Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19839 del 20/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 20/09/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 20/09/2010), n.19839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, rappresentata e difesa,

dall’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DON

MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato AFELTRA ROBERTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZEZZA LUIGI, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 519/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/07/2005 R.G.N. 700/04 + 2;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO E DIRITTO

che:

1. la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva dichiarato, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimita’, l’illegittimita’ del termine apposto al contratto di lavoro stipulato da e Poste Italiane s.p.a.

con C.M.;

2. per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso illustrato da memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso pure illustrato da memoria;

3. C.M. e’ stato assunto con contratto a termine protrattosi dal 31 luglio 2002 al 30 settembre 2002; tale contratto e’ stato stipulato a norma dell’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un piu’ funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonche’ all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre;

la Corte territoriale ha premesso che il suddetto contratto a termine, era stato stipulato a norma dell’art. 25 c.c.n.l. 11 gennaio 2001 ma dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, in applicazione della norma transitoria di cui all’art. 11 dello stesso D.Lgs.; da cio’ ha dedotto che la permanenza degli effetti delle clausole collettive stipulate ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 implicava la permanenza delle ipotesi contrattualmente previste le quali pero’ devono essere verificate alla luce dei parametri fissati dal D.Lgs. n. 328 del 2001, art. 1; nel caso di specie il richiamo della causale sopra citata doveva considerarsi troppo ampia e quindi in violazione dei parametri fissati dal citato art. 1;

la suddetta impostazione e’ stata ampiamente censurata dalla societa’ ricorrente la quale denuncia in particolare la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 11 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 oltre al vizio di motivazione;

la censura e’ fondata;

questa Corte di legittimita’ (cfr., in particolare, Cass. 4 agosto 2008 n. 21092), decidendo su una fattispecie analoga a quella in esame (contratto di lavoro a termine stipulato da Poste Italiane s.p.a. ai sensi dell’art. 25 del c.c.n.l. del 2001 successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001) ha enunciato il seguente principio di diritto: in materia di assunzione a termine dei lavoratori subordinati, la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 che attribuisce alla contrattazione collettiva la possibilita’ di identificare nuove ipotesi di legittima apposizione del termine, continua a trovare applicazione anche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, che pure ne reca la formale abrogazione, in relazione alle clausole dei contratti collettivi di lavoro precedentemente stipulati sotto la vigenza della legge del 1987 ed ancora in corso di efficacia al momento dell’entrata in vigore del citato D.Lgs. fino alla scadenza dei contratti collettivi, atteso che la disciplina transitoria, desumibile dal D.Lgs. n. 368, art. 11 ha proprio la finalita’ di garantire una transizione morbida tra il vecchio ed il nuovo sistema;

in particolare la citata sentenza, premesso che l’esplicito richiamo contenuto nel contratto individuale ad entrambe le causali previste dall’art. 25 (esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione e necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre), doveva ritenersi pienamente legittimo alla luce di quanto affermato in precedenza da Cass. 17 giugno 2008 n. 16396, ha precisato che l’art. 11 cit. – che, dopo aver, al comma 1, abrogato la L. n. 230 del 1962, e succ. mod., la L. n. 79 del 1983, art. 8 bis, la L. n. 56 del 1987, art. 23, e tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel presente decreto, al comma 2, testualmente dispone che in relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui al comma 1, le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi della citata L. n. 56 del 1987, art. 23, e vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, manterranno, in via transitoria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro e, al terzo comma stabilisce che i contratti individuali definiti in attuazione della normativa previgente, continuano a dispiegare i loro effetti fino alla scadenza – pone una specifica disciplina, intesa a garantire una transizione morbida tra il vecchio sistema, della tassativita’ delle ipotesi legittimanti la apposizione del termine al contratto di lavoro di cui alla L. n. 230 del 1962, temperato dalla delega in bianco alla contrattazione collettiva di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23, ed il nuovo sistema della clausola generale delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1;

in tale quadro, per effetto della descritta disciplina transitoria, nel periodo della conservazione di tale piena efficacia, non puo’ che escludersi l’applicabilita’ concorrente della nuova disciplina riguardante la clausola generale delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, per la semplice ragione che tale applicabilita’, in via transitoria e salve diverse intese, e’ implicitamente esclusa dallo stesso decreto legislativo; del resto l’applicazione del nuovo sistema ai contratti conclusi in base alla efficacia conservata delle pregresse clausole collettive, stravolgerebbe quella stessa efficacia (caratterizzata dalla autonomia della ipotesi legittimante collettiva) che il legislatore ha inteso garantire;

pertanto, in relazione al contratto in esame, erroneamente la Corte di merito ha ritenuto illegittimo il termine rilevando che non possono ritenersi integrate le ragioni di cui al D.Lgs. n. 368, art. 1, nel caso in cui si faccia valere una causale cosi’ ampia;

deve, invece, applicarsi pienamente la clausola collettiva de qua, quale espressione della citata delega, e conseguentemente, come gia’ ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ (cfr., ad esempio, Cass. 29 luglio 2005 n. 15969, Cass. 21 marzo 2007 n. 6703) deve ritenersi la piena legittimita’ dei contratti conclusi ai sensi dell’art. 25 del c.c.n.l. del 2001;

in particolare questa Corte Suprema (cfr. fra le altre Cass. 26 settembre 2007 n. 20162, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608), con riguardo alla prima causale (esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione……) ha cassato la sentenza del giudice di merito che ha dichiarato illegittimo il termine apposto ad un contratto stipulato in base alla previsione della norma contrattuale sopra citata avendo osservato, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, e successive modifiche nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79, – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001; in particolare, quale conseguenza della suddetta delega in bianco conferita dal citato art. 23 (che prescinde dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato) e’ stato precisato, richiamando molteplici decisioni della S.C. (cfr, ad esempio, Cass. 20 aprile 2004 n. 9245) che i sindacati, senza essere vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti; in tale quadro, premesso che l’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede, come si e’ visto, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un piu’ funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, questa Corte ha ritenuto altresi’ viziata l’interpretazione dei giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericita’ della disposizione in esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali; in sostanza e’ stato rilevato che tale interpretazione si muove pur sempre nella prospettiva che il legislatore non avrebbe conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962; l’interpretazione dell’accordo e’ stata, percio’, condizionata dal pregiudizio che le parti stipulanti non avrebbero potuto esprimersi considerando le specificita’ di un settore produttivo (quale deve considerarsi il servizio postale, nella situazione attuale di affidamento ad un unico soggetto) e autorizzando Poste Italiane s.p.a. a ricorrere (nei limiti della percentuale fissata) allo strumento del contratto a termine, senza altre limitazioni, con giustificazione presunta del lavoro temporaneo; questo “pregiudizio”, erroneo alla stregua del principio di diritto sopra enunciato, determina l’erroneita’ dell’interpretazione secondo cui l’accordo sindacale avrebbe autorizzato la stipulazione dei contratti di lavoro a termine solo nella sussistenza concreta di un collegamento tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze di carattere straordinario richiamate per giustificare l’autorizzazione, con riferimento alla specificita’ di uffici e di mansioni;

nello stesso quadro analogamente, con riferimento alla seconda causale (necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre), pure richiamata nel contratto in esame, stante l’autonomia di tale ipotesi legittimante ex art. 23 citato, questa Corte ha ritenuto che non e’ necessario che il contratto individuale contenga specificazioni ulteriori rispetto a quelle menzionate nella norma collettiva, e neppure e’ necessario che siano allegate e provate circostanze ulteriori (cfr., fra le altre, sulla ipotesi collettiva de qua Cass. 6 marzo 2008 n. 6052, nonche’, sulla analoga ipotesi precedentemente prevista dall’ari. 8 del c.c.n.l. 1994, fra le altre, Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678 e Cass. 2 marzo 2007 n. 4933;

in conclusione il ricorso della societa’ va accolto (dovendosi considerare assorbite le ulteriori censure ivi contenute) e la impugnata sentenza va cassata;

poiche’ le ragioni per le quali l’apposizione del termine al contratto in esame e’ stata ritenuta illegittima sono basate o su violazione di legge o su errata interpretazione delle norme collettive, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, per decidere la causa nel merito e, per l’effetto, per rigettare la domanda;

tenuto conto dello svolgimento delle varie fasi del giudizio e in applicazione del criterio della soccombenza si ritiene conforme a giustizia compensare fra le parti le spese del giudizio di merito e condannare il C. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa le spese del giudizio di merito e condanna parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 41,00, oltre Euro 2000,00 per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2010

 

 

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