Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19853 del 28/09/2011

Cassazione civile sez. II, 28/09/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 28/09/2011), n.19853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato ALLOCCA

GIORGIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale ad

lites a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 930/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

29/11/07, depositata il 02/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Allocca Giorgio, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti, (deposita dopo le conclusioni del P.G. note di

replica);

è presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI Maurizio che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1993 Z.G. conveniva in giudizio davanti al tribunale di Verona il fratello F., lamentando che il convenuto gli impediva l’accesso al terrazzo comune e al locale caldaia del fabbricato, sito in (OMISSIS), in cui entrambi erano proprietari di appartamenti pervenuti dal padre, nonchè l’esercizio di una servitù di passo costituita con l’atto di donazione paterna.

Chiedeva l’accertamento dei propri diritti anche in relazione alla servitù di fognatura su una fossa biologica.

Z.F. resisteva alle domande e in via riconvenzionale agiva per far valere l’occupazione senza titolo, da parte dell’attore, dei fondi siti in (OMISSIS) contraddistinti con i mappali 46f e 56G. L’attore eccepiva litispendenza in relazione ad altra causa.

Il tribunale di Verona nel 2003 accoglieva in parte tanto la domanda principale, che la domanda riconvenzionale.

La Corte d’appello di Venezia con sentenza 2 luglio 2008 rigettava gli appelli proposti dalle parti, negando, tra l’altro, la litispendenza e la istanza di sospensione del giudizio.

Inoltre rilevava l’inammissibilità, perchè nuova, della domanda di nullità dell’atto di alienazione 19.11.1986 effettuato dal genitore in favore del convenuto.

Respingeva i motivi impugnazione, relativi a questioni di merito, proposti da Z.F..

Z.G. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 18 luglio 2009.

Il convenuto è rimasto intimato.

Alla pubblica udienza, parte ricorrente ha depositato note di replica al pubblico ministero.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, giacchè il nuovo rito, che abroga l’art. 366 bis c.p.c., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nella L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge (Cass. 26364/09).

Resta quindi irrilevante la data di notifica del ricorso, qualora la sentenza impugnata sia come nella specie anteriore al 4 luglio 2009.

Il primo motivo di ricorso espone che sussiste un giudicato esterno relativo alla richiesta di rilascio dell’immobile di cui ai mappali 46F e 56G proposta da Z.F., in forza di sentenza di merito risalente al 1987, prodotta unitamente al ricorso come documento 3.

Secondo il ricorrente, per il principio del ne bis in idem, la Corte Suprema dovrebbe dichiarare l’esistenza del giudicato. La censura è inammissibile.

Mette conto ricordare infatti che in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione.

L’insegnamento, di recente ribadito da S.U. 21493/10, si attaglia esattamente alla odierna fattispecie, in cui il ricorrente solo in sede di legittimità tenta di far valere una sentenza preesistente a quella di appello che intende impugnare.

Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 39 c.p.c. in tema di litispendenza e dell’art. 284 c.p.c. in materia di riunione di cause.

Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., invocando la sospensione necessaria del processo.

Il quarto motivo lamenta omessa pronuncia sull’accertamento di nullità e o inefficacia di un atto di vendita e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Questi tre motivi non contengono il quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).

L’ultima censura denuncia vizi di motivazione relativamente alla controversa proprietà del lastrico solare.

Il motivo non contiene la chiara indicazione del fatto controverso prescritta dall’art. 366 bis c.p.c.. Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c.. In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08; 16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere.

E’ stato affermato che nella norma dell’art. 366-bis cod. proc. Civ., nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Non è quindi qualificabile in tal modo la parte in grassetto del motivo, che si limita a evidenziare due elementi di particolare importanza ai fini del decidere, cioè la costruzione in muratura di una scala di accesso al terrazzo e le deposizioni testimoniali attestanti l’uso di esso per i giochi dei bambini.

Questa parte del motivo, che si limita invano a contraddire le opposte valutazioni del giudice di merito, incensurabili in questa sede, non contiene alcuna sintesi delle altre più rilevanti argomentazioni che sono svolte nella censura, in parte riconducibili a violazioni di legge (art. 1102 c.c.), che non sono state fatte oggetto nè di specifica indicazione riassuntiva, nè di quesito di diritto.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, alla quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2011

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