Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19866 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. I, 23/07/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29666/2018 proposto da:

R.A., rappresentato dall’avv. Nicola Viscanti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 227/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/06/2019 dal Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

RILEVATO

che:

R.A., cittadino del Pakistan, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza, in data 24 aprile 2018, che ha rigettato il gravame avverso l’impugnata sentenza di rigetto della sua domanda di protezione internazionale e umanitaria (egli aveva riferito di essere stato minacciato dal padre della sua compagna che non condivideva la loro unione). Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo denuncia genericamente, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, mancato riscontro della domanda di protezione sulla base delle informazioni disponibili sul paese di provenienza e violazione della Convenzione di Ginevra e del Protocollo di New York, senza indicare specificamente quali sarebbero le fonti informative omesse e quali il loro contenuto decisivo, risultando inammissibile per difetto di specificità.

Il secondo e terzo motivo denunciano del tutto genericamente violazione di legge per il mancato riconoscimento delle protezioni richieste, risolvendosi in una richiesta di rivisitazione di incensurabili apprezzamenti di fatto, in ordine alla concreta verifica di atti persecutori e di danno grave.

Il quarto motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione o il rimpatrio di coloro che nel proprio paese possono essere oggetto di persecuzioni, essendo egli integrato nel tessuto sociale italiano. Il suddetto motivo è inammissibile sia in relazione al denunciato pericolo di subire un ordine di espulsione, che non risulta esservi stato e rispetto al quale l’interessato potrebbe invocare tutela nella sede opportuna, sia se riferito alla richiesta di protezione umanitaria, in quanto diretto a sollecitare un diverso apprezzamento dei fatti di causa e, in definitiva, un diverso esito decisorio nel merito.

Non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.

Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ha natura di obbligazione tributaria ex lege che deriva dal rigetto, dalla dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità dell’impugnazione con la conseguenza che il relativo provvedimento della Corte di Cassazione ha natura meramente ricognitiva, essendo irrilevante l’eventuale ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato, trattandosi di circostanza che preclude l’esperimento di un’azione di recupero e consistendo l’esecuzione del provvedimento giurisdizionale nella mera annotazione, a cura della cancelleria, dell’importo nel foglio notizie e nel registro di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 280 e 161 (Cass. n. 9660 del 2019).

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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