Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1984 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 17/06/2021, dep. 24/01/2022), n.1984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1512-2020 proposto da:

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TITO

MONACI 28, presso lo studio dell’avvocato MANUEL FALLARINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ELISA DI PESO;

– ricorrente –

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO Q.

VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato CARLO SEGNALINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI CARRELLA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il

12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Salerno, con decreto n. 2238/2019 depositato il 12-6-2019 ha parzialmente accolto il reclamo proposto da M.C. avverso il decreto n. 2556/2019 del Tribunale di Salerno con il quale veniva revocato l’assegno di divorzio di Euro 428 posto a carico di N.G. e in favore di M.C., in accoglimento del ricorso proposto da N.G. per la modifica delle condizioni di divorzio stabilite con la sentenza n. 1441/2009 del Tribunale di Salerno, confermata dalla Corte d’appello di Salerno. La Corte di merito, in riforma del decreto n. 2556/2019 del Tribunale di Salerno, ha ridotto, con decorrenza dalla domanda di modifica delle condizioni di divorzio, ad Euro 200 mensili, da adeguarsi annualmente secondo indici Istat, l’assegno divorzile dovuto all’ex moglie da N.G..

2. Avverso detto provvedimento N.G. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, a cui resiste con controricorso M.C., proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi e illustrato con memoria.

3. I motivi di ricorso principale sono così rubricati: “1. violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, come modificato dalla L. n. 74 del 1987, anche in relazione a quanto disposto dall’art. 2697 c.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; 2 Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.c.”. Con il primo motivo il ricorrente deduce, richiamando la giurisprudenza di questa Corte e la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18287/2018, che la mancanza di squilibrio tra le situazioni reddituali delle parti e l’attuale capacità lavorativa dell’ex moglie, accertate dalla Corte di merito, sono ostative al riconoscimento dell’assegno divorzile, inibendo ogni considerazione relativa alla durata del matrimonio o all’apporto dell’ex coniuge alla formazione del patrimonio familiare. Rimarca la contraddittorietà della motivazione sul punto e rileva che in ogni caso nessuna prova era stata fornita dalla M. circa il suo contributo all’andamento familiare, avendo ella sempre scarsamente adempiuto ai doveri familiari, anche di educazione e formazione dei figli, affidati, infatti, sin dalla separazione al padre. Denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte d’appello effettuato valutazioni basate in via presuntiva, nonostante fossero acquisite, tramite gli accertamenti della Guardia di Finanza, prove certe sulla situazione patrimoniale e reddittuale dell’ex marito. Inoltre i Giudici di merito hanno ritenuto dimostrato l’aggravamento delle condizioni di salute del ricorrente, ma in modo contraddittorio hanno ritenuto verosimile che lo stesso continui a svolgere attività lavorativa. Con il secondo motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia posto a fondamento della decisione delle presunzioni nonostante fossero acquisite le prove fornite che richiama in ricorso (pag.10 relazione investigativa sul lavoro svolto dalla M., foto e video della stessa in ordine al suo stato di salute, documentazione medica del ricorrente) e che assume non specificamente contestate, nonché le prove sui redditi della M. risultanti dagli accertamenti della Guardia di Finanza.

4. Con i due motivi di ricorso incidentale la M. lamenta la violazione di legge ex artt. 115 e 116 c.p.c., per omessa ed errata valutazione della prova testimoniale e travisamento dei fatti e per errata valutazione delle prove. Ad avviso della ricorrente erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che non vi fosse squilibrio tra le situazioni delle parti, atteso che dall’informativa della G.d.F. risultava che l’ex marito aveva un cospicuo patrimonio immobiliare ed era amministratore di tre società, mentre l’ex moglie era impossidente, priva di redditi propri e titolare solo dell’assegno divorzile, avendo, pertanto, la Corte di merito travisato i fatti emersi dalla prova testimoniale.

5. In via pregiudiziale deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, sollevata dalla controricorrente, per invalidità della notifica.

Il ricorso per cassazione in origine analogico successivamente riprodotto in formato digitale ai fini della notifica telematica L. n. 53 del 1994, ex art. 3 bis, munito dell’attestazione di conformità all’originale, non richiede la firma digitale dei difensori (che, invece, deve essere presente in calce alla notifica effettuata a pezzo PEC), perché è sufficiente che la copia telematica rechi la menzionata attestazione di conformità, redatta secondo le disposizioni vigenti “ratione temporis”, non assumendo peraltro rilievo la circostanza che il file digitale rechi il formato “pdf” anziché “p7m” (Cass. n. 23951 del 2020).

Nella specie, il ricorso era in origine analogico, reca l’attestazione di conformità sottoscritta dal difensore ed il file digitale è in formato pdf.p7m..

6. Il primo motivo di ricorso principale è fondato nei limiti che si vanno ad illustrare.

6.1. Occorre premettere che la Corte di merito ha erroneamente fatto riferimento ai criteri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, che riguardano il riconoscimento dell’assegno in sede di divorzio, mentre il presente giudizio riguarda la revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9. Ne consegue che – come ha dedotto la controricorrente – in sede di revisione, il giudice non può procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, e in che misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale (Cass. n. 10133 del 2007; Cass. n. 14143 del 2014). Ne discende l’infondatezza dei profili della censura in esame che riguardano la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5.

6.2. E’ infondato anche il profilo di doglianza che riguarda la violazione dell’art. 2697 c.c., atteso che – contrariamente all’assunto del ricorrente – l’onere della prova, nel giudizio di revisione, non grava sul beneficiario dell’assegno, bensì sull’ex coniuge obbligato, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’ex coniuge beneficiario (Cass. n. 15481 del 2017).

6.3. E’ fondato il profilo di censura sub specie di vizio

motivazionale, che può ritenersi ritualmente formulato avuto riguardo all’illustrazione della doglianza, pur se la rubrica del motivo riporta il paradigma previgente dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5.

Nella specie, la motivazione del decreto impugnato deve ritenersi al di sotto del minimo costituzionale per “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e per la “obiettiva incomprensibilità della motivazione” (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014; tra le tante successive conformi cfr. Cass. n. 9253 del 2017 e Cass. Sez. U. n. 17619 del 2017).

La Corte d’appello, per un verso, ha accertato la sopravvenienza di un fatto nuovo allegato dall’ex marito, consistente nell’aggravarsi delle sue condizioni di salute (invalidità dell’80% riconosciuta dall’Inps, come da documenti che richiama il ricorrente – pag.4 ricorso) e, conseguentemente, nella diminuzione della sua capacità lavorativa, “che potrebbero giustificare la revoca dell’assegno”. Per altro verso, ha ritenuto inverosimile che il N. svolgesse attività lavorativa e di amministratore di società senza percepire compenso, omettendo di indicare il benché minimo elemento di riscontro a supporto di detta affermazione e di spiegare come e perché quest’ultima fosse conciliabile con quella precedente, relativa alla acclarata sua diminuita capacità lavorativa.

La Corte di merito ha, inoltre, valorizzato, illogicamente ed in maniera giuridicamente erronea, circostanze concernenti le motivazioni della dismissione dei suoi beni (peraltro donati ai figli), irrilevanti ai fini del decidere, posto che ciò che rileva è un depauperamento sopravvenuto del patrimonio dell’obbligato, pur dando atto la stessa Corte, in premessa dell’iter motivazionale, dell’attuale situazione, riscontrata “dai documenti in atti e dalle informazioni fornite dalla Guardia di Finanza”, di insussistenza di squilibrio reddituale tra le parti.

La Corte d’appello ha aggiunto, in modo altrettanto illogico e senza alcun riferimento a riscontri istruttori, che le considerazioni sulla “scelta volontaria” di dismissione dei beni da parte dell’obbligato bilancerebbero la sua diminuita capacità lavorativa e non giustificherebbero l’eliminazione dell’assegno divorzile, che è stato solo ridotto, in favore della ex moglie, sebbene dotata di parziale capacità lavorativa.

6.4. Alla stregua di quanto sopra, deve ritenersi che la motivazione del decreto impugnato non consenta alcun controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio e neppure di ricostruirne il percorso, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, sicché merita accoglimento, nei limiti precisati, il primo motivo di ricorso principale, restando assorbito il secondo.

7. I due motivi di ricorso incidentale, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

7.1. Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide ed intende ribadire, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (tra le tante da ultimo Cass. Sez. U. n. 20867 del 2020; Cass. n. 2676 del 2018; Cass. n. 4699 del 2018).

Nella specie, tutte le doglianze della controricorrente, sotto l’apparente deduzione della violazione delle citate norme, vertono sull’errata valutazione delle prove, come peraltro la stessa controricorrente afferma nell’illustrazione dei motivi.

8. In conclusione, va accolto, nel senso precisato, il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo, nonché vanno dichiarati inammissibili i motivi di ricorso incidentale, con la cassazione del decreto impugnato, nei limiti del profilo di censura accolto, e la rimessione della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

PQM

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo, dichiara inammissibili i motivi di ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato, nei limiti del profilo di censura accolto, e rimette la causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA