Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19843 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 12/07/2021), n.19843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2394-2020 proposto da:

D.M.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO LERA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SIRACUSA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1497/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 24/06/2019 R.G.N. 1501/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 24.6.2019, respingeva il gravame proposto da D.M.G., cittadino (OMISSIS) della regione di (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato il ricorso del predetto avente ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale nelle tre forme relative allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria ed, in subordine, al riconoscimento del diritto al permesso per motivi umanitari, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6;

2. la Corte distrettuale rilevava che l’appellante aveva riproposto le ragioni formulate in primo grado sostenendo che era stato costretto a fuggire dal (OMISSIS) dove era trattato male dallo zio presso cui abitava, che lo privava della possibilità di pranzare e cenare; osservava che la vicenda era meramente privata e non integrava una vicenda di persecuzione personale D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 ed 8;

3. il Collegio osservava che, quanto alla protezione sussidiaria, non sussistevano i relativi presupposti per emergere dal rapporto 2017 Freedom House che il (OMISSIS) era uno dei paesi africani più stabili, con una democrazia avviatasi ad assumere una significativa qualità, essendo i conflitti armati presenti solo nella regione di (OMISSIS), anche le informazioni di rapporti Amnesty 2017-2018 deponendo nello stesso senso. Evidenziava che la condizione socio economica del ricorrente non era dissimile da quella degli abitanti della zona di provenienza e non implicava una situazione di particolare vulnerabilità idonea a giustificare la tutela cd. umanitaria, pure a fronte del lavoro dal predetto svolto in Italia, simile a quello svolto nel suo paese di origine; richiamava Cass. 4455/2018 a fondamento dell’operato giudizio comparativo;

4. di tale decisione domanda la cassazione D.M.G., affidando l’impugnazione a due motivi;

5. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, è dedotto omesso esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla circostanza che la Corte abbia omesso di prendere in considerazione le dichiarazioni rese e di considerare la realtà sociale del paese di provenienza, essendo esso ricorrente in condizioni di vulnerabilità e non tutelato dallo zio con il quale coabitava;

1.1. è palese l’inconfigurabilità della denunciata omissione di esame di alcun fatto storico, tanto meno decisivo, per la pluralità di fatti censurati (di palese negazione ex se del requisito di decisività: Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625), al di fuori del paradigma devolutivo e deduttivo del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439), avendo la doglianza piuttosto il carattere di una (inammissibile) contestazione della valutazione probatoria della Corte di merito;

si richiamano, con il primo motivo, una serie di elementi probatori, la cui asserita valutazione, difforme da quella voluta dalla parte, esula dal vizio dedotto. La pluralità di fatti asseritamente non considerati rende la doglianza inammissibile per avere la stessa il carattere di una (inammissibile) contestazione della valutazione probatoria della Corte di merito;

1.2. vero è che, in tema di protezione internazionale dello straniero, in virtù degli artt. 3 e 60 della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza anche gli atti di violenza domestica sono riconducibili all’ambito dei trattamenti inumani o degradanti considerati dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. b), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sicché è onere del giudice verificare in concreto se, pur in presenza di minaccia di danno grave ad opera di un “soggetto non statuale”, ai sensi dell’art. 5, lett. c) decreto citato, lo Stato di origine sia in grado di offrire adeguata protezione (cfr. Cass. 17.5.2017, Cass. 21.10.2020);

1.3. tuttavia, proprio la genericità del motivo rende palese la inammissibilità della censura come proposta, essendo stato rilevato dal giudice del merito una sostanziale carenza di allegazioni, impeditiva di ogni approfondimento istruttorio;

2. con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, assumendo che non possa essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, sostenendo che il panorama complessivo del (OMISSIS) era tale da evidenziare un’emergenza umanitaria, un sistema non in grado di fornire assistenza sanitaria, con evoluzione climatica negativa e profondo stato di crisi anche alimentare specie nelle zone rurali da cui esso ricorrente proveniva;

2.1. anche il secondo motivo è genericamente articolato e non si indicano le fonti informative alternative rispetto a quelle indicate nella decisione: al riguardo, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 2020);

3. peraltro, quanto alle fonti informative utilizzate per valutare la situazione esistente in (OMISSIS), la Corte di appello ha rispettato l’onere, in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, di specificare la fonte in concreto utilizzata ed il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alla parte la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (in tali termini, cfr. Cass. n. 13449 del 2019; v. pure 13897 del 2019);

4. nella specie, come già evidenziato, non sono indicate in modo adeguato fonti informative alternative e ci si limita a formulare critiche prive di riferimenti specifici atti a confutare le ragioni della decisione impugnata;

5. per quanto invece pertinente rispetto all’ambito del devolutum, il giudice del merito ha argomentatamente escluso la carenza dei presupposti per la protezione umanitaria in applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, valutando il profilo della vulnerabilità nei sensi prospettati dal ricorrente (situazione socio politica del paese di provenienza) come estraneo all’ambito del giudizio necessario agli indicati finì e comparando la condizione raggiunta in Italia con quella del paese di provenienza ha escluso una situazione di vulnerabilità (cfr. Cass. S.U. n. 29459/2019 cit.) con idonea valutazione rimessa al giudice di merito;

6. in base alle esposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;

7. nulla va statuito sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo il Ministero svolto alcuna attività difensiva;

8. le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale non sono annoverate tra quelle esentate dal contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 9 e 10 sicché al rigetto o, come nella specie, all’inammissibilità del corrispondente ricorso per cassazione consegue il raddoppio di detto contributo (cfr. Cass. 8.2.2017 n. 3305);

PQM

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

 

 

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