Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19846 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. II, 23/07/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 23/07/2019), n.19846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13928/2015 proposto da:

SAGA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA P. L. CATTOLICA n. 3, presso

lo studio dell’avvocato ALESSANDRO CIUFOLINI, rappresentato e difeso

dagli avvocati OLGA DURANTE, VINCENZO CANTAFIO e MARIA CATERINA

INZILLO;

– ricorrente –

contro

C.F. SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ROVERETO n. 7,

presso lo studio dell’avvocato VALERIO ANTIMO DI ROSA, rappresentato

e difeso dall’avvocato PASQUALE FRANCESCO PACIENZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 457/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 27/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/04/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 5.12.2001 SAGA Srl evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Vibo Valentia la società C.F. Srl invocandone la condanna al risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale. L’attrice deduceva in particolare di aver ordinato dalla convenuta talune partite di infissi e che, e causa della ritardata e inesatta consegna del materiale, aveva perduto diverse commesse dei propri clienti finali.

Si costituiva la convenuta resistendo alla domanda ed eccependo la decadenza ex art. 1495 c.c. e comunque la prescrizione dell’azione.

Con sentenza n. 681/2007 il Tribunale rigettava la domanda in quanto l’attrice non aveva dimostrato il ritardo nella fornitura. Interponeva appello SAGA Srl e si costituiva C.F. Srl resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 457/2014, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la decisione di prime cure sul diverso presupposto della mancata prova del nesso causale tra ritardo nella consegna e danno.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione SAGA Srl affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso C.F. Srl.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello non avrebbe considerato che i clienti finali della società ricorrente, B. e P., in conseguenza della mancata consegna degli infissi avevano disdetto i contratti da loro sottoscritti e non avrebbe tenuto conto che le deposizioni testimoniali assunte alle udienze del 20.5.2004, dell’8.2.2005 e de 25.5.2006 avevano confermato che la disdetta era dipesa proprio dal ritardo nella consegna.

La censura è inammissibile, in quanto essa si risolve in una richiesta di riesame del merito, preclusa in questa sede in quanto estranea all’oggetto del giudizio di Cassazione. Il motivo di ricorso, infatti, non può mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Nè è consentito introdurre, come motivo di ricorso, una richiesta di riesame delle risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio di merito. Va infatti ribadito che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330.

Peraltro non sussiste alcun profilo di omesso esame, posto che la Corte territoriale ha affermato che la società ricorrente era un assemblatore, che ordinava il prodotto semilavorato per preparare gli infissi che le venivano ordinati dai clienti finali, e ha rilevato che negli ordini di detto semilavorato non era previsto alcun termine di consegna.

Inoltre la Corte catanzarese ha valorizzato che uno dei clienti finali (tale B.) aveva deciso non completare l’edificio per cui aveva ordinato gli infissi ed ha quindi ritenuto che la disdetta fosse frutto più di un ripensamento del cliente finale che del ritardo nella consegna del semilavorato. Per l’altro cliente (tale P.), invece, la Corte calabrese ha tenuto conto del fatto che, pur se la disdetta era stata motivata effettivamente dai tempi lunghi della consegna degli infissi, tuttavia il preventivo non prevedeva alcun termine di consegna (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c. e la nullità della sentenza per motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la Corte di Appello avrebbe respinto la domanda di risarcimento del danno all’immagine ritenendola non provata, senza fornire alcuna motivazione a sostegno dei motivi del rigetto.

La doglianza è infondata.

La Corte territoriale ha infatti affermato che “Non rimane che il danno all’immagine ed al credito commerciale su cui nulla è stato provato e la circostanza del calo degli affari rispetto alla quale non è stato provato altro rispetto alla disdetta delle forniture di cui sopra” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata). Trattasi di motivazione più che idonea a giustificare il rigetto della domanda risarcitoria proposta dalla società odierna ricorrente, posto che sul danno all’immagine commerciale “nulla era stato provato”.

Inoltre la Corte catanzarese ha anche affermato che il ritardo nella consegna dei materiali non ha impedito a SAGA Srl di svolgere la sua attività e che la disdetta delle due uniche forniture oggetto di prova ( B. e P.) “… non sono unicamente ascrivibili in via esclusiva al solo ritardo nella fornitura…” (cfr. ancora pag. 8 della decisione gravata). Tale ulteriore motivazione non viene neppure specificamente attinta dalla censura in esame.

Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2967 c.c., artt. 115,116 e 167 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto valorizzare il fatto che la società C.F. Srl non aveva specificamente contestato il fatto storico rappresentato dal ritardo della fornitura e dal danno conseguente; la convenuta aveva infatti eccepito soltanto la decadenza e la prescrizione dell’azione senza nulla dedurre circa il ritardo nella consegna, e ciò avrebbe significato – ad avviso di SAGA Srl – la non contestazione del contestato ritardo nella fornitura.

La doglianza è infondata.

La società controricorrente deduce infatti (cfr. pagg. 9 e ss. del controricorso) di aver dettagliatamente contestato l’esistenza del ritardo denunciato da SAGA Srl e di aver articolato prova testimoniale sul punto. Non si configura pertanto alcun profilo di non contestazione del fatto storico – il ritardo nell’adempimento – posto a fondamento della domanda risarcitoria di cui è causa.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore della società controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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