Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19868 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. I, 23/07/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 23/07/2019), n.19868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23829-2018 proposto da:

F.M., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato MARCELLO CANTONI

giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA n. 433/2018,

depositata il 211.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

2.7.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

F.M. propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Appello di Bologna aveva respinto l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna emessa in data 18.7.2016 in rigetto della sua domanda di riconoscimento di protezione internazionale;

la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d’origine (Gambia) dovuti al suo vissuto personale, narrando egli di essere stato costretto a lasciare il paese d’origine nel timore di essere arrestato ed incarcerato per aver avuto fuori dal matrimonio un figlio da una ragazza minorenne appartenente ad un clan rivale della sua famiglia, motivo per il quale era fuggito raggiungendo dapprima la Libia per poi giungere in Italia;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. preliminarmente va dichiarata inammissibile la produzione di nuova documentazione (contratto di lavoro e buste paga), riportata, in fotocopia, all’interno del ricorso, in quanto tale produzione viola il disposto dell’art. 372 c.p.c., non trattandosi di atti relativi alla nullità della sentenza impugnata o all’ammissibilità del ricorso;

2.1. con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere i Giudici di merito respinto la sua domanda di protezione internazionale umanitaria sulla base dell’insussistenza di condizioni di vulnerabilità del richiedente, aggiungendo che una condizione economica difficile non era condizione sufficiente per legittimare la richiesta, senza valutare il percorso di integrazione sociale e lavorativa del ricorrente in Italia;

2.2. il motivo è inammissibile, il che rende irrilevante la rimessione al Primo Presidente di questa Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, affidata all’ordinanza interlocutoria n. 11749 del 12 aprile 2010, depositata in data 3 maggio 2019, della questione relativa all’incidenza dell’integrazione socio-lavorativa dello straniero nel territorio dello Stato ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19;

2.3. il ricorrente non ha allegato, infatti, ragioni personali di vulnerabilità diverse da quelle esaminate dalla Corte di Appello anche per le altre forme di protezione, la cui statuizione non risulta impugnata, e la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, su cui è parzialmente articolato il motivo, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. n. 15071/2019 in motiv.);

2.4. la sentenza impugnata, peraltro, ha accertato l’insussistenza di condizioni di insicurezza in Gambia, idonee ad integrare le fattispecie legali per il riconoscimento della protezione internazionale, con riguardo al pericolo di atti persecutori nei confronti del richiedente o alla violazione dei diritti fondamentali essendo emerso dalle dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente che la ragazza aveva circa vent’anni al momento della gravidanza e che il ricorrente non aveva dimostrato in alcun modo che nel Paese fosse vietata l’unione tra maggiorenni consenzienti, come nel caso di specie, avendo richiamato notizie di fonte giornalistica, circa la punibilità con il carcere in caso fosse procurata una gravidanza ad una studentessa, relative peraltro ad uno Stato diverso (Tanzania) da quello di origine del ricorrente;

2.5. quanto alle dedotte attività, dirette all’integrazione sociale, trattasi di questione che, nel silenzio della sentenza impugnata e nella carenza di specificità del ricorso sul punto, risulta nuova e mai rassegnata nei precedenti gradi;

3. in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile;

4. non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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