Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19850 del 05/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 05/10/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 05/10/2016), n.19850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15076-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 86/2012 della COMM. TRIB. REG. dell’Abruzzo

depositata l’11/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. LA TORRE MARIA ENZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR dell’Abruzzo, n. 86/04/12 dep. 11.12.2012, emessa in relazione al provvedimento di diniego (notificato il 23.11.2009), dell’istanza di rimborso presentata il (OMISSIS) da D.C.M., ex dipendente della Ausimont spa, delle maggiori ritenute Irpef operate dalla società quale sostituto d’imposta nell’anno (OMISSIS), chiedendo l’applicazione dell’aliquota ridotta alla metà. Ciò in applicazione del principio di cui all’ord. della Corte di giustizia europea del 16.1.2008, che consentiva al giudice nazionale di disapplicare la norma discriminatoria, in quanto in contrasto con i principi comunitari di pari trattamento fra uomini e donne, laddove prevedeva solo per le donne l’applicazione dell’incentivo all’esodo all’età di 50 anni. La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso del contribuente, per tardività dell’istanza di rimborso, ha accolto l’appello del D.C., ritenendo “non esaurito” il rapporto tra contribuente e Amministrazione finanziaria, dovendo il giudice nazionale “disapplicare qualsiasi disposizione discriminatoria”. Ha conseguentemente considerato inapplicabile il termine di decadenza relativo alle richieste di ripetizione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e applicabile alla fattispecie il termine di prescrizione decennale, di cui all’art. 2496 c.c..

L’Intimato non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione di legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), essendo la fattispecie sottoposta al termine di decadenza di quarantotto mesi decorrenti dalla data del versamento dell’imposta.

2. Il motivo è fondato.

Secondo le sezioni Unite di questa Corte (n. 13676/2014; conf. Cass. 26 febbraio 2016, n. 3793), la domanda di rimborso del credito IRPEF generato dalla maggiore trattenuta operata dal datore di lavoro sull’incentivo all’esodo in base alla norma del TUIR successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea dalla sentenza della Corte di Giustizia, deve comunque essere presentata entro 48 mesi dalla data della trattenuta e non dalla data della sentenza. Perde, dunque, il diritto al rimborso il lavoratore che non abbia presentato l’istanza entro il predetto termine.

Come le stesse Sezioni Unite hanno spiegato, nella vicenda qui sub judice non si è affatto verificata l’espunzione di una norma impositiva dall’ordinamento, bensì il diverso caso di “una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, con effetto retroattivo analogo a quello di una sentenza di illegittimità costituzionale, ha dichiarato in contrasto con una direttiva comunitaria self executing una norma nazionale di agevolazione fiscale, ampliandone la portata soggettiva”.

In tema di rimborso delle imposte sui redditi, l’indebito tributario è infatti soggetto ai termini di decadenza o prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta, qualunque sia la ragione della non debenza, quali l’erronea interpretazione o applicazione della legge fiscale, il contrasto con norme di diritto comunitario, ovvero uno jus superveniens con applicabilità retroattiva (Cass. n. 17009/2012; n. 5978/2006; conf. n. 17918/2004, n. 15276/2008). La scadenza del termine per richiedere il rimborso determina pertanto il consolidamento dei rapporti di dare ed avere tra contribuente ed erario e l’esaurimento dello stesso rapporto tributario (v. Cass 9223/2011), con la conseguenza che il contenuto dello stesso non può più essere rimesso in discussione. Ne deriva che anche le richieste di rimborso dei tributi incompatibili con la normativa comunitaria, devono essere presentate entro i termini di decadenza, termini che non contrastano con le disposizioni comunitarie (v. Cass. 11316/2000, 7173/2002, 7178/2004, 2809/2005). D’altra parte, anche la CGCE ha espressamente affermato che “il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre un termine nazionale di decadenza alle azioni di rimborso di tributi percepiti in violazione di disposizioni comunitarie, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la propria normativa interna per renderla compatibile con tali disposizioni” (causa C- 228/96, fallimento Aprile). Questa regola trova la sua ragion d’essere nella superiore esigenza di garantire la stabilità e la certezza del bilancio dello Stato, sul versante delle entrate.

Ha pertanto errato la CTR a ritenere applicabile al casi di specie il termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2496 c.c..

Conclusivamente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, col rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

3. In considerazione del consolidarsi della giurisprudenza posta a base della decisione in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, vanno compensate le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2016

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