19869 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. I, 23/07/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 23/07/2019), n.19869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26430/2018 proposto da:

C.S., domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta e difende giusta procura

speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DELL’AQUILA n. 411/2018,

depositata il 5.3.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

2.7.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

C.S. propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Appello dell’Aquila aveva respinto l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale dell’Aquila emessa in data 5.6.2017 in rigetto della sua domanda di riconoscimento di protezione internazionale;

la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d’origine (Gambia) dovuti al suo vissuto personale, narrando egli di essere stato costretto a lasciare il paese d’origine sia per timore dello zio, molto influente nel villaggio e praticante la magia nera, che aveva delle mire sul denaro di suo padre, sia per la condizione di grave insicurezza e pericolo del suo Paese d’origine, ragione per le quali era fuggito raggiungendo l’Italia;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con l’unico motivo di ricorso si fa valere la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendosi rifiutare un permesso di soggiorno allo straniero in caso di seri motivi di carattere umanitario, ed all’art. 19 D.Lgs. cit. che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel paese d’origine o ivi correre gravi rischi, risultando accertato che il ricorrente ove avesse fatto rientro nel Paese di origine avrebbe potuto essere esposto ad una grave situazione di pericolo per la sistematica violazione dei diritti umani ivi perpetrata e con compromissione grave del diritto alla salute ed all’alimentazione;

1.2. la censura è inammissibile, non avendo il ricorrente allegato ragioni personali di vulnerabilità diverse da quelle esaminate dalla Corte di appello anche per le altre forme di protezione, la cui statuizione non risulta impugnata, atteso che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, su cui è articolato il motivo, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. n. 15071/2019 in motiv.);

1.3. la sentenza impugnata, peraltro, ha accertato l’insussistenza di condizioni di insicurezza in Gambia, idonee ad integrare le fattispecie legali per il riconoscimento della protezione internazionale, con riguardo al pericolo di atti persecutori nei confronti del richiedente o alla violazione dei diritti fondamentali essendo emerso un “deciso miglioramento delle condizioni politiche e sociali” del Paese, non avendo al contrario il ricorrente allegato la situazione specifica che lo riguarderebbe in caso di rientro in Gambia, avendo piuttosto espresso doglianze generiche che non sono in realtà neppure fondate sul nuovo corso socio-politico nel Gambia, evidenziato nella sentenza impugnata;

2. in conclusione il ricorso è inammissibile;

3. non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimato;

4. deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, statuizione che la Corte è tenuta ad emettere in base al solo elemento oggettivo, costituito dal tenore della pronuncia (di inammissibilità, improcedibilità o rigetto del ricorso, principale o incidentale), senza alcuna rilevanza delle condizioni soggettive della parte, come l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (cfr. Cass. n. 9660/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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