Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19861 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/07/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 13/07/2021), n.19861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5181-2014 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA BARBERINI

12, presso lo studio dell’avvocato FABIO MARCHETTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2013 della COMM.TRIB.REG. PUGLIA,

depositata il 07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. Il notaio L.G. propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 79/05/13 del 7.10.2013, con la quale la commissione tributaria regionale della Puglia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione per maggiore imposta proporzionale di registro (7%) notificatogli dalla Agenzia delle Entrate in relazione ad un atto di trasferimento immobiliare da lui rogato e registrato in via telematica il 2 marzo 2011; atto avente ad oggetto la vendita da parte del Comune di Putignano ad Agrileasing spa di un compendio immobiliare in stato di degrado e già fatto oggetto, tra il Comune di Putignano e la società aggiudicataria Kentron srl (partecipante all’atto in veste di utilizzatrice), di un contratto di concessione di opera pubblica e gestione (successivamente integrato con protrazione temporale di quest’ultima) per il suo risanamento e riconversione in casa di riposo e struttura socio-sanitaria.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che:

– l’imposta proporzionale di registro fosse stata correttamente pretesa dall’amministrazione finanziaria sull’intero ammontare (Euro 15.252.365,00) del prezzo dichiarato in atto per la cessione dal Comune ad Agrileasing, riferita tale cessione alla proprietà comunale non solo del compendio immobiliare originario (per Euro 1.952.365,00) ma anche delle opere su di esso eseguite dalla Kentron in forza della concessione e relativa convenzione (per Euro 13.300.000,00);

– dall’atto di compravendita in questione, in particolare, risultasse in maniera inequivocabile come le parti della compravendita fossero solo il Comune di Putignano ed Agrileasing, non anche la Kentron; l’oggetto della compravendita fosse l’intero complesso immobiliare di proprietà comunale (senza distinzione tra originaria proprietà del Comune ed opere successivamente realizzate dalla Kentron); il prezzo dichiarato fosse unitario (ancorché poi separatamente riferito alle due componenti di una vendita pur sempre unitaria);

– fosse conseguentemente inaccoglibile la tesi del notaio, il quale aveva liquidato l’imposta proporzionale di registro (ed ipocatastale) soltanto sulla parte di prezzo imputata al complesso immobiliare, ritenendo la parte di prezzo imputata alle opere eseguite dalla concessionaria invece assoggettata ad iva.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Il ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 143 (Codice contratti pubblici), nonché D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20 e ss.. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente imputato al Comune anche la proprietà delle opere pubbliche eseguite dalla Kentron in forza della concessione, nonostante che tale proprietà spettasse invece alla concessionaria ex art. 143 cit., anche in considerazione dei seguenti elementi: – la Delib. giugno 2011, n. 19 con la quale il consiglio comunale aveva precisato che le opere e gli impianti realizzati dalla Kentron sarebbero divenuti di proprietà del Comune solo al termine del periodo contrattuale di concessione, restando “nelle more nella proprietà e disponibilità della Kentron”; – il mancato inserimento di tali opere nell’inventario dei beni mobili ed immobili del Comune; – il parere bipartito di congruità di valore espresso dalla stessa agenzia del territorio, attributivo al Comune della sola proprietà del compendio immobiliare originario.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

Nell’affermare che la proprietà dell’intero compendio (complesso immobiliare originario ed opere su di esso realizzate in regime di concessione) spettava al Comune, la Commissione Tributaria Regionale ha fatto applicazione del principio generale di accessione, avente rilevanza anche tributaria D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 24.

Neppure può dirsi che la decisione si ponga in contrasto con il codice dei contratti pubblici e, segnatamente, con il D.Lgs. n. 163 del 2006, invocato art. 143.

Questa disposizione stabiliva (nella formulazione vigente ratione temporis) che (comma 1): “Le concessioni di lavori pubblici hanno, di regola, ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica”. Ed inoltre che (comma 3): “La controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati”. Si aggiunge poi che (comma 5): “(…) A titolo di prezzo, le amministrazioni aggiudicatrici possono cedere in proprietà o in diritto di godimento beni immobili nella propria disponibilità, o allo scopo espropriati, la cui utilizzazione sia strumentale o connessa all’opera da affidare in concessione, nonché beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico, (…)”, e che (comma 7): “L’offerta e il contratto devono contenere il piano economico-finanziario di copertura degli investimenti e della connessa gestione per tutto l’arco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonché l’eventuale valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine della concessione, anche prevedendo un corrispettivo per tale valore residuo”.

La norma la cui violazione è stata affermata dal ricorrente non comporta dunque il passaggio tout court nella proprietà del concessionario delle opere da questi realizzate sulla proprietà pubblica; dunque, per regola generale non si verifica deroga al regime ordinario di accessione, con conseguente attrazione delle opere alla proprietà (nella specie comunale) dell’immobile alla quale esse accedono.

Questa Corte di Cassazione ha già affrontato il problema, sebbene sotto l’angolo visuale del riparto di giurisdizione, affermando più volte come il corrispettivo per l’esecuzione delle opere da parte del concessionario non consista – di regola, cioè salva diversa espressa previsione o pattuizione convenzionale – nell’attribuzione in proprietà di quest’ultimo delle opere realizzate sul bene pubblico, bensì nella gestione funzionale ed economica delle opere stesse per l’intera durata del rapporto di concessione; al cui esaurimento l’intero compendio viene riconsegnato all’ente pubblico concedente.

Ha osservato Cass. SU 28804/11 che: “nel quadro normativo derivante dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sussiste l’unica categoria della “concessione di lavori pubblici”, onde non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell’opera (o di costruzione e gestione congiunte) – ove prevale il profilo autoritativo della traslazione delle pubbliche funzioni inerenti l’attività organizzativa e direttiva dell’opera pubblica, con le conseguenti implicazioni in tema di riparto di giurisdizione – in quanto, ormai, la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario, come risulta dall’art. 143 del codice, con la conseguenza che le controversie relative alla fase di esecuzione appartengono alla giurisdizione ordinaria”.

Si legge in Cass.SU 19391/12 che, nel vigente quadro normativo, non ha più rilievo “la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell’opera (o di costruzione e gestione congiunte), e sussistendo, piuttosto, l’unica categoria della concessione di lavori pubblici, nella quale la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario”; così in Cass.SU 26586/13.

E’ del resto evidente come l’identificazione del corrispettivo della realizzazione delle opere nella gestione funzionale ed economica di queste ultime da parte del concessionario per l’intero periodo di durata della concessione, potendo operare su un piano prettamente obbligatorio e non reale, non presupponga affatto, né renda giuridicamente o economicamente necessario, il trasferimento della proprietà delle opere, destinate ad essere retrocesse all’ente pubblico al termine del rapporto, in capo al concessionario.

Una diversa soluzione – idonea, in ipotesi, a corroborare la paventata violazione delle rassegnate norme di legge – non potrebbe sostenersi neppure nella considerazione degli elementi, esterni all’atto di trasferimento tassato, dedotti dal ricorrente a riprova del fatto che il rogito ebbe ad oggetto la cessione ad Agrileasing di una duplice proprietà: del Comune e di Kentron.

Va intanto considerato che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 non consente più di riqualificare giuridicamente l’atto presentato alla registrazione sulla base di elementi ad esso estrinseci (siano questi negozi collegati ovvero operazioni o atti di diversa natura).

La norma in questione è stata fatta oggetto – nel corso del presente giudizio – di modificazioni rilevanti.

La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), (cd. legge di bilancio 2018) ne ha infatti mutato la previgente formulazione (“L’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”), la quale trova oggi una più circoscritta definizione normativa.

Ribadito il principio basilare di prevalenza della sostanza sulla forma, l’intervento legislativo di riforma – superando un opposto orientamento applicativo di legittimità – ha ristretto l’oggetto dell’interpretazione al solo atto presentato alla registrazione, ed agli elementi soltanto da quest’ultimo desumibili. Non rilevano quindi più, come espressamente indicato dal legislatore, gli elementi evincibili da atti eventualmente ad esso collegati, così come quelli riferibili ad indici esterni o fonti extratestuali: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

Si tratta di disposizione alla quale la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084 ha espressamente attribuito natura interpretativa, con conseguente sua applicazione anche per il passato (avvisi di liquidazione ancora sub judice); inoltre il giudice delle leggi ha ritenuto compatibile il nuovo regime con gli artt. 3 e 53 Cost. (sent. C. Cost. 158/2020).

In ogni caso, non si vede come il rogito notarile in questione, certamente idoneo al trasferimento del diritto dominicale con generale opponibilità, potesse trovare smentita – addirittura su un elemento fondamentale come l’identificazione dell’oggetto della compravendita ed il suo assetto proprietario di origine – sulla sola base degli inventari interni all’amministrazione comunale; ovvero specificazione ed integrazione in una Delib. consiliare successiva tanto al rogito quanto allo stesso avviso di liquidazione.

In ordine poi a quanto osservato dall’amministrazione finanziaria nel parere dedotto, basterà considerare come quest’ultimo abbia avuto essenzialmente riguardo al valore di mercato attribuibile ai cespiti colti nella loro diversità funzionale ed autonomia economica e non giuridica (compendio originario da un lato, opere in concessione dall’altro), senza peraltro essere in alcun modo in grado di inficiare le obiettive risultanze dell’atto notarile in ordine alla proprietà di provenienza.

Sicché la conclusione alla quale è pervenuta la CTR risulta fondata pur nella considerazione degli elementi “di contorno” così forniti dal ricorrente.

Neppure sono dirimenti gli argomenti addotti dal ricorrente nella memoria ex art. 380 bis I c.p.c., in quanto riferiti all’evoluzione legislativa di settore successiva ai fatti di causa, ovvero a tipologie contrattuali (contratto di disponibilità) qui non rinvenibili.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione sugli elementi che avevano indotto il giudice di merito ad individuare nell’atto di trasferimento oggetto di tassazione una compravendita unitaria di proprietà tutte comunali.

p. 3.2 Il motivo è infondato.

Va qui ribadito l’indirizzo costante (tra le molte, da ultimo, Cass.ord. n. 13248/20) secondo cui: “La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6″; ed in base al quale, inoltre, (tra le molte, Cass. n. 9105/17): “Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento”.

Ora, applicando questi criteri al caso di specie va osservato come la sentenza della commissione tributaria regionale, pur nella sua sinteticità, abbia mostrato di aver preso in considerazione tutti gli elementi fondamentali della fattispecie assumendo, da un lato, che il problema di causa non potesse prescindere dalla interpretazione e ricostruzione del rogito notarile di cessione immobiliare di cui all’avviso di liquidazione in questione e, dall’altro, che proprio all’esito di tale interpretazione e ricostruzione dell’atto doveva ravvisarsi la fondatezza della pretesa impositiva mediante imposta proporzionale sull’intero compendio trasferito e non soltanto sulla proprietà immobiliare del Comune prima della realizzazione delle opere in concessione.

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha osservato come il rogito 31 gennaio 2011 fosse inequivocabile in ordine agli elementi essenziali, costituiti: – dalle parti negoziali della compravendita, date soltanto dal Comune di Putignano come venditore e dalla Agrileasing come acquirente; – dall’oggetto della compravendita, indistintamente identificato nell’intero complesso sito in (OMISSIS) (“così come ampiamente descritto all’art. 2 dell’atto stesso”); dal prezzo (Euro 15.252.365,00) così come globalmente indicato all’art. 7 del rogito.

Ha poi aggiunto la Commissione Tributaria Regionale, a conferma ed integrazione della propria ragione decisoria, che eventuali questioni concernenti la tassazione iva dell’operazione in questione (erroneo addebito dell’iva alla Agrileasing da parte di Kentron) risultava estranea alla presente controversia, dovendo trovare disciplina nel rapporto interno tra la prima e la seconda.

Questa motivazione dà conto di tutti gli elementi essenziali della fattispecie e del fondamento – ancorato alla lettera ed alla ricostruzione funzionale del rogito notarile – del convincimento posto a base della decisione.

Non si tratta, pertanto, di motivazione meramente apparente, né intrinsecamente contraddittoria, e nemmeno tale da impedire il controllo di legittimità sul ragionamento seguito dal giudice di appello.

Il che basta ad escluderne la dedotta nullità.

p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce ulteriore violazione e falsa applicazione di legge con riguardo ai criteri legali di interpretazione del contratto ex artt. 1362 e 1363 c.c. (segnatamente i criteri letterale, sistematico e “globale”).

La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, avrebbe omesso di considerare che:

– le parti del contratto non erano soltanto il Comune ed Agrileasing, ma anche (oltre alla banca in qualità di creditrice ipotecaria) la Kentron, la quale aveva partecipato ad esso come utilizzatrice in relazione alla parte immobiliare di proprietà del Comune, ma come venditrice in relazione alle opere;

– il prezzo della compravendita era stato conseguentemente scorporato, con specifica distinzione tra beni di proprietà comunale e beni di proprietà Kentron, questi ultimi inseriti nell’atto ai soli fini del finanziamento della locazione finanziaria;

– la volontà delle parti di procedere al trasferimento dell’immobile di proprietà del Comune in maniera autonoma e distinta rispetto alle opere della Kentron risultava anche dal comportamento pregresso complessivo delle parti.

p. 4.2 Il motivo è infondato.

Va premesso che, in materia di interpretazione del contratto, il vaglio della corte di legittimità è limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, e della coerenza e logicità della motivazione addotta dal giudice di merito, senza poter estendersi al risultato interpretativo prescelto, in sé considerato, in quanto rientrante nell’ambito dei tipici giudizi di fatto riservati alla valutazione discrezionale del giudice di merito.

Dal principio che quella demandata alla corte di legittimità costituisce una verifica limitata ad escludere la sussistenza di un “vizio di attività” del giudice di merito (sotto il suddetto duplice profilo della violazione dei parametri legali di ermeneutica contrattuale e di motivazione illogica ed inadeguata), consegue che sia inammissibile ogni censura alla ricostruzione della volontà negoziale delle parti operata dal giudice di merito che si risolva, non già nella enucleazione di un vizio di applicazione normativa o di ragionamento, ma semplicemente in una diversa delibazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati, e già ritenuti sintomatici di una determinata volontà negoziale (Cass. n. 2465 del 10/02/2015 ed altre). Si è inoltre osservato che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice di merito non deve essere l’unica interpretazione possibile del contratto, ovvero la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicché “quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra” (tra le altre, Cass. n. 11193 del 17/07/2003; in termini: Cass. n. 8360 del 21 aprile 2005; Cass. n. 15197 del 6 agosto 2004; Cass. n. 12123 del 23 maggio 2006; Cass. n. 8101 del 21 aprile 2015).

Orbene, nel caso in esame la conclusione interpretativa alla quale è giunta la commissione tributaria regionale si pone in linea, non in contrasto, con i criteri legali di interpretazione negoziale, là dove essa ha adeguatamente valorizzato la lettera dell’atto di compravendita, da ritenersi del tutto coerente con lo scopo pratico e gli effetti (giuridici) da esso perseguiti.

Ciò tanto più in un contesto nel quale il problema della interpretazione negoziale non si poneva tra le stesse parti del negozio, bensì nei confronti di un soggetto terzo (l’amministrazione finanziaria), e con riguardo ad una obbligazione (quella tributaria) rilevante nella sua oggettiva emersione dall’atto (art. 20 cit.), anche indipendentemente dalla volontà soggettiva delle parti contraenti.

Si tratta, del resto, di conclusione ermeneutica di per sé non univocamente esclusa dalla attribuzione alle due diverse componenti patrimoniali di una quota sul prezzo complessivo di vendita (comunque unitariamente indicato in atto a favore dell’alienante Comune di Putignano), in quanto rispondente ad una divaricazione di disciplina impositiva (alternatività Iva-registro) che era qui priva di base legale.

Inoltre, tale conclusione ha tenuto altresì in debito conto il fatto che la compravendita dal Comune alla società di leasing fosse finalizzata ad attribuire l’intero compendio, da quest’ultima acquistato, alla Kentron in forza di un contratto di leasing di cui si dà atto; il che giustificava di per sé (alternativamente alla proprietà in capo ad essa delle opere concessorie) la circostanza che Kentron avesse sì partecipato all’atto, ma nella veste di utilizzatrice dell’intero e non di venditrice.

Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito;

v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità di collegamento da remoto, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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