Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19849 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2017, (ud. 07/06/2017, dep.09/08/2017),  n. 19849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27512-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA

MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

TAVERNA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/2010 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata l’08/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso in via preliminare rigetto del 1 motivo,

accoglimento dei restanti per quanto di ragione, in subordine

rimessione atti al Primo Presidente per eventuale trattazione alle

SS.UU. della questione indicata nei motivi dal 2 in poi;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato STEFANINI per delega

dell’Avvocato TAVERNA che si riporta al contenuto del controricorso

e della memoria e insiste nel rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate ricorre su quattro motivi per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la prima decisione, con la quale era stata accolta l’impugnazione del silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso avanzata da G.D. per gli anni di imposta 2003 e 2004, con riferimento alle somme versate a titolo di imposta sostitutiva L. n. 448 del 2001, ex art. 7 in merito ad alcuni terreni di cui era proprietario in Modena, che riteneva di avere pagato indebitamente.

2. In particolare il contribuente, proprietario di terreni che ricadevano nella zona F del Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune di Modena, con limitata vocazione edificatoria, aveva deciso di avvalersi delle disposizioni agevolative di cui alla L. n. 448 del 2001, art. 7 ed aveva versato l’imposta sostitutiva. Successivamente, acquisita cognizione che le indennità che avrebbe percepito per l’esproprio dei terreni, compresi in zone omogenee E e/o F, non sarebbe stato imponibile ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11, commi da 5 a 8, aveva presentato senza esito l’istanza di rimborso delle somme precedentemente versate.

3. Il giudice di appello ha ritenuto che l’imposta sostitutiva era stata versata indebitamente per un errore essenziale, poichè il contribuente si era avvalso della norma agevolativa nella convinzione che le indennità di esproprio fossero imponibili; ha affermato, inoltre, che l’Ufficio era in possesso di sufficienti elementi per riconoscere ed impedire l’errore.

Ha, inoltre, sostenuto che la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e giudizio, emendabile e ritrattabile quando risulta frutto di errore del dichiarante, testuale o extratestuale, di fatto o di diritto, dal quale possano derivare oneri più gravosi di quelli previsti ex lege. Ha quindi precisato che l’emenda risultava essere stata compiuta tempestivamente nel termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2,comma 8, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione originaria.

4. Il contribuente resiste con controricorso e deposita memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente va respinta la eccezione di inammissibilità del ricorso che, contrariamene a quanto assume il controricorrente, è circostanziato e preciso nell’individuare i capi della sentenza oggetto di censura ed i motivi non implicano valutazioni di fatto sottratte al controllo di legittimità.

2.1. Primo motivo – Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54 e dell’art. 324 cod. proc. civ. e art. 2909 cod. civ. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Sostiene la Agenzia che in primo grado, pur favorevole al contribuente, era stata espressamente esclusa la ricorrenza di un errore nella espressione della volontà negoziale manifestata dalla parte con l’adesione all’agevolazione fiscale ed il versamento dell’imposta sostitutiva e che tale statuizione non era stata impugnata, di guisa la affermazione con la quale la CTR ha riconosciuto la ricorrenza di un errore essenziale appare emessa in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del giudicato interno formatosi sul punto.

Il contribuente sostiene di avere riproposto la questione dell’errore nelle controdeduzioni in appello.

2.2. Secondo motivo, proposto in via subordinata – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1428 e 1431 cod. civ. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR erroneamente ricondotto la riconoscibilità di un errore, pretesamente inficiante un atto unilaterale, a circostanze e fatti sopravvenuti rispetto all’atto da considerarsi invalido.

2.3. Terzo motivo – Insufficiente motivazione circa fatti decisivi e controversi, sempre in relazione alla questione dell’errore oggetto dei motivi primo e secondo, per non aver chiarito la CTR come la dinamica degli avvenimenti fosse, anche solo astrattamente, in grado di consentire all’Amministrazione di avvedersi dell’errore (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

2.4. Quarto motivo – Violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 7 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Osserva l’Agenzia – dopo avere sostenuto che l’errore invocato dal contribuente poteva essere ascritto solo allo stesso, atteso che la non assoggettabilità a tassazione dell’indennità di esproprio per terreni ricadenti in zona F era pacificamente evidente dalla lettera della L. n. 413 del 1991, art. 11 – che la decisione del contribuente di accedere al regime agevolativo era frutto di una libera scelta attraverso la quale si era esplicitata una precisa volontà negoziale da ritenersi irrevocabile.

Denuncia quindi la erroneità della decisione impugnata per avere ritenuto che tale dichiarazione fosse ordinariamente emendabile o revocabile, come consentito per le dichiarazioni reddituali.

3.1. Il primo motivo è infondato.

3.2. Come più volte ribadito da questa Corte “Ai sensi dell’art. 342 c.p.c., il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicchè non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel “thema decidendum” del giudizio.” (Cass. nn. 443/2011, 1377/2016, 8604/2017).

3.3. Nel caso di specie, l’Agenzia, in veste di appellante aveva insistito per il disconoscimento del diritto a rimborso, mentre il contribuente aveva controdedotto chiedendo la conferma della favorevole pronuncia di primo grado.

Orbene, nella prima decisione – riprodotta integralmente nel ricorso sul punto in contestazione è detto “Ad avviso di questo collegio, non è qui questione di errore nella espressione di una volontà negoziale. In realtà qui ha rilievo solamente un fatto e cioè che il pagamento di una somma che le parti ritengono entrambe pacificamente non dovuta a cagione della mancanza del presupposto dell’imposta….”, di guisa che risulta evidente che la doglianza circa la ricorrenza di un errore contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia – non è stata respint come infondata, ma è stata sostanzialmente ritenuta non decisiva ai fini della statuizione adottata (come si evince dai passaggi “non è qui questione di errore…. qui ha rilievo solamente…”) ed assorbito da una motivazione centrata su altro profilo (la mancanza di presupposti dell’imposta).

Se ne deve inferire che i motivi di appello proposti dall’Agenzia per sostenere la irritualità e l’infondatezza del preteso rimborso e le controdeduzioni presentate dal contribuente involgevano tutti i temi connessi alla impugnazione del silenzio rifiuto e che il giudice a quo correttamente ha proceduto al riesame completo della vertenza.

3.4. La censura va, pertanto, rigettata.

4.1. I motivi secondo e quarto possono essere trattati congiuntamente per connessione e vanno accolti perchè fondati.

4.2. Innanzi tutto va rimarcato che la richiesta di rimborso è conseguita alla corresponsione di imposta sostitutiva a seguito della scelta volontaria del contribuente di accedere ad una procedura agevolativa L. n. 448 del 2001, ex art. 7 di guisa che la successiva presentazione (in data 14.03.2006) delle dichiarazioni integrative Unico 2004 e Unico 2005 – con le quali il contribuente aveva rettificato la dovutezza dell’imposta sostitutiva dallo stesso versata e sulla scorta delle quali aveva chiesto il rimborso – non ha, ne avrebbe potuto, in alcun modo mutare la natura volontaria e negoziale dell’accesso alla ricordata agevolazione fiscale.

4.3. In proposito questa Corte ha già chiarito che, in forza del carattere irrevocabile dell’opzione volontaria di pagamento dell’imposta sostitutiva, non può sorgere per il contribuente il diritto al rimborso dell’imposta già pagata (cfr., da ultimo, Cass. n. 13406 del 2016), e che, nell’ipotesi di pagamento rateale, restano dovuti i versamenti successivi (Cass. nn. 3410/2015, 939/2016; in termini, Cass. n. 16162/16).

Ciò perchè rispetto alla opzione sopra descritta, con la quale il contribuente può liberamente decidere di usufruire del relativo beneficio fiscale, così modificando l’ordinario rapporto con il Fisco, non può evocarsi il principio della emendabilità della dichiarazione, in quanto detto principio non opera in relazione a specifiche manifestazioni di volontà negoziale, come l’avvalersi di un’agevolazione fiscale (Cass. nn. 7294/2012, 1427/2013, 13140/2014, 24057/14, 3410/15, 939/16, 9115/16, 26317/2016).

4.4. Invero, le manifestazioni di volontà contenute nelle dichiarazioni negoziali a cui il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale, proprio perchè hanno il valore di atto negoziale, sono come tali irretrattabili anche in caso di errore, salvo che il contribuente non dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. cod. civ., l’essenzialità dell’errore e la sua obiettiva riconoscibilità da parte dell’Amministrazione finanziaria, come già affermato da questa Corte (Cass. nn. 1427/2013, 18180/2015, 19410/2015, 20208/2015, 7294/2014).

Inoltre l’errore sulla valutazione economica di quanto costituisce oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento della manifestazione di volontà, in quanto non incide sull’identità o qualità dell’oggetto del negozio, ma attiene alla sfera dei motivi in base aí quali la parte si è determinata a concluderlo ed al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare (cfr. Cass. nn. 5139/2003, 20148/2013).

4.5. Nel caso di specie la CTR, dopo aver affermato che il contribuente aveva provveduto a rivalutare i terreni avvalendosi della procedura agevolativa per ridurre il peso fiscale conseguente alla presunta futura plusvalenza derivante dal prossimo esproprio dei terreni stessi di cui era stato informato dal soggetto espropriante, ha considerato che il contribuente successivamente all’adesione all’agevolazione fiscale aveva saputo che le indennità di esproprio, che avrebbe dovuto percepire sui suoi terreni, non sarebbero state imponibili e si era attivato presentando un interpello all’Amministrazione finanziaria, che aveva confermato la non imponibilità dell’indennità di esproprio a norma della L. n. 413 del 1991, art. 11 e, quindi, presentando le dichiarazioni integrative e poi l’istanza di rimborso.

4.6. Orbene la CTR nell’affermare che l’errore essenziale era dato dal fatto che il contribuente si era avvalso del beneficio perchè convinto dell’imponibilità dell’indennità di esproprio e che quest’errore era riconoscibile dall’Amministrazione perchè in possesso di sufficienti elementi per riconoscerlo ed impedire l’errore, non si attiene ai principi enunciati.

Invero la valutazione economica dell’accesso alla procedura agevolativa non attiene all’oggetto della stessa, ma rientra nell’ambito dei motivi in base ai quali la parte privata si è determinata a manifestare la sua volontà negoziale e pertanto l’errore, così come identificato dalla CTR è privo del carattere di essenzialità; va altresì considerato che la specifica non imponibilità dell’indennità di esproprio deriva direttamente dalla legge e pertanto, oltre che essere tempestivamente conoscibile dal contribuente, potrebbe al più ridondare come errore di diritto non rilevante ai sensi degli artt. 1428 e 1431 cod. civ..

Restano, inoltre, del tutto incomprensibili le ritenute ragioni di riconoscibilità dell’errore da parte dell’Ufficio, all’epoca della dichiarazione di adesione alla procedura agevolativa, posto che il soggetto espropriante era un altro.

4.7. Ne consegue che erroneamente la CTR ha escluso che la fattispecie in esame rientri tra le dichiarazioni negoziali ed ha ravvisato comunque la ricorrenza di un errore essenziale e riconoscibile, riconoscendo il diritto al rimborso.

5.1. L’accoglimento dei motivi secondo e quarto comporta l’assorbimento del terzo.

6.1. In conclusione il ricorso va accolto sui motivi secondo e quarto, infondato il primo ed assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata e, decidendo nel merito, l’originario ricorso va rigettato con condanna di G.D. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità e compensazione delle spese di giudizio delle fasi di merito.

PQM

 

– Accoglie il ricorso sui motivi secondo e quarto, infondato il primo ed assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso, condanna G.D. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nel compenso di Euro 8.000,00=, oltre spese prenotate a debito, e compensa le spese di giudizio per le fasi di merito.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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