Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19853 del 26/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19853 Anno 2018
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: GIANNITI PASQUALE

ha pronunciato la seguente

Ud. 30/01/2018

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

CC

sul ricorso 17574-2016 proposto da:
POSTE

ITALIANE

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso lo studio
dell’avvocato ANNA MARIA ROSARIA URSINO, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrentecontro

UNIPOLSAI SPA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 2909/2016 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/05/2016;

1

Data pubblicazione: 26/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio

del

30/01/2018

dal

Consigliere

Dott.

PASQUALE GIANNITI;

2

RILEVATO CHE:

1.La Milano Assicurazioni S.p.A. (poi UNIPOLSAI Assicurazioni
S.p.A) conveniva davanti al Tribunale di Roma POSTE ITALIANE
S.p.A, deducendo che:
– in base ad una convenzione con BANCA SAI, avente ad
oggetto il servizio di liquidazione dei sinistri mediante pagamento

dell’assegno n. 9100634120-06 del 21/3/2005 dell’importo di C
10.070,91, intestato a tale Colagiovanni Giorgio;
– detto assegno non era stato pagato all’effettivo beneficiario,
in quanto era stato riscosso da soggetto non legittimato presso un
ufficio postale (come emerso a seguito della denunzia sporta
dall’effettivo beneficiano il quale aveva dichiarato di non avere mai
ricevuto l’assegno);
– a seguito di detti fatti, la compagnia assicuratrice era stata
costretta all’emissione di un secondo titolo, di importo
corrispondente a quello precedente.
Tanto premesso in fatto, la compagnia assicuratrice attorea
deduceva che le Poste Italiane s.p.a.:
a) erano responsabili per quanto occorso, in quanto non
avevano compiutamente accertato l’identità del soggetto che si era
presentato per incassare il titolo (atteso che gli effettivi estremi
anagrafici non corrispondevano a quelli declinati) e, quindi,
avevano operato senza la diligenza richiesta ad un esperto
banchiere;
b) non potevano essere esentate da detta responsabilità per
il solo fatto di avere acquisito copia del documento di identità e del
tesserino fiscale in occasione dell’apertura del libretto di deposito
sui cui aveva poi accreditato l’assegno.
Pertanto la Compagnia concludeva chiedendo la condanna di
Poste italiane S.p.A. al rimborso dell’importo portato dall’assegno,
oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
3

di assegni bancari non trasferibili, aveva ordinato l’emissione

Si costituivano Poste Italiane S.p.A., che:
– preliminarmente: eccepivano la nullità della citazione e la
carenza di legittimazione attiva della Milano s.p.a.; e
– nel merito: deducevano la infondatezza della domanda,
affermando di aver osservato la dovuta diligenza del

bonus

argentarius nell’identificazione del presentatore del titolo e nella

proprio assunto copia dei documenti identificativi del Colagiovanni
(che erano stati acquisiti all’atto dell’apertura del libretto di
deposito sul quale era stato versato l’importo portato dal titolo,
unitamente allo specimen di firma).

2.11 Tribunale di Roma con sentenza n.19467/2014 rigettava
la domanda della Milano Assicurazioni, condannandola al
pagamento delle spese di lite.

La Compagnia assicuratrice proponeva appello avverso la
sentenza di primo grado, censurandone la motivazione nella parte
in cui il Giudice di primo grado, disattendendo quanto enunziato
dalla S.C. nella pronunzia a S.U. n. 14172/2007, aveva ritenuto
che Poste avesse fornito la prova liberatoria attraverso
l’identificazione del prenditore dell’assegno medesimo a mezzo
patente ed acquisizione del codice fiscale.

Si costituivano le Poste Italiane s.pa., le quali:
– in via preliminare eccepivano l’inammissibilità dell’appello ai
sensi dell’art. 342 c.p.c., come novellato dalla Ig n. 134/2012, non
essendo stati specificati nell’atto di impugnativa né i capi di
sentenza impugnati, e neppure le modifiche richieste; e
– nel merito, contestavano la fondatezza dell’appello,
ribadendo di aver tenuto un comportamento diligente (al contrario
della compagnia appellante, che si era avvalsa di un mezzo di
4

successiva fase di negoziazione, e depositando a sostegno del

trasmissione del titolo inadeguato) e contestando che fosse

ex

adverso stata fornita la prova del danno subito.

3.La Corte di appello con la impugnata sentenza, dopo aver
respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello (sollevata in via
preliminare dalle Poste), in accoglimento dello stesso e in riforma
integrale della sentenza del giudice di primo grado, condannava

della somma portata dall’assegno per cui è processo, oltre
accessori, nonché al pagamento delle spese processuali, che
liquidava in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.

Poste Italiane proponeva ricorso avverso la sentenza, emessa
dalla Corte di appello in integrale riforma della sentenza del giudice
di primo grado, articolando due motivi di ricorso.

RITENUTO CHE

Le Poste Italiane ricorrenti censurano la sentenza impugnata,
in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.,
-nel primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art.
1176 comma 1 e comma 2 c.c., in relazione al combinato disposto
di cui agli artt. 43 del r.d. n. 1736/1933 e 1922 comma 2 c.c., nella
parte in cui la Corte di merito ha ritenuto che le Poste, quale banca
negoziatrice dell’assegno, non avevano provato di aver osservato la
dovuta diligenza;
-nel secondo motivo, per violazione e falsa applicazione
dell’art. 1227 c.c., in relazione al combinato disposto di cui agli
artt. 40 e 41 c.p., nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto
che l’aver inserito l’assegno sbarrato e non trasferibile in una
corrispondenza ordinaria non avrebbe avuto rilievo causale rispetto
all’evento produttivo del danno.

5

Poste Italiane al pagamento, in favore della compagnia attorea,

La prima censura difensiva sottende la questione di diritto
concernente la corretta interpretazione dell’art 43 del r.d. n. 1736
del 1933. In particolare, sottende la questione se la responsabilità
di cui all’art. 43, comma 2, r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736,
secondo la quale “colui che paga un assegno non trasferibile a
persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per
l’incasso, risponde del pagamento”, sussista anche in caso di errore

Trattasi di questione, sulla quale si sono pronunciate le
Sezioni Unite con sentenza emessa all’ udienza del 5 dicembre
2017 (ricorsi rg. nn. 2691 del 2012 e 1784 del 2013), su cui è
opportuno instaurare il contraddittorio. Rinvia pertanto la causa a
nuovo ruolo.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 30
gennaio 2018.

sull’identificazione del prenditore non addebitabile a colpa.

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