Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19867 del 09/08/2017
Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 17/07/2017, dep.09/08/2017), n. 19867
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. IZZO Fausto – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22580/2009 R.G. proposto da:
Peugeot Milano Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Russo,
ivi elettivamente domiciliato in Roma, viale Castro Pretorio n. 122,
giusta procura speciale notarile;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 101/32/08, depositata il 20 novembre 2008.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 luglio
2017 dal Consigliere FUOCHI TINARELLI Giuseppe;
Letta la memoria depositata dall’Avvocato generale FUZIO Riccardo,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Letta la memoria depositata dall’Avv. Andrea Russo per la ricorrente.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
– Peugeot Milano Spa impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, confermando la decisione di primo grado, aveva respinto il ricorso avverso le cartelle di pagamento emesse a seguito di iscrizione a ruolo per omesso versamento Iva e Irpef relativa agli anni di imposta 2002 e 2003 risultante dal controllo automatizzato della dichiarazione effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis;
– la contribuente evidenzia che l’iscrizione era stata determinata da erronea compilazione poichè erano stati indicati, nei modelli Unico 2003 e 2004, gli importi risultanti dalle singole liquidazioni mensili senza, tuttavia, considerare i crediti maturati mese per mese ed il credito riportato nell’anno precedente, sicchè, in realtà, non esisteva alcun debito Iva;
– quanto agli omessi versamenti delle ritenute alla fonte, invece, i versamenti erano tutti stati correttamente eseguiti, ma erroneo era l’abbinamento poichè ogni mese era stato riferito al pagamento del mese successivo;
– chiede, con dieci motivi, la riforma della decisione, assumendo:
– (a) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, avendo la CTR ritenuto emendabili le dichiarazioni solo attraverso la dichiarazione integrativa prevista da detta norma;
– (b) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 1, per aver la CTR escluso l’emendabilità in sede processuale della dichiarazione dei redditi, avente carattere di dichiarazione di scienza;
– (c) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 25, 39, 54, e art. 2702 c.c. per aver la CTR escluso efficacia probatoria ai registri Iva ai fini della verifica del credito Iva;
– (d) la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c., per non aver esaminato la domanda volta a dimostrare il credito Iva, censura che reitera (e) con riguardo all’omesso esame dei documenti depositati in secondo grado, nonchè (f) per omessa motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4;
– (g) omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su fatto controverso e decisivo, identificato nella declaratoria di illeggibilità della documentazione, censura che reitera (h) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
– (i) omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su fatto controverso e decisivo, identificato, con riguardo agli omessi versamenti delle ritenute, sulla mancata considerazione che i versamenti erano stati erroneamente abbinati con i mesi non di competenza, censura che reitera (1), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE
– i primi tre motivi, da esaminare unitariamente investendo la medesima questione, sono fondati nei termini che seguono;
– le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13378 del 2016, componendo un contrasto sorto relativo, tra l’altro, anche alla questione qui in esame, hanno affermato che “la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. N. 602 del 1973, art. 38, è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa” precisando tuttavia che “il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2”, e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, “in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”;
– orbene, la decisione impugnata non è conforme a tale principio ove ha omesso ogni valutazione in ordine alla fondatezza delle contestazioni sollevate dal ricorrente in sede contenziosa, sulla base della non emendabilità delle dichiarazioni presentate per il periodo di imposta 2002 e 2003;
– i motivi da quattro ad otto restano conseguentemente assorbiti;
– pure il nono motivo è fondato, essendosi la sentenza limitata ad affermare che “la copia dei modelli F24 prodotta dalla contribuente non si coordina con l’atto impugnato”, senza in alcun modo considerare se, in realtà, vi fosse stato, come dedotto dal ricorrente (con riproduzione del prospetto riassuntivo dei pagamenti in osservanza del principio di autosufficienza), un mero errato abbinamento tra periodo di competenza effettivo e pagamento operato;
– il decimo motivo resta assorbito;
– la sentenza va pertanto cassata con rinvio alla CTR competente per nuovo esame e regolamento delle spese.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa
la sentenza e rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017