Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19851 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 12/07/2021), n.19851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETIC Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1541-2020 proposto da:

O.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PADRE SEMERIA 68,

presso o studio dell’avvocato MARIA LUCE STEFANIA STASI,

rappresentato e difeso dall’avvocato UBALDO MACRI’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI LECCE, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in

ROMA, alla VIA DEI PORTOGRESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 4071/2019 del TRIBUNALE DI LECCE,

depositato il 18/11/2019 R.G.N. 11039/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Lecce, con decreto pubblicato il 18.11.2019, ha respinto il ricorso proposto da O.T., cittadino (OMISSIS) nato nell'(OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato le istanze volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, dellà protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

2. il Tribunale, premesso che non era dirimente l’assenza di videoregistrazione del colloquio avanti la Commissione territoriale, non essendo stati introdotti ulteriori temi di indagine o fatti nuovi, ha ritenuto insussistenti i requisiti richiesti pe’ il riconoscimento delle diverse misure di protezione invocate, posto che il richiedente – che ha riferito di non conoscere i propri genitori e di aver vissuto con la nonna, deceduta la quale è andato a vivere con un uomo che lo ha avviato al lavoro di meccanico, e di essere partito dal proprio paese nell’agosto 2014 temendo di, non poter sopravvivere e dopo aver subito un incidente sul lavoro – non ha allegato alcun motivo concernente eventuali persecuzioni per motivi di razza,, religione, opinioni politiche appartenenza a gruppi sociali (con I riguardo allo status di rifugiato), non ha descritto alcun grave danno conseguente ad un eventuale rimpatrio ma esclusivamente difficoltà economiche, e risultando lo Stato di provenienza ((OMISSIS)) una zona non interessata da violenze di gruppi terroristici (con riguardo alla protezione sussidiaria), né ha descritto situazionì di violazione dei diritti fondamentali o una sufficiente integrazione in Italia (documentando esclusivamente la frequenza di un corso di italiano per stranieri e un contratto di lavoro per il periodo 12.7-30.9.2018 per 15 ore settimanali, senza dimostrare la regolarità di detto rapporto).

3. il ricorso di O.T. domanda la cassazione del suddetto provvedimento per quattro motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con, controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 essendosi – il Tribunale – sottratto all’obbligo di cooperazione;

2. con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 9, 10, 11, essendosi – il Tribunale – sottratto all’obbligo di disporre la comparizione delle parti a fronte della mancata disponibilità della videoregistrazione (in sede amministrativa);

3. con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, lett. g) e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, con riguardo alla protezione sussidiaria, posto che il richiedente si troverebbe, in caso di rimpatrio, senz’altro al subire trattamenti inumani e degradanti e, con specifico riguardo alla lett. c) dell’art. 14, essendo – il Tribunale – arrivato a conclusioni frettolose, senzà compiere una accurata indagine;

4. con il quarto motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, con riguardo alla protezione umanitaria, essendo evidente che il Tribunale non ha effettuato la valutazione comparativa;

5. il primo motivo di ricorso è inammissibile, dovendo, richiamarsi il consolidatò e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui il dovere di cooperazione istruttoria si concretizza solo in presenza di allegazioni del richiedente precise, complete, circostanziate e credibili, e non invece generiche, non personalizzate, stereotipate, approssimative e, a maggior ragione, non credibili; infatti, compete all’interessato innescare l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria; non incontrando peraltro difficoltà alcuna, ove la sua narrazione sia vera e reale: gli basterà descrivere in dettaglio la sua vicenda, integrando se del caso la narrazione attraverso le risposte alle domande eventualmente rivoltegli (vedi, per tutte: Cass. n. 15794 del 2019, Cass. n. 14669 del 2020); nessuna circostanziata descrizione (ulteriore a quella presente nel decreto impugnato) viene proposta dal ricorrente che si limita a dedurre l’omissione del dovere di cooperazione del giudice di merito;

6. il secondo motivo è inammissibile, avendo questa Corte già affermato che ove venga impugnato il provvedimento di diniego della Commissione territoriale e non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza di comparizione delle parti ma, se non sono dedotti fatti nuovi o ulteriori temi d’indagine, non ha l’obbligo di procedere all’audizione del richiedente, salvo che quest’ultimo non ne faccia espressa richiesta deducendo la necessità di specifici chiarimenti, correzioni e delucidazioni sulle dichiarazioni rese in sede amministrativa (cfr. da ultimo Cass. n. 25439 del 2020, Cass. n. 21584 del 2020);

7. il terzo motivo è inammissibile, in quanto la doglianza proposta dal ricorrente costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che il giudice di merito, ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone sufficiente spiegazione, neppure adeguatamente censurata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di, questa Corte (sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014);

8. con specifico riferimento al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), è noto che l’ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla personale un Civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale non è subordinata alla condizione ché l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi che riguardino la Sua situazione personale, ma sussiste anche qualora il grado di violenza indiscriminata, che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti, raggiunga un livello così elevato da far ritenere presumibile che il rientro dello straniero nel proprio Paese lo possa sottoporre, per la sua sola presenza sul territorio, al rischio di subire concretamente tale minaccia (vedi, Cass. 23 ottobre 2017, n. 25083; 21 luglio 2017, n. 18130; 30 luglio 2015, n. 16202; Corte di Giustizia UE, 17 febbraio 2009, C-465/07, Elgafaji);

9. peraltro, l’esclusione della necessità di un coinvolgimento diretto del richiedente nel contrasto tra le forze in campo, in ragione del suo ruolo istituzionale, della sua posizione politica, della sua appartenenza etnica o delle sue idee religiose; non implica infatti in alcun modo la dispensa dall’onere di allegare, e provare” ché, per intensità e caratteristiche, lo scontro armato in atto comporta una situazioné tale da rendere gravemente rischiosa per la sua vita o la Sua incolumità la mera presenza nel territorio del Paese di origine;

10. ma, diversamente da quel che si verifica per le altre ipoteg di prdtezioné internazionale e per la protezione umanitaria (regolata da una specifica disciplina), nella fattispecie di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), tale onere di allegazione non riguarda l’interessamento del richiedente alia situazione di conflitto armato interno in modo specifico a motivo di elementi relativi alla propria situazione personale, tanto che in questa particolare ipotesi il giudizio di attendibilità e credibilità non entra in gioco, salvo che non sia controversa la stessa provenienza del richiedente da area geografica interessata a una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (vedi per tutte: Cass. 24 maggio 2019, n. 14283, che ha superato il diverso orientamento espresso da Cass. 20 dicembre 2018, n. 33096; Cass. 19 febbraio 2019, n. 4892);

11. nella specie, il Tribunale, ha rilevato l’inesistenza di una situazione di violenza generalizzata nello Stato di provenienza del richiedente ((OMISSIS)), e pur dando atto di alcuni focolai di violenza ad opera del gruppo terroristico di (OMISSIS), ha rilevato che, secondo le fonti informative utilizzate, la situazione concerne altri stati ((OMISSIS)) del paese, analisi che non è stata nemmeno embrionalmente censutata dal ricorrente;

12. il quarto motivo è inammissibile, avendo, il Tribunale, uniformato la propria decisione ai principi statuiti dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 29459 del 2019) che hanno assegnato rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese è la situazione soggettiva, e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale (inaugurato da Cass. n. 4455 del 2018, seguita, tra varie, da Cass. n. 11110 del 2019 e da Cass. n. 12082 del 2019), puntualizzando però che non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, né il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza (Cass. n. 17072 del 2018);

13. si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sé inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. 9304 del 2019);

14. nel caso di specie, il Tribunale ha evidenziato, da una parte, la carenza di elementi che abbiano attinenza con i diritti fondamentali della persona in caso di rimpatrio, e, dall’altra, l’insufficienza dell’elemento isolato consistente nel breve periodo di attività lavorativa in Italia, deducendo, il ricorrente, anche in questa sede, formule generiche;

15. in definitiva, il ricorso va rigettato, nulla per le spese, in considerazione del fatto che l’atto notificato da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità non presenta i requisiti minimi del controricorso.

16. Sussistono i presupposti processuali – anche in caso di ammissione al gratuito patrocinio (cfr. Cass. n. 9660 del 2019) – per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

5.La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parta del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo Unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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