Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19865 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 03/07/2017, dep.09/08/2017),  n. 19865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto a n, 807/2011 R.G. proposto da:

RECITEL s.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via Sistina, n.

58/b, presso lo studio dell’avvocato Alessandro Mac Donald, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e contro

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., concessionario del servizio

di riscossione per la Provincia di Livorno;

– intimata –

nonchè contro

Ministero dell’economia e delle finanze, rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliato

ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana, Sezione staccata di Livorno, n. 82/14/09, depositata il 16

novembre 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2017

dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Il 10 giugno 2005, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., concessionario del servizio di riscossione per la Provincia di Livorno, notificò alla RECITEL s.r.l. una cartella di pagamento, emessa a seguito della liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni presentate dalla società contribuente relativamente agli anni 1998 e 1999.

2. – Detta cartella fu impugnata dalla RECITEL s.r.l. davanti alla Commissione tributaria provinciale di Livorno (hinc, anche: “CTP”) che, ritenuto che la stessa fosse stata notificata oltre il termine di decadenza previsto ratione temporis, accolse il ricorso.

3. – L’Agenzia delle entrate, Ufficio di Livorno, propose appello alla Commissione tributaria regionale della Toscana, Sezione staccata di Livorno (hinc, anche: “CTR”), contestando l’impugnata sentenza della CTP nella sola parte relativa alle imposte dovute per l’anno 1999.

La CTR, ritenuto che, con riguardo a tali imposte, l’impugnata cartella di pagamento fosse stata notificata entro il termine di decadenza previsto dal D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 – bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 156 del 2005, accolse l’appello.

4. – Avverso tale sentenza della CTR, ricorre per cassazione la RECITEL s.r.l., che affida il proprio ricorso, notificato dall’avvocato, a mezzo del servizio postale, all’Agenzia delle entrate, alla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e al Ministero dell’economia e delle finanze il 28 dicembre 2010, a un unico, complesso, motivo.

5. – L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 17 febbraio 2011.

6. – La Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e il Ministero dell’economia e delle finanze non si sono costituiti.

7. – Il ricorso è stato successivamente fissato in camera di consiglio, ai sensi del secondo comma dell’art. 375 c.p.c., aggiunto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. a), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, art. 1.

8. – In ragione del constatato decesso dell’avvocato della società ricorrente, la cancelleria di questa Corte ha incaricato l’ufficiale giudiziario di comunicare la fissazione del ricorso in camera di consiglio alla RECITEL s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, va affermata l’ammissibilità della trattazione della causa nonostante l’avviso della fissazione del ricorso in camera di consiglio non sia stato comunicato neppure alla RECITEL s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore.

Come si è detto (punto 8. della parte in fatto), dopo avere constatato la cancellazione dall’albo, in seguito a decesso, dell’unico avvocato della società ricorrente Alessandro Mac Donald – ancorchè nella prima pagina del ricorso venga indicato come difensore anche l’avvocato Iliaria Morelli, la procura alle liti apposta in calce al ricorso non contempla tale avvocato, al quale non è stato quindi conferito alcun mandato – la cancelleria di questa Corte ha incaricato l’ufficiale giudiziario di comunicare la fissazione del ricorso in camera di consiglio alla RECITEL s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore.

L’ufficiale giudiziario incaricato di effettuare tale comunicazione ha però esposto, nella sua relazione, di non aver potuto comunicare il detto avviso perchè in (OMISSIS) -indirizzo indicato come sede della RECITEL s.r.l. sia nella sentenza impugnata che nel ricorso per cassazione della stessa società – “non ho potuto notificare in quanto non reperita all’indirizzo indicato. Da informazioni ivi assunte la società era domiciliata presso lo studio Morelli trasferito altrove da alcuni anni” (relazione del 28 aprile 2017).

Da tanto emerge l’assoluta impossibilità di provvedere all’adempimento procedurale, sebbene posto a garanzia del diritto di difesa, “non potendosi spingere la tutela di tal diritto, comunque di esercizio squisitamente personale, alla ricerca di indirizzo oltre le possibilità offerte dagli atti propri del giudizio di cassazione” (Sez. 5, sentenza n. 21711 del 2006). Nel caso di specie, infatti, tali atti, al di là dell’indicazione della menzionata sede della società – rivelatasi, però, priva di utilità – non contengono alcuna ulteriore informazione che consenta di individuare un diverso luogo dove poter inviare alla parte la comunicazione della fissazione del ricorso (onde consentirle di nominare un nuovo difensore), la cui trattazione è, comunque, pur sempre dominata dall’impulso d’ufficio. Deve pertanto farsi applicazione del principio – più volte ribadito da questa Corte -secondo cui “Nel giudizio di cassazione, in caso di morte del difensore del ricorrente, presso il quale quest’ultimo abbia eletto domicilio in Roma, l’assoluta impossibilità di notificare l’avviso di fissazione dell’udienza alla parte personalmente, a causa dell’irreperibilità della stessa nel luogo indicato nel ricorso (nella specie, la sede della società ricorrente) e dell’assenza di qualsiasi ulteriore indicazione idonea ad individuare un luogo diverso al quale indirizzare la comunicazione, non costituisce impedimento alla trattazione della causa, essendo quest’ultima pur sempre dominata dall’impulso d’ufficio, e non potendosi spingere la garanzia del diritto di difesa, comunque di esercizio squisitamente personale, fino al punto d’imporre la ricerca di un indirizzo oltre le possibilità offerte dagli atti propri del giudizio di legittimità” (Sez. 5, sentenza n. 21711 del 2006, Rv. 593272; nello stesso senso, ex plurimis, Sez. 4, sentenza n. 17218 del 2010 e Sez. 5, sentenza n. 12982 del 2007).

2. – Ancora in via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, in quanto soggetto privo di legittimazione. Questa Corte ha infatti da tempo chiarito che, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria (di cui l’amministrazione dello Stato resta, peraltro, titolare), per effetto della quale si deve ritenere che la legittimazione ad causam e ad processum, nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data, spetti esclusivamente alla menzionata Agenzia (per tutte, Sez. Un., sentenza n. 3116 del 2006).

3. – Sempre sul piano preliminare, va infine rilevato che la società ricorrente ha omesso di produrre l’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso spedita per la notificazione alla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., con la conseguenza che, non avendo questa svolto attività difensiva, difetta la prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento di notificazione e, quindi, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio nei riguardi della stessa.

4. – L’Agenzia delle entrate ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perchè notificato “direttamente a mezzo del servizio postale (con raccomandata A/R), quindi, senza il tramite dell’Ufficiale Giudiziario”, atteso che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2, stabilisce che “Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto” e che la notificazione diretta a mezzo del servizio postale non è prevista da tale codice.

4.1. – L’eccezione non è fondata. Questa Corte, infatti, nell’affermare che, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali deve essere notificato nelle forme del codice di procedura civile – con la conseguente esclusione della possibilità di utilizzare le forme semplificate previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, per la trasmissione alla controparte dell’atto processuale introduttivo del giudizio tributario di primo e di secondo grado – ha tuttavia fatto espressamente “salvo il disposto della legge n. 53/94 e successive modificazioni” (Sez. 6-5 sentenza n. 25395 del 2014). Salvezza che, del resto, è pienamente sintonica con il fatto che questa stessa Corte “ha costantemente riconosciuto ed affermato che il legislatore delegato del 1992 non ha istituito un giudizio tributario di legittimità, ma, semplicemente, ha esteso il giudizio ordinario di legittimità alla materia tributaria” e ha quindi sempre escluso il giudizio di cassazione dall’area di specialità del processo tributario (per tutte, Sez. Un., sentenza n. 8053 del 2014).

5. – Con il primo, complesso, motivo, la ricorrente denuncia, che “la sentenza (impugnata) viola le norme di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (violazione o falsa applicazione di norme di diritto) e n. 5 (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) per quanto attiene il modo di applicare nella fattispecie la L. n. 156 del 2005”. La ricorrente lamenta, in particolare: a) quanto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto, che la CTR avrebbe errato nel negare che fosse decorso il termine di decadenza per la notificazione della cartella esattoriale impugnata, atteso che la disposizione del D.L. n. 106 del 2005 – che ha dettato una disciplina transitoria dei termini di decadenza per la notificazione delle cartelle – non potrebbe avere effetto nei riguardi di quelle per le quali, come nella specie, al momento dell’entrata in vigore del detto comma 5-bis, la decadenza era già maturata ai sensi della L. n. 311 del 2004; b) quanto alla “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, che la CTR sarebbe incorsa in tale vizio “per quanto attiene al modo di applicare nella fattispecie la L. n. 156 del 2005”.

5.1.- Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

L’Agenzia delle entrate ne ha eccepito l’inammissibilità per “la genericità e la scarsa comprensibilità”, atteso che la ricorrente denuncia sia la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto che il vizio motivazionale “senza specificare chiaramente quali siano le norme violate o i presunti difetti di motivazione della impugnata sentenza”. L’eccezione è fondata.

L’inammissibilità del motivo deriva in effetti dalla circostanza che la ricorrente prospetta più profili di doglianza, senza distinguere, nell’ambito del motivo, tra questioni di diritto e questioni di fatto (tanto da rendere difficoltosa la stessa individuazione delle medesime) e senza esplicitare chiaramente nè le norme di diritto asseritamente violate o falsamente applicate (neppure indicate nella rubrica del motivo) nè i fatti controversi e decisivi in ordine ai quali la motivazione della sentenza impugnata sarebbe stata omessa, insufficiente o contraddittoria (vizi questi che, tra l’altro, reciprocamente si escludono; sulla necessità che, ai fini dell’ammissibilità del motivo articolato in più profili di doglianza, sia possibile cogliere con chiarezza le singole censure prospettate, Sez. Un., sentenza n. 9100 del 2015, Sez. 6-3, ordinanza n. 7009 del 2017). Inoltre, quanto al profilo di censura prospettato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – qui applicabile, ratione temporis, nella formulazione risultante dalla sostituzione del detto D.Lgs. n. 40 del 2006, comma 1 operata dall’art. 2, comma 1, – con esso pare denunciata l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione relativamente non a un “fatto controverso e decisivo per il giudizio”, da intendersi come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, ma a “questioni” o “argomentazioni”, rispetto alle quali il suddetto vizio motivazionale è irrilevante (ex plurimis, Sez. 5, sentenza n. 21152 del 2014, ordinanza n. 2805 del 2011).

L’infondatezza discende dai principi, anch’essi più volte ribaditi da questa Corte e condivisi da questo Collegio, per cui la normativa di cui al D.L. n. 106 del 2005 ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato, operando detta normativa retroattivamente (ex plurimis, Sez. 5, sentenze n. 8368 e n. 7866 del 2015, n. 15661 e n. 15329 del 2014).

Alla luce degli stessi, va rilevato che, venendo qui in rilievo una dichiarazione presentata nel 2000, la notifica dell’impugnata cartella di pagamento, in quanto avvenuta, secondo quanto riferito dalla sentenza impugnata, il 10 giugno 2005, risulta pienamente idonea a impedire la decadenza dal potere impositivo, atteso che il menzionato D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-bis, lett. c), fissa il termine per la notificazione della stessa al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione e, quindi, al 31 dicembre 2005.

Nessun error in judicando ha quindi commesso la CTR nel non ritenere che, al momento dell’entrata in vigore del D.L. n. 106 del 2005, comma 5 – bis, fosse già maturata una decadenza sulla base di una disposizione non applicabile alla fattispecie.

6. – In conclusione, il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze deve essere dichiarato inammissibile, il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate e della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. deve essere rigettato e la sentenza impugnata deve essere confermata.

Dalla soccombenza consegue la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte: dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze; rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate e della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese processuali, che si liquidano in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5^ sezione civile, il 3 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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