Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19866 del 22/09/2020
Cassazione civile sez. I, 22/09/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 22/09/2020), n.19866
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6183/2019 proposto da:
A.B.M., elettivamente domiciliato in Roma Viale
Angelico N. 38 presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, (OMISSIS), domiciliato in Roma Via Dei
Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 11/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/06/2020 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da A.B.M. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il richiedente asilo ha riferito che nel paese d’origine lavorava come meccanico ma guadagnava poco. Uno zio paterno gli aveva trovato un lavoro in Libia ed era partito nel 2016. Per pagargli il viaggio lo zio aveva preso un prestito che egli avrebbe dovuto restituire con i soldi guadagnati in Libia, ma non essendo ancora riuscito a restituire i soldi ricevuti in prestito, non poteva tornare nel suo paese. Anche davanti al tribunale il ricorrente ha confermato di aver lasciato il (OMISSIS) per ragioni economiche.
A sostegno della decisione di rigetto, il tribunale ha rilevato come i fatti narrati, pur se attendibili e coerenti non consentivano di riconoscere lo status di rifugiato, in assenza del timore di persecuzione per i motivi di cui alla Convenzione di Ginevra nè di pervenire al riconoscimento della protezione sussidiaria in quanto non erano stati dedotti elementi per ritenere che, in caso di rientro del richiedente nel paese d’origine, questi potesse subire un danno grave. Il tribunale ha accertato, altresì, attraverso le fonti consultate, che in (OMISSIS) non sussiste una situazione di violenza indiscriminata dovuto all’esistenza di un conflitto armato interno. Il tribunale ha, infine, rilevato come il ricorrente non aveva dedotto alcuna situazione di particolare vulnerabilità, dimodochè non si ravvisavano rischi specifici in caso di rimpatrio.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per omesso/contraddittorio esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata esistente in (OMISSIS); (ii) sotto un secondo profilo, per omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla C.T. e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del richiedente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. (rectius n. 5); (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente, il Tribunale non aveva riconosciuto i presupposti, per la concessione della protezione sussidiaria, cui il ricorrente aveva diritto, in ragione delle attuali condizioni sociopolitiche del paese d’origine, (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo vietata l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi per le sue condizioni oggettive di vulnerabilità. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost..
Il primo motivo è inammissibile, perchè non sussiste nessun omesso esame di un fatto decisivo e perchè il ricorrente propone astratte censure di merito in termini di mero dissenso.
Il secondo motivo – in disparte la considerazione che oggetto del giudizio davanti al tribunale è la spettanza della protezione richiesta e non il giudizio che si è svolto davanti alla Commissione territoriale – è inammissibile, perchè propone censure di merito e mira in maniera evidente ad una rivalutazione del materiale istruttorio (che rientra nella discrezionalità del giudice del merito valutare, v. Cass. n. 21881/19), circostanza non consentita nella fase di legittimità.
Il terzo motivo è inammissibile, perchè astratto e/o generico, in quanto non si confronta con nessuna ratio decidendi del decreto impugnato, ma riporta solo enunciati normativi ovvero orientamenti giurisprudenziali, ovvero, infine, propone censure di merito sulla scorretta valutazione delle fonti da parte del tribunale.
Il quarto motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.
Il ricorso va, quindi, dichiarato nel suo complesso inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente procedimento, che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020