Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19855 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 12/07/2021), n.19855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1709/2020 proposto da:

O.O., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO, SEZ. DI

CAMPOBASSO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui

Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 2512/2019 del TRIBUNALE DI

CAMPOBASSO, depositato il 14/11/2019 R.G.N. 470/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Campobasso, con decreto pubblicato il 14.1,1.2019, ha respinto il ricorso proposto da O.O., cittadino nigeriano, della regione Edo State, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. il Tribunale, per quel che qui interessa, ha precisato che:

a) il richiedente – orfano di madre, cresciuto con il padre, morto nel 2016, fuggito per timore di essere aggredito da un gruppo che si riuniva nelle sue terre per venerare un idolo – non ha allegato di essere affiliato politicamente o di aver preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, né di appartenere ad una minoranza etnica e/o religiosa oggetto di persecuzione come richiesto per la protezione internazionale né lo stesso risulta compreso nelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano;

b) pertanto, i fatti riferiti, estremamente generici, non sono riconducibili alle previsioni della Convenzione di Ginevra, anche considerando che dalle notizie apprese da fonti aggiornate e attendibili non risulta che nella regione nigeriana dalla quale proviene l’istante (Nigeria-Edo State) vi siano attacchi a sfondo terroristico;

c) neppure sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria; visto che le notizie raccolte da aggiornate fonti internazionali affidabili evidenziano che il Paese di origine del richiedente non è interessato da situazioni di violenza indiscriminata o di conflitto armato – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – che possano coinvolgere il ricorrente;

d) neanche può essere concessa la protezione umanitaria perché la situazione del Paese di provenienza esclude la sussistenza di una condizione di elevata, vulnerabilità all’esito del rimpatrio, il ricorrente non ha descritto – se non genericamente – le condizioni individuali di vita nel proprio paese; a fronte ella insussistenza di una rete sociale e familiare di integrazione in Italia;

3. il ricorso di O.O. domanda la cassazione del suddetto decreto per tre motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea; cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,7,14,16 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,9,14,27,35 bis, non essendo stati valutati il pericolo di una persecuzione di natura religiosa, certamente idonea a fondare la richiesta di protezione internazionale, e la grave malattia (HIV) da cui è affetto il richiedente, sottoposta all’attenzione del Tribunale con istanza di remissione della causa sul ruolo del 26.10.2019; inoltre, non è stato considerato che la Nigeria è un paese altamente pericoloso e instabile;

1.2. con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e vizio di motivazione, con riguardo alla protezione umanitaria, non essendo stato valutato lo stato di vulnerabilità derivante dalla violazione dei diritti alla salute e alla libertà di religione;

1.3. con il terzo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 bis, avendo, il giudice, erroneamente revocato l’ammissione al gratuito patrocinio senza effettuare una valutazione della manifesta infondatezza del ricorso;

2. i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per la loro intrinseca connessione, vanno dichiarati inammissibili, perché, al di là del formale richiamo alla violazione di svariate norme di legge contenuto nell’intestazione di entrambi i motivi, le censure con essi proposte finiscono con l’esprimere un mero – e, di per sé, inammissibile – dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze processuali effettuate dal Tribunale a proposito sia della condizione socio-politica del Gambia sia della condizione personale del ricorrente quale emersa dal suo racconto, sulla base delle risultanze processuali;

2.1. a ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dal giudice del merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia, affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata, su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass., 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

2.2. invero, il Tribunale ha rilevato che, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, la situazione personale del richiedente nonché la situazione socio-politica del Paese di provenienza non configuravano un fondato timore di una persecuzione personale e diretta, non essendo emersa una specifica esposizione al rischio di violazione dei diritti umani in caso di rientro in Patria; il relativo accertamento integra un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito censurabile in i sede di legittimità nei limiti – come già detto – di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. fra le tante Cass. n. 30105 del 21 novembre 2018);

2.3. in ordine alla malattia sofferta dal richiedente e in particolare alla documentazione medica genericamente citata in ricorso, la censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto saliente di detta documentazione nonché dell’istanza di rimessione della causa sul ruolo, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4;

2.4. inoltre, in ordine alla protezione sussidiaria, il Tribunale, citando fonti internazionali attendibili ed aggiornate (pag. 3 del decreto impugnato) ha accertato in fatto che nella regione di Edo State non, fosse in atto una situazione assimilabile a quella di un conflitto armato generatore di violenza indiscriminata; lo stabilire se tale accertamento sia corretto o meno è questione di fatto, come tale incensurabile, in questa sede se non evidenziando l’omesso esame di un fatto decisivo o la manifesta irrazionalità della decisione, censure neanche prospettate dall’odierno ricorrente (di recente: Cass. n. 6897 del 2020); in realtà chi ricorre si limita al prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può, essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perché si esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e si invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (da ultimo, tra molte, v. Cass. n. 256 del 2020);

2.5. infine, in ordine alla protezione umanitaria, le Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 29459 del 2019) hanno condiviso l’orientamento che assegna rilievo, centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel, nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare là privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale, puntualizzando però che non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, né il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza (Cass. n. 17072 del 2018); si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sé inidonea al riconoscimento, della protezione umanitaria (Cass. 9304 del 2019);

2.6. nella specie in ricorso non viene adeguatamente specificato né quando né come siano stati sottoposti all’attenzione del giudice di merito quegli elementi di fatto individualizzanti che consentissero di enucleare una condizione di vulnerabilità (posto che il ricorrente, già nel ricorso introduttivo del giudizio, aveva indicato di soffrire di un malattia grave, non documentata con ulteriore violazione – in questa sede – del principio di autosufficienza); inoltre, nessun elemento è stato fornito circa l’eventuale percorso di integrazione sociale intrapreso in Italia;

3. il terzo motivo è inammissibile, in quanto – avverso la revoca dell’ammissione al patrocinio che sia stata disposta con la sentenza che ha deciso la causa – va proposta, separatamente, l’opposizione ex art. 170 T.U.S.G., dovendosi, invece, escludere che la parte che voglia dolersi dell’ingiustizia del provvedimento di revoca possa impugnare la sentenza con i mezzi di impugnazione previsti per la stessa, con ciò coinvolgendo nel giudizio di impugnazione le altre parti della casa; estranee al rapporto giuridico instauratosi tra chi ha chiesto l’ammissione al patrocinio e il Ministero della Giustizia (Cass., Sez. 2, n. 29228 del 06/12/2017; Cass., Sez. 3, n. 3028 del 08/02/2018; Cass., Sez. 3, n. 5535 del 08/03/2018, non massimata). Invero, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione a detto patrocinio in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, per la revoca dell’ammissione (Cass. n. 4315 del 20/02/2020);

4. il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile; alla reiezione del ricorso, non consegue la condanna della parte la ricorrente al pagamento delle spese, processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive;

5. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente) dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 200, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma 1-bis dello stesso art. 13, comma 1-bis; si precisa che, posta l’inammissibilità dell’impugnazione, questa Corte deve attestare l’obbligo del ricorrente, trattandosi di atto ricognitivo che prescinde dal provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio (Cass. Sez. U. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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