Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19861 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 22/09/2020), n.19861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17563-2019 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE

GENOVESE;

– ricorrente –

contro

F.R., rappresentato e difeso dall’avvocato LAURA

GIOVINE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 468/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 01/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Condominio (OMISSIS), ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 1 aprile 2019, n. 468/2019, resa dalla Corte d’appello di Salerno. Resiste con controricorso F.R..

La Corte d’appello, in riforma della pronuncia di primo grado del Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Eboli, pubblicata il 24 giugno 2013, ha annullato la deliberazione assembleare 18 dicembre 2007 del Condominio (OMISSIS), impugnata da F.R., in quanto la stessa avrebbe accollato a detto condomino le spese di erogazione del gas inerenti al servizio di riscaldamento centralizzato (“spesa per l’uso del servizio centralizzato di riscaldamento”, vien detto in dispositivo), pur essendosi il F. distaccato dall’impianto condominiale in forza di autorizzazione ricevuta dall’assemblea con Delib. 12 novembre 1999.

Il primo motivo di ricorso del Condominio (OMISSIS) denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 2908 c.c., per carenza di interesse ad agire di F.R., in quanto la delibera impugnata non aveva carattere decisorio sul concorso di quest’ultimo alla spesa per il servizio di riscaldamento in misura superiore alle sole spese di manutenzione straordinaria, concernendo soltanto l’approvazione del bilancio consuntivo per l’anno 2007 e preventivo per l’anno 2008 con riferimento alle spese del gas.

Il secondo motivo di ricorso denuncia l’insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 1362 c.c. ed invoca la “previsione dell’obbligo del pagamento.. sancito nel regolamento condominiale”, che “prevede il distacco dall’impianto di riscaldamento con l’onere da parte del condomino richiedente del pagamento del 50% delle spese di esercizio”.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e rivelano diffusi profili di inammissibilità.

Certamente le delibere assembleari del condominio devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e ss., privilegiando, innanzitutto, l’elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti e della conservazione degli effetti dell’atto, che impone all’interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante anzichè nessun effetto o un significato meramente programmatico (cfr. Cass. Sez. 2, 28/02/2006, n. 4501).

Il Condominio (OMISSIS) intende, però, con le sue doglianze, affermare che la Delib. 18 dicembre 2007 non obbligasse il condomino F. a concorrere alle spese di riscaldamento, a differenza di quanto affermato dalla Corte d’appello di Salerno, limitandosi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., senza specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato. Il ricorrente contrappone una propria interpretazione della delibera impugnata a quella accolta nella sentenza impugnata, ma non osserva l’onere, imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di trascrivere il testo della deliberazione assembleare, ovvero i passi salienti di essa, al fine di consentire a questa Corte di verificare poi l’erronea applicazione dei criteri ermeneutici.

Si fa poi riferimento all’art. 12 del Regolamento di condominio ed a quanto lo stesso prevedrebbe in via convenzionale sulle spese di riscaldamento, questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, ed il cui esame postulerebbe una diretta delibazione della fonte di prova non compiuta dai giudici di merito e non eseguibile nel procedimento di cassazione. Il ricorrente per cassazione, che, come nella specie, proponga questioni che implicano accertamenti di fatto e delle quali non si faccia menzione alcuna nella sentenza impugnata -, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, non solo di allegare l’avvenuta tempestiva deduzione delle questioni dinanzi al giudice di merito, nel rispetto dei termini di operatività delle preclusioni relative al “thema decidendum” previsti nell’art. 183 c.p.c., ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto (e cioè di specificare il “dato”, testuale o extratestuale, da cui essa risulti devoluta, nonchè il “come” e il “quando” tali questioni siano stata oggetto di discussione processuale tra le parti), onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito le questioni stesse.

Il ricorrente trascura anche che, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti.

Peraltro, l’interesse di un condomino ad impugnare una delibera, a norma dell’art. 1137 c.c., certamente suppone un suo interesse giuridicamente rilevante ad un diverso contenuto dell’assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare. Di conseguenza, l’interesse ad agire per l’impugnazione della delibera, sotto il profilo processuale, non può automaticamente risolversi nella sola qualità di condomino dell’attore (e quindi nella sua legittimazione attiva), dovendo l’attore prospettare una lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata e così rivelare quale utilità concreta potrebbe ricevere dall’accoglimento della domanda.

Alla stregua di tali premesse, è comunque evidente l’interesse del condomino ad impugnare una delibera dell’assemblea, deducendo l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, per aver posto a carico del condomino distaccatosi dall’impianto di riscaldamento centralizzato l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle dovute per la sua conservazione, in assenza di valida convenzione derogatoria (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 18/05/2017, n. 12580; Cass. Sez. 2, 02/11/2018, n. 28051), derivando dalla detta deliberazione un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 09/03/2017, n. 6128).

Il ricorso va, perciò, dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

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