Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19849 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. I, 23/07/2019, (ud. 21/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29389/2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Pesaro, Via Castelfidardo

26, presso lo studio dell’avv. Antonio Fraternale, che lo

rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 962/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2019 dal Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona del 18 giugno 2018, di rigetto dell’impugnazione promossa avverso l’ordinanza del Tribunale, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato.

Diritto

CONSIDERATO

– che il primo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5 e 14, ed omesso esame, per non avere la corte del merito motivato circa la ritenuta non credibilità del richiedente, senza considerare invece lo sforzo del medesimo per suffragare il suo racconto;

– che il secondo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,comma 3, in quanto non sono state adeguatamente valutate le circostanze dedotte ai fini della protezione umanitaria;

– che i motivi sono manifestamente inammissibili;

– che, anzitutto e radicalmente, il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– che la corte del merito ha dunque adeguatamente esaminato il racconto del richiedente, ma ha concluso per la sua assoluta vaghezza, genericità, approssimazione, confusione e mancanza di riferimenti plausibili, anche attesa la mancanza di documenti di identità del richiedente, che assume non una fuga improvvisa, ma pianificata, e che deduce in sostanza minacce generiche da parte di privati, onde egli non ha compiuto nessuno sforzo di collaborazione per consentire l’accertamento dei fatti narrati;

– che, inoltre, la corte del merito ha escluso l’esistenza di elementi peculiari della situazione personale integranti le norme invocate, non sussistendo conflitto armato ed indiscriminato, nè situazioni soggettive di rischio circa i suoi diritti umani, sulla base dello stesso racconto reso;

– che, in definitiva, la corte territoriale ha compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione, nel pieno rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia, dilungandosi in una motivazione esauriente nell’esporre le ragioni che hanno portato la medesima alla decisione di rigetto del gravame; si tratta, dunque, da un lato della risposta alle domande ed alle questioni proposte dall’appellante, e, dall’altro lato, di valutazioni prettamente discrezionali rimesse al giudice di merito, onde il ricorso chiede di ripetere il giudizio di fatto, attività preclusa in virtù della funzione di legittimità;

– che, quanto alla protezione umanitaria, il motivo è altresì inammissibile, perchè intende ripetere un giudizio sul fatto, mentre non si tiene neppure conto che la situazione di vulnerabilità rilevante a tal fine deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, e non resta integrato da condizioni di povertà o generali del suo paese d’origine o dall’affermazione di un lavoro reperito in Italia (cfr. Cass. n. 4455 del 2018 e Cass. n. 17072 del 2018, fra le altre);

– che non occorre provvedere sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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