Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19862 del 29/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19862 Anno 2013
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

Data pubblicazione: 29/08/2013

1-

R.G.N. 12609/2008

SENTENZA
cron. A98 6

sul ricorso 12609-2008 proposto da:
Rep.

BONZANO

ROBERTA

BNZRRT78E48L750P,

elettivamente
Ud. 11/06/2013

domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 106, presso
PU

lo studio dell’avvocato TAMPONI MICHELE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GARBAGNATI LUIGI giusta delega in atti;
– ricorrente contro

RENDITORE

PAOLO

RNDPLA61B21L750V,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA L. ANDRONICO 24, presso lo
studio dell’avvocato ROMAGNOLI

1

ILARIA,

che

lo

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

CASALINI DARIO giusta delega in atti;
PERSICO

BRUNO

PRSBRN42E02G047D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso
lo studio dell’avvocato LOIACONO ROMAGNOLI MARIA

all’avvocato POZZOLO ENZO giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 1766/2007 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 19/11/2007, R.G.N.
2291/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato MICHELE TAMPONI;
udito l’Avvocato FRANCESCO POLLINI per delega
dell’Avvocato ILARIA ROMAGNOLI e MARIA TERESA
LOIACONO ROMAGNOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

TERESA, che lo rappresenta e difende unitamente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Paolo Renditore e Bruno Persico convenivano in giudizio
Roberta Bonzano, con separati atti di citazione, davanti al
Tribunale di Vercelli, per sentire riconoscere il loro diritto
di prelazione, o in subordine di riscatto agrario, in

in Asigliano Vercellese.
Premettevano, a sostegno della domanda, che il Comune di
Vercelli, dopo aver aggiudicato all’asta l’intero compendio
agricolo della Cascina suddetta al prezzo di lire
1.948.000.000, li aveva invitati ad esercitare, con lettera
raccomandata del 31 luglio 2000, il loro diritto di prelazione
sul fondo; che essi avevano comunicato, con lettere
raccomandate del 5 e 11 settembre 2000, di voler esercitare
tale prelazione, ma che il Comune aveva risposto che essa non
poteva essere ritenuta valida, per il fatto che il Renditore
ed il Persico erano proprietari di terreni solo in parte
confinanti con quello in oggetto, mentre l’offerta di acquisto
si intendeva riferita al fondo nella sua interezza. Il Comune,
quindi, aveva poi provveduto a vendere il fondo alla Bonzano
al prezzo di aggiudicazione.
Gli attori, pertanto, chiedevano in via principale che
fosse riconosciuto il loro diritto di prelazione sul fondo
della Cascina Cassinis al prezzo indicato dal Comune nell’atto
di compravendita o, in subordine, quello di riscatto agrario
almeno sugli appezzamenti di terreno confinanti con quelli di
3

relazione al fondo agricolo denominato Cascina Cassinis sito

loro proprietà,

con pagamento proporzionale al prezzo

corrisposto dalla Bonzano.
La convenuta si costituiva, chiedendo il rigetto della
domanda.
Il Tribunale di Vercelli, assunte prove orali e fatta

l’esistenza del diritto di prelazione spettante agli attori e
dichiarava il diritto degli stessi a riscattare dalla Bonzano
gli appezzamenti di terreno confinanti con le loro rispettive
proprietà, con obbligo di pagamento del relativo prezzo
determinato in euro 305.829,75 per il Renditore ed euro
72.376,50 per il Persico, condannando la Bonzano al pagamento
delle spese di giudizio.
2. La pronuncia veniva impugnata dalla Bonzano in via
principale e dal Renditore e dal Persico in via incidentale.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza non definitiva
del 19 novembre 2007, in parziale riforma di quella di primo
grado, dichiarava che la Bonzano era tenuta al pagamento del
solo 50 per cento delle spese del giudizio di primo grado;
confermava per il resto la sentenza quanto al Persico e, non
definitivamente pronunciando sulla posizione del Renditore,
rimetteva la causa in istruttoria per l’accertamento
dell’esistenza delle condizioni soggettive per l’esercizio del
riscatto, respingendo ogni altra impugnazione.
Osservava la Corte territoriale che era pacifico che il
Comune di Vercelli aveva messo il Persico ed il Renditore in
4

svolgere una c.t.u., con sentenza del 7 giugno 2005 accertava

condizioni di esercitare la prelazione agraria in ordine
all’intero compendio agricolo in questione; e che essi avevano
risposto favorevolmente alla proposta. Successivamente il
medesimo Comune aveva comunicato che la dichiarazione di
accettazione non poteva essere ritenuta valida, in quanto

Una simile comunicazione, oltre ad essere «assai poco
lineare, oltre che sul piano legislativo, anche su quello
della

e

trasparenza

del

buon

andamento

dell’azione

amministrativa», non poteva considerarsi rituale ai sensi
dell’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590; ciò in quanto
o il Comune riteneva che la prelazione potesse esercitarsi
sull’intero complesso – e allora avrebbe dovuto riconoscere
validità all’accettazione fatta dagli attori – o riteneva che
potesse esercitarsi solo su una parte dei terreni, ed allora
avrebbe dovuto formulare una diversa comunicazione. E poiché
una

denuntiatio

un’omessa

non ritualmente formulata equivale ad

denuntiatio,

riteneva la Corte torinese che i due

attori originari non potessero fare altro che esercitare il
diritto di riscatto.
La relazione del c.t.u., d’altra parte, aveva confermato
che il complesso fondiario in questione non costituiva
un’entità unica, bensì era suscettibile di frazionamento con
possibilità di autonomo sfruttamento economico; sicché la
situazione era tale da legittimare l’esercizio del riscatto
limitatamente ai soli terreni confinanti idonei ad assumere

5

riferita all’intero fondo.

WL

una propria valenza produttiva, purché i retraenti fossero in
possesso dei requisiti di legge richiesti dal menzionato art.
8 della legge n. 590 del 1965.
In riferimento al prezzo di riscatto, la Corte, facendo
propri i criteri di cui alla c.t.u., rilevava che il medesimo

proporzionale del prezzo di aggiudicazione dell’intera Cascina
Cassinis, bensì in rapporto alla autonoma valutazione
commerciale» dei singoli terreni confinanti.
3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino
propone ricorso Roberta Bonzano, con atto affidato a tre
motivi.
Resistono Paolo Renditore e Bruno Persico con separati
controricorsi.
La parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965,
dell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, nonché degli
artt. 1147, 1337, 1338, 1366 e 1375 del codice civile.
Rileva la ricorrente che il Comune di Vercelli, di fronte
all’esercizio della prelazione sull’intero compendio
fondiario, aveva comunicato al Renditore ed al Persico che la
prelazione poteva essere esercitata solo rispetto agli
appezzamenti confinanti. Pertanto, logica, buonsenso e buona
6

non poteva essere calcolato «in rapporto ad una frazione

fede avrebbero dovuto consigliare ai medesimi di manifestare
interesse al solo acquisto delle porzioni limitrofe del
terreno, senza insistere per l’acquisto dell’intero fondo. Non
sarebbe esatta, pertanto, la parificazione compiuta dalla
Corte di merito tra la mancata

denuntiatio

ed il caso di

2.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in

relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 590
del 1965 e dell’art. 7 della legge n. 817 del 1971, sotto
diverso profilo.
Osserva la ricorrente che la legge riconosce il diritto di
riscatto in due sole ipotesi, cioè la mancanza della
denuntiatio

e l’indicazione di un prezzo superiore. Nella

specie, non si era verificata nessuna delle due ipotesi;
d’altra parte il Comune, comunicando agli aventi diritto che
potevano esercitare una prelazione limitata, aveva sanato ogni
ipotetica irritualità della denuntiatio medesima.
3. Il primo ed il secondo motivo, da trattare insieme,
sono entrambi privi di fondamento.
3.1.

La

Corte

di

d’appello

Torino,

infatti,

con

accertamento di merito preciso ed accurato ed immune da vizi
logici, ha ricostruito le tappe fondamentali della vicenda in
esame nei termini che sono stati in precedenza riportati.
La sentenza ha posto in luce che il Comune di Vercelli
aveva inviato al Persico ed al Renditore, in realtà, una sola
7

specie.

comunicazione valida come

denuntiatio ai fini dell’esercizio

del diritto di prelazione, e cioè quella del 31 luglio 2000,
nella quale si dava notizia dell’avvenuta aggiudicazione
all’asta dell’intero compendio fondiario denominato come
Cascina Cassinis, con indicazione del prezzo globale del bene

Comune aveva inviato la successiva lettera del 13 ottobre 2000
con la quale dichiarava che l’accettazione non poteva essere
considerata valida, in quanto relativa all’intero fondo. La
Corte torinese, quindi, ha escluso che tale seconda
comunicazione potesse avere il valore di nuova

denuntiatio

relativa ad una parte del fondo in questione, anche perché in
tal caso sarebbe stato necessario comunicare agli aventi
diritto il prezzo dei singoli lotti oggetto della possibile
prelazione.
3.2. Da tanto si desume che, anche volendo prescindere
dalla scarsa trasparenza di simile comportamento, l’offerta di
acquisto compiuta dal Comune non poteva considerarsi valida ai
sensi dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965. È stato infatti
già affermato da questa Corte, con orientamento al quale
occorre dare oggi continuità, che in tema di prelazione
agraria è irrituale e priva di effetti la

denuntiatio

effettuata mediante trasmissione di un contratto preliminare
indicante un prezzo unitario per il fondo agricolo nel suo
complesso, qualora l’avente diritto possa esercitare la
prelazione attribuitagli dalla legge solo relativamente ad una
8

immobile. A seguito della risposta favorevole dei predetti, il

porzione del più ampio appezzamento di terreno; l’avente
diritto, infatti, non risulta a tale stregua posto nelle
condizioni di esercitare il proprio diritto. In simile
ipotesi, pertanto, i termini per il valido esercizio della
prelazione (nei confronti del promittente venditore) rimangono

vendita, perfezionatosi il quale (con la parte indicata nel
contratto preliminare o con altro soggetto) il titolare del
diritto di prelazione ha titolo per agire in retratto (contro
l’acquirente), dovendosi la

denuntiatio

invalida (in quanto

priva del prezzo della quota acquisibile) equiparare alla
fattispecie della

totalmente omessa (così la

denuntiatio

sentenza 22 gennaio 2004, n. 1103, incidentalmente ripresa
dalla più recente sentenza 17 aprile 2013, n. 9235).
Come questa Corte ha recentemente rilevato, la violazione
del diritto di prelazione non consente né di esercitare il
rimedio risarcitorio (v. sentenza l ° dicembre 1994, n. 10274),
né quello dell’esecuzione in forma specifica del diritto
violato, perché la legge prevede, in tale caso, l’apposito
strumento del diritto di riscatto (v. sentenze 7 agosto 1995,
n. 8656, e 18 dicembre 1998, n. 12685, nonché, sia pure in
ipotesi diversa, la sentenza 27 novembre 2006, n. 25141); e le
condizioni per l’esercizio di quest’ultimo vanno riscontrate
nel momento in cui il bene è alienato ad un terzo in
violazione del diritto di prelazione (sentenza 28 febbraio
2012, n. 3010).
9

sospesi fino a quando non intervenga l’atto definitivo di

L’avente diritto alla prelazione non può – per così dire inserirsi nel contratto preliminare stipulato dal proprietario
con un terzo, ma può soltanto, nel momento in cui la proprietà
del bene passa all’acquirente con il contratto definitivo,
vedere tutelata la propria pretesa con l’istituto del riscatto

Ne consegue che il primo ed il secondo motivo di ricorso anche a prescindere dagli eventuali profili di novità relativi
alla presunta violazione delle regole della buona fede
eccepiti dal Persico e del Renditore nei rispettivi
controricorsi – sono privi di fondamento.
In particolare, il quesito di diritto formulato in
relazione al secondo motivo di ricorso non coglie la vera
ratio decidendi

contenuta nella pronuncia in esame, dalla

quale risultano con chiarezza le ragioni per le quali non
poteva ritenersi ritualmente formulata, da parte del Comune di
Vercelli, una proposta di acquisto limitata ai soli terreni
limitrofi a quelli di proprietà del Persico e del Renditore.
4.1. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 590
del 1965, dell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, e
dell’art. 112 del codice di procedura civile.
Secondo la ricorrente, l’art. 8 della legge n. 590 del
1965 dispone che il diritto di prelazione si esercita a parità
di condizioni; ciò significa che il prezzo degli appezzamenti
10

(così la sentenza 17 aprile 2013, n. 9238).

oggetto di riscatto non poteva che essere ragguagliato al
prezzo globale pagato dalla Bonzano in sede di acquisto
dell’intero compendio. La Corte d’appello, invece, violando
1′ art. 112 cod. proc. civ., aveva fissato il prezzo
discostandosi da quello pagato dalla Bonzano.

Una volta intervenuto il frazionamento ed il conseguente
esercizio del riscatto parziale, il valore della parte
riscattata doveva essere calcolato in sé, non assumendo come
obbligatorio riferimento il prezzo pagato dal soggetto contro
cui il riscatto è stato esercitato (nella specie, l’odierna
ricorrente).
Questa Corte ha già affermato che in tema di prelazione e
riscatto agrari, qualora la compravendita abbia ad oggetto
diversi fondi, con l’indicazione di un prezzo globale riferito
al complesso dei fondi stessi senza possibilità di distinguere
con esattezza quello relativo a ciascuno di essi, chi voglia
esercitare il diritto di riscatto con riferimento al fondo per
il quale ha titolo è impossibilitato a compiere l’offerta del
prezzo, non risultando lo stesso determinato nel contratto. In
tal caso, la determinazione del prezzo del riscatto avviene
nel relativo giudizio mediante l’espletamento dei normali
mezzi istruttori, non esclusa la c.t.u. (così le sentenze 29
marzo 2006, n. 7231 e 26 giugno 2007, n. 14754).
Nel caso in esame la fattispecie è diversa, ma il
principio di diritto è ugualmente applicabile; a fronte di
11

4.2. Il motivo non è fondato.

un’offerta di acquisto del fondo nella sua globalità ad un
determinato prezzo, è logico che, una volta esercitato il
riscatto per una parte dello stesso, confinante con quella del
proprietario coltivatore diretto, il prezzo non doveva
necessariamente coincidere, in proporzione, con quello che

in violazione del diritto di prelazione. L’ammissione al
riscatto parziale implica – come la Corte torinese ha
accertato – la sussistenza di un’autonomia produttiva e
funzionale della parte riscattata rispetto al fondo nella sua
globalità, il che rende possibile una valutazione della parte
riscattata non corrispondente a quella di una quota
proporzionale del prezzo pagato per l’intero fondo.
Del tutto legittimamente, quindi, si è proceduto ad una
nuova stima del bene tramite c.t.u., in esito alla quale è
stato determinato il prezzo del riscatto, con conseguente
infondatezza del motivo in esame.
5. In conclusione, il ricorso è rigettato.
A tale esito segue la condanna della parte ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di
entrambi i controricorrenti, liquidate in conformità ai soli
parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012,
n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte

rigetta

il ricorso e

condanna

la ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
12

l’acquirente aveva versato nel momento dell’acquisto avvenuto

complessivi euro 10.200, di cui euro 200 per spese, per
ciascuno dei controricorrenti, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza

Sezione Civile, 1’11 giugno 2013.

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