Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19848 del 19/09/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19848 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: TRIA LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso 26146-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, EMANUELE
DE ROSE, VINCENZO STUMPO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente
contro

DIRUTIGLIANO GIAMBATTISTA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 5457/2010 della COME D’APPELLO di
BARI del 26.10.2010, depositata il 03/11/2010;

c6Q2,

Data pubblicazione: 19/09/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dein/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA TRIA.

“….-…-..

n7n.

Ric. 2011 n. 26146 sez. ML – ud. 08-07-2014
-2-

,

Sesta seziono — Sotto Sezione Lavoro
Udienza dell% luglio 2014 – n.207 del ruolo
RG n. 26146/11
Presidente: Mammone – Relatore: Tria

Ritenuto che la causa è stata chiamata alla adunanza in Camera di consiglio
dell’8 luglio 2014 ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. sulla base della relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., avente il seguente tenore:
«1.— La Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza di primo grado, esclusa
l’intervenuta decadenza ai sensi del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47,
comma 3 e s.m. per non essere decorso il termine di legge di un anno e trecento
giorni, condannava l’INPS a riliquidare l’indennità di disoccupazione agricola
corrisposta per gli anni 2000 e 2001 sulla base del salario fissato pro-tempore
dalla contrattazione collettiva nella Provincia di appartenenza in relazione alla
qualifica di operaio agricolo a tempo determinato, comprensivo della quota di
TFR.
2.- Avverso la sentenza propone ricorso l’INPS affidato a tre motivi. La
lavoratrice non svolge attività difensiva.
3.- Il primo motivo di ricorso, relativo alla violazione del D.P.R. 30 aprile
1970, n. 639, art. 47, comma 3 e s.m., appare manifestamente infondato avuto
riguardo al prevalente orientamento di questa Corte, consolidatosi con la
pronuncia delle Sezioni unite 29 maggio 2009 n. 12720 – che conferma le tesi
della precedente Cass. Sez. un. n. 6491 del 1996 – , in base al quale la
decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, al D.L. n. 103 del 1991, art.
6 convertito dalla L. n. 166 del 1991 e al D.L. n. 384 del 1992, art. 4 convertito
dalla L. n. 438 del 1992, non trova applicazione in tutti quei casi in cui la
domanda giudiziale sia intesa non già al riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo all’adeguamento della
prestazione già ottenuta, perché riconosciuta solo in parte e liquidata in un
importo inferiore a quello dovuto. La correttezza della ricostruzione del quadro
normativo di riferimento nei termini sopra richiamati, risulta indirettamente
avvalorata dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d) convertito in L. n.
111 del 2011, intervenuto nelle more del presente giudizio ed interpretato da
questa Corte (vedi Cass. n. 6959 del 2012 e numerose successive conformi) nei
sensi di cui al seguente principio di diritto: “In tema di decadenza delle azioni
giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una prestazione parzialmente
riconosciuta, la novella del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, lett, d, conv. in L.
n. 111 del 2011 – che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui al
D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 anche alle azioni aventi ad oggetto
l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di
accessori del credito – detta una disciplina innovativa con efficacia retroattiva
limitata ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore delle
nuove disposizioni, con la conseguenza che, ove la nuova disciplina non trovi
applicazione, come nel caso di giudizi pendenti in appello, o in cassazione alla
data predetta, vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine
decadenziale”.

Ric. 2011 n. 26146 sez. ML – ud. 08-07-2014
-3-

ORDINANZA
FATTO E DIRITTO

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella
relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;
che, pertanto, devono essere accolti il secondo e il terzo motivo di perché
fondati, mentre va respinto il primo motivo e la sentenza impugnata va cassat,
in relazione alle censure accolte;
che non essendovi necessità di ulteriori accertamenti all’esito del principio
affermato esplicitamente avallato dal di. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, la causa va decisa nel merito
con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo di inclusione della
“quota TFR” nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola;
Ric. 2011 n. 26146 sez. ML – ud. 08-07-2014
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4.- Il secondo ed il terzo motivo appaiono invece manifestamente fondati.
Si osserva al riguardo, così confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9
maggio 2007 n. 10546, che “ai fini della liquidazione delle prestazioni
temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio
convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del
trattamento di fine rapporto”.
Inoltre questa Corte ha ulteriormente affermato che “sulla base del
suddetto principio, la voce denominata quota di t.f.r. dai contratti collettivi
vigenti a partire da quello del 27 novembre 1991, va esclusa dal computo della
indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti
stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14
giugno 1996, n. 318, art. 3, conv. dalla L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del
quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi
collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito
negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa
rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva” (v.
Cass. 5 gennaio 2011 n. 202 e numerose altre conformi).
Peraltro, tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal
legislatore il quale con norma interpretativa contenuta nel D.L. 6 luglio 2011, n.
98 (convertito in L. n. 111 del 2011 prevede che “il D.Lgs. 16 aprile 1997, n.
146, art. 4 e il D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5 convertito, con
modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli
operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del
trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”.
5.- Ne consegue che, per tale ultimo profilo, il ricorso appare fondato.
6.— In conclusione, per le suesposte ragioni, si propone la trattazione del
ricorso in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod.
proc. civ., per esservi accolto, nei termini suindicati» ;
che sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.

che sia il recente consolidarsi dell’indirizzo giurisprudenziale cui si è fatto
riferimento sia l’intervento legislativo da ultimo ricordato, portano a
compensare tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e il terzo. Cassa la
sentenza impugnata e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda
dell’inserimento della “quota TFR” nella base di calcolo dell’indennità di
disoccupazione agricola. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile,
il giorno 8 luglio 2014.

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