Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19864 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19864 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA
sul ricorso 29214-2007 proposto da:
CASACCIA

TERSILIA

CSCTSLTSL35R70D808J,

BRUNORI

FRANCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANGELO
SECCHI 3, presso lo studio dell’avvocato CORIGLIANO
CAMPOLITI GIUSEPPE, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato TORNIMBENI STEFANO giusta
2013

delega in atti;
– ricorrenti –

1435

contro

CENCI ANNA MARIA;
– intimata –

1

Data pubblicazione: 29/08/2013

avverso la sentenza n. 471/2006 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 14/10/2006, R.G.N. 573/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine per il rigetto;

2

udito l’Avvocato GIUSEPPE CORIGLIANO CAMPOLITI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Tersilia Casaccia e Franco Brunori agirono nei confronti di Anna Maria
Cenci per il rilascio di un immobile, detenuto senza titolo. Esposero: che
il loro dante causa (Nazzareno Brunori) lo aveva concesso in locazione
per i periodi di vacanza al padre della Cenci e che alla morte di questi
era succeduta nel contratto la madre e moglie convivente dell’originario
affittuario, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 392 del 1978, richiamato

deteneva senza titolo, non potendo essere considerata erede
stabilmente convivente.
La convenuta si difese e, in via riconvenzionale, chiese di essere
rimborsata dei costi di manutenzione, anche straordinaria (per euro
13.000,00).
1.1. Il Tribunale accolse la domanda e ordinò il rilascio. Ritenne
accertata la convivenza della Cenci con la madre, sia nella dimora
abituale a Roma, sia nella casa – oggetto del contratto controverso per le vacanze; ma, ritenne che non poteva riconoscersi la successione
nel contratto perché l’art. 6 della legge n. 392 del 1978 perseguiva la
ratio di tutelare la primaria esigenza abitativa e non poteva invocarsi per
una casa usata per le vacanze.
Quanto alla domanda riconvenzionale, riconobbe il credito della Cenci
(per la sistemazione del tetto e la sostituzione di quattro finestre) pari a
euro 700,00 e ritenne lo stesso compensato con il credito dei proprietari,
a titolo di danno dalla Cenci arrecato chiudendo la «bocca di lupo»
che dava aria e luce al seminterrato.
2. La Corte di appello di Ancona, adita dalla Cenci, rigettò la domanda di
rilascio e accolse la domanda riconvenzionale della convenuta nei limiti
di euro 700,00 (sentenza del 14 ottobre 2006).
3. Tersilia Casaccia e Franco Brunori ricorrono per cassazione con
quattro motivi.
Anna Maria Cenci, ritualmente intimata, non svolge difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Quanto alla domanda di rilascio, la Corte di merito ha così
argomentato:

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espressamente dall’art. 10 del contratto; che, invece, la detentrice

a) il primo giudice, ritenendo non applicabile l’art. 6 della legge n. 392
del 1978 alle locazione di case per vacanze, è incorso in un vizio di
ultrapetizione, atteso che i ricorrenti lo avevano ritenuto applicabile e
lo avevano applicato nella successione nel contratto della moglie al
marito e avevano sostenuto che non era più applicabile nei confronti
della figlia mancando il presupposto della convivenza; non basta tale
vizio per riformare la sentenza in mancanza di eccezione di parte;

risulta accertata l’esistenza della convivenza della figlia con la madre,
prima succeduta nel contratto; il primo giudice ha ritenuto accertata
in giudizio la convivenza e la controparte non ha mosso rilievi;
c) ogni questione in ordine alla estensibilità del regime di successione
nel contratto di cui all’art. 6 cit. alle abitazioni non destinate a
esigenze abitative primarie è inconferente;
d) infatti, la domanda originaria presuppone l’applicazione dell’art. 6,
riprodotto nella clausola n. 10 del contratto, alla casa per le vacanze
oggetto del contratto e le parti lo hanno applicato rispetto alla moglie
dell’originario conduttore e hanno agito nei confronti della figlia
sostenendo la mancanza della convivenza in concreto.
1.1. Queste statuizioni della sentenza sono oggetto di censura con il
primo, secondo e quarto motivo del ricorso.
Con il primo si deduce violazione dell’art. 6 della I. n. 392 del 1978 e si
sostiene che esso, presupponendo la convivenza stabile ed abituale
quale ratio per la compressione del diritto di proprietà, non sarebbe
applicabile in caso di locazione finalizzata alla «seconda casa» per
essere la convivenza nell’immobile occasionale e discontinua.
Con il secondo si deduce la violazione dell’art. 10 del contratto di
locazione; con il quesito di diritto, che lo conclude, si sostiene che, in
violazione dell’art. 1362 cod. civ., la Corte di merito non avrebbe
accertato la reale intenzione delle parti – al di là della lettera – tanto più
che la clausola contrattuale, riproduttiva dell’art. 6 cit., avrebbe fatto
parte di un modulo prestampato predisposto per l’ordinario contratto di
locazione.
Con il quarto motivo si deduce omessa e/o insufficiente motivazione;
nella parte finale, che può intendersi come momento di sintesi, si

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b) la sentenza di primo grado va riformata nella motivazione perché

sostiene che la Corte di merito non avrebbe motivato in ordine al
«principio» affermato dal primo giudice, secondo il quale l’abitualità
della convivenza non può sussistere rispetto ad un immobile che veniva
utilizzato saltuariamente.
1.2. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro intima connessione,
sono inammissibili.
Tutti i motivi, utilizzando l’argomentazione del primo giudice, ritenuta
mirano a far divenire questione

centrale della decisione quella in ordine alla riferibilità o meno della
abitualità della convivenza, richiesta per la successione del contratto di
locazione in capo agli eredi, anche ai contratti di affitto della «seconda
casa» per la vacanza. O, quantomeno, a sostenere che non vi può
essere abitualità nella convivenza rispetto ad immobile utilizzato
saltuariamente. Inoltre, mirano a sostenere (in particolare il secondo) la
errata interpretazione della clausola contrattuale, riproduttiva dell’art. 6
della legge cit.
Ma, la sentenza impugnata ha espressamente escluso che oggetto del
giudizio fosse la questione dell’applicabilità dell’art. 6 della legge cit.,
argomentando sulla base dell’atto introduttivo del giudizio dei
proprietari, attuali ricorrenti, e tale statuizione non è oggetto di specifica
censura nel ricorso per cassazione.
Inoltre, quanto all’interpretazione della clausola contrattuale riproduttiva
dell’art. 6, come non corrispondente alla reale volontà delle parti
contraenti, evidente è la novità del profilo, estraneo al giudizio di merito
e dedotto per la prima volta in cassazione; almeno per quanto risulta dal
ricorso e dalla sentenza, non avendo i ricorrenti dimostrato il precedente
svolgimento dello stesso.
Infine, la Corte di merito ha ritenuto accertato dal primo giudice, e non
contestato in appello, che la Censi convivesse stabilmente con la madre,
che era succeduta – proprio in applicazione dell’art. 10 del contratto all’originario conduttore. E neanche tale statuizione, che fonda la
sentenza impugnata, è oggetto di specifica censura da parte dei
ricorrenti.
In conclusione, tutti i suddetti motivi di ricorso non sono conferenti
rispetto alle statuizioni della sentenza impugnata.

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dal secondo giudice ultrapetitum,

2. La Corte di merito, accogliendo l’impugnazione della Cenci, escluse la
compensazione dei crediti disposta dal giudice di primo grado, negando
– sulla base della consulenza che escludeva il pregiudizio – il diritto dei
proprietari ai danni per la realizzazione di una «bocca di lupo» nella
cantina. Fermo restando il controcredito del conduttore, non oggetto di
impugnazione.
2.1. Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa

che lo conclude, sostengono che la Corte di merito avrebbe errato nel
ritenere legittimo, in violazione dei suddetti articoli, che il conduttore
possa apportare delle modifiche non autorizzate all’immobile a
condizione che non arrechi danni.
2.2. Il motivo è inammissibile. Evidente è la non conferenza della
censura rispetto alla statuizione del giudice che ha fatto riferimento ad
un credito dei proprietari, come riconosciuto dal primo giudice, a titolo di
risarcimento del danno e lo ha negato non riconoscendo sussistente il
danno sulla base della consulenza tecnica.
3. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Non avendo l’intimata svolto
attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine
alle spese processuali.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2013

Il consigliere estensore

applicazione degli artt. 1587 e 1590 cod. civ.; con il quesito di diritto,

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