Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19859 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/07/2021, (ud. 07/07/2021, dep. 12/07/2021), n.19859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17976/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

SIR SAFETY UMBRIA VOLLEY PERUGIA SOC. COOPERATIVA SPORTIVA

DILETTANTISTICA SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Davide

Tagliaferri, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via

Calabria, n. 56;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria, sezione n. 01, n. 49/01/15, pronunciata il 18/11/2014,

depositata il 13/01/2015;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07 luglio

2021 dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) dell’UMBRIA ha accolto, con la sentenza impugnata, l’appello della Sir Safety Umbria Volley Perugia Soc. Cooperativa Sportiva Dilettantistica Srl (“SSD”) avverso la sentenza di primo grado che, dopo averli riuniti, aveva accolto parzialmente i ricorsi della contribuente contro gli avvisi di accertamento, ai fini IRES, IRAP, IVA, per l’esercizio 01/07/200530/06/2006, con i quali l’Amministrazione finanziaria (“A.F.”), tra l’altro, dichiarava l’associazione decaduta dal regime agevolato delle associazioni dilettantistiche, a causa della violazione dell’obbligo di tracciabilità delle operazioni finanziarie di cui alla L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 25, comma 5, e quindi rideterminava con regime ordinario l’imponibile ai fini delle imposte dirette, dell’IRAP e dell’IVA;

2. il giudice di appello, per quanto tuttora rileva in relazione al contenuto delle censure dell’Agenzia (vedi infra), ha giudicato illegittima la revoca disposta dall’A.F. nei confronti della SSD del regime di favore previsto dalla L. n. 398 del 1991, per violazione dell’art. 25, comma 5, cit., poiché, rispetto alle migliaia di operazioni verificate, erano state rinvenute soltanto tre operazioni che non rispettavano le disposizioni sulla tracciabilità, il che dimostrava che la contribuente, che non aveva obbligo di tenuta della contabilità, aveva commesso “errori veramente esigui”, plausibili e giustificabili, a fronte dei quali prevaleva senz’altro la sua buona fede, attestata anche dallo spirito collaborativo che la società aveva manifestato nel corso dell’attività accertatrice;

3. l’Agenzia ricorre, con due motivi, avverso la decisione d’appello;

la contribuente resiste con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. con il primo motivo di ricorso (“I Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha omesso di valutare un gran numero di movimentazioni non tracciate contestate dall’ufficio, alcune delle quali di importo considerevole, che avrebbero imposto di confermare la decadenza della SSD dal regime fiscale privilegiato di cui aveva indebitamente fruito;

2. con il secondo motivo (“II Violazione e falsa applicazione della L. n. 133 del 1999, art. 25, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), l’Agenzia premette che l’accertamento era fondato sulle movimentazioni finanziarie non accreditate in conto corrente o accreditate senza l’utilizzo delle modalità tracciate prescritte dall’art. 25, comma 5, e che almeno tre operazioni erano sicuramente avvenute in violazione della norma; dopodiché l’ufficio ascrive alla C.T.R. di avere annullato gli atti impositivi sulla base dell’erroneo convincimento che la decadenza dal regime di favore previsto dalla L. n. 398 del 1991, non ricorra nel caso in cui l’impossibilità di tracciare le operazioni riguardi un numero limitato di esse rispetto al complesso delle movimentazioni, senza considerare che l’art. 25, comma 5, non prevede deroghe alle conseguenze della violazione dell’obbligo di utilizzazione di modalità tracciabili dei flussi finanziari;

3. il primo motivo è inammissibile;

fin da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, si è andato consolidando il principio di diritto per cui l’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie applicabile ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

4. nel caso in esame, con la surrichiamata doglianza, l’Agenzia non rivolge alla sentenza critiche riconducibili al paradigma legale di cui al novellato n. 5, dell’art. 360, per mancanza del requisito della “decisività”, atteso che, comunque, anche secondo la prospettiva erariale, come si evince con chiarezza dal contenuto della censura, la decadenza dal regime fiscale agevolato si verificherebbe in ogni caso, a prescindere dal numero (più o meno ampio) di operazioni finanziarie non tracciabili compiute dalla società;

5. il secondo motivo è fondato;

questa sezione tributaria (Cass. n. 10452/2021) ha recentemente affermato che, ai sensi della L. 16 dicembre 1991, n. 398, art. 1, è stato riconosciuto, a determinate condizioni, un particolare regime agevolato “alle associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche”; il regime agevolato riguarda particolari modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell’IVA nonché previsioni di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi;

6. inoltre, la L. n. 133 del 1999, art. 25, comma 5, stabilisce che “I pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche di cui al presente articolo sono eseguiti, se di importo pari o superiore a Lire 1.000.000” (Euro 516) “tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli (…) L’inosservanza della presente disposizione comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla L. 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, e l’applicazione delle sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 11, recante riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi”;

7. il Collegio intende riaffermare il principio di diritto per il quale le norme che prevedono agevolazioni tributarie sono di stretta interpretazione; il postulato giuridico è stato da ultimo enunciato (tra le altre) da Cass. 16/07/2020, n. 15249, nonché da Cass. 27/04/2018, n. 10214, in connessione con Cass. Sez. U. 22/09/2016, n. 18574, che richiama un precedente delle Sezioni unite (Cass. Sez. U. 03/06/2015, n. 11373) in base al quale costituisce caposaldo dell’ordinamento tributario, nonché “principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte e condiviso dalla prevalente dottrina, che le norme fiscali di agevolazione sono norme di “stretta interpretazione”, nel senso che non sono in alcun modo applicabili a casi e situazioni non riconducibili al relativo significato letterale”.

Invero, puntualizzano le Sezioni unite, le norme che riconoscono agevolazioni o benefici fiscali in deroga all’ordinario regime d’imposizione “sono norme ad interpretazione rigida ed anelastica, in quanto rigorosamente legata al dato letterale. Ed è la centralità stessa del criterio nel sistema dell’imposizione, al fine del perseguimento degli equilibri cui l’imposizione deve mirare in ottemperanza ai principi di cui agli artt. 23,53 e 81 Cost. (cfr. C. Cost. 10/2015) (…)” a rendere ineludibile l’osservanza di tale regula iuris;

8. nella fattispecie concreta, la C.T.R., trascurando questo fondamentale principio di diritto, laddove ha negato la decadenza dal regime di tassazione agevolata in ragione dell’esiguo numero di operazioni non tracciabili compiute dalla contribuente, non ha fatto corretta applicazione della prescrizione dell’art. 25, comma 5, che – giova ripeterlo – interpretato alla luce del suo univoco significato letterale (che, per quanto si è sopra affermato, è il solo criterio ermeneutico consentito), dispone la decadenza della società dilettantistica dal regime fiscale agevolato ove le operazioni finanziarie dalla stessa compiute non siano “tracciabili” e, diversamente da quanto reputa il giudice d’appello, non ammette deroghe o eccezioni di sorta alla decadenza in rapporto alla maggiore o minore ampiezza (per così dire) della “zona grigia” delle operazioni irregolari;

9. in conclusione, accolto il secondo motivo e dichiarato inammissibile il primo, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice di merito che, nel riesaminare la controversia, si atterrà al principio di diritto sopra enunciato, per poi provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibile il primo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

 

 

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