Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19838 del 28/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/09/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 28/09/2011), n.19838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ALLEANZA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APRICALE 31,

presso lo studio dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SALAMI GIULIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.R.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1550/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 20/10/2008 r.g.n. 1236/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato VITOLO MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25 settembre-20 ottobre 2008, la Corte d’appello di Catanzaro, rigettava l’impugnazione proposta dall’Alleanza Assicurazioni spa avverso la decisione del Tribunale della stessa città, con la quale era stata dichiarata l’illegittimità del licenziamento da essa intimato al proprio dipendente, R. C.F. con tutte le conseguenze di legge.

In particolare, la Corte territoriale giudicava corretta la decisione del primo Giudice, che aveva ritenuto il provvedimento espulsivo sproporzionato, per eccesso, rispetto all’illecito disciplinare commesso, in quanto, la trattenuta, operata dal C. – ed in cui si concretizzava l’addebito disciplinare – riguardava somme quale acconto su sue spettanze; trattenuta preceduta dalla comunicazione delle sue intenzioni, per cui il fatto, addebitatogli, non poteva essere ritenuto di quella gravità necessaria a configurare la giusta causa. Per la cassazione di tale pronuncia, ricorre Alleanza Assicurazioni spa con due motivi. Il C. non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo d’impugnazione la società ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 5), lamenta che la Corte d’Appello di Catanzaro abbia ritenuto illegittimo l’intimato licenziamento per giusta causa, motivato dall’indebita trattenuta, da parte del C., di 4 milioni di vecchie L. corrispostigli dagli assicurati a titolo di premio e da lui non riversati nelle casse societarie, in quanto, pur considerando pacifica la circostanza, hanno valutato tale comportamento come inidoneo a ledere il vincolo fiduciario necessario alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

Con il secondo motivo la ricorrente censura l’impugnata sentenza sotto il profilo di insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), laddove, dopo avere affermato che il dipendente avrebbe dovuto avere un atteggiamento più coerente con i criteri di correttezza e buona fede, implicante un palese discostamento dagli obblighi contrattuali discendenti a suo carico, aveva concluso ritenendo il provvedimento espulsivo “non proporzionato al fatto addebitato”. Il ricorso, pur valutato nel suo duplice aspetto, è privo di fondamento. Premesso che il giudizio di proporzionalità della sanzione all’infrazione è riservato al giudice: del merito e non assoggettato al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato (vedi Cass. 2 febbraio 2010, n. 2390), va osservato che la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che in caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza. Spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro (ex plurimis, Cass. n. 17514/2010).

A questi principi si è attenuta la sentenza impugnata, cosicchè le critiche del ricorrente si risolvono in sostanza nel richiedere in questa sede una rivalutazione del giudizio di merito, preclusa alla Corte di Cassazione ove non si configuri l’omessa o insufficiente considerazione di fatti decisivi, ovvero il mancato rispetto della soglia di plausibilità logica delle argomentazioni. Ed infatti, la Corte di Catanzaro ha, innanzitutto, posto in evidenza come non fosse dubbio che l’aver trattenuto la somma di L. 4.000.000, a titolo di acconto sul dovuto, costituisce un comportamento valutabile sotto il profilo disciplinare. Tuttavia, ha aggiunto come detto comportamento non potesse essere considerato di tale gravità da meritare il provvedimento espulsivo, irrogato dalla convenuta assicurazione, dovendosi tener conto del fatto: a) che in merito vi era stata una specifica richiesta del C. sin dal 25 marzo 2000, con missiva diretta all’Agenzia Generale di Catanzaro, affinchè si provvedesse al “conguaglio retributivo tra la percentuale realizzata e quella calcolata” per il periodo marzo 1998/aprile 1999, richiesta a cui non fece seguito alcuna risposta;

b) che, nell’ulteriore nota datata 6 maggio 2000, diretta alla Direzione Generale in Milano, il C. provvedeva a comunicare di aver trattenuto, nell’attesa che l’Agenzia di Catanzaro effettuasse i relativi conguagli, la somma di L. 4.000.000, come acconto sulle sue spettanze, precisando che “prima di effettuare l’operazione” era stato “esplicitamente” informato l’intendente G. che, se nulla era dovuto, avrebbe provveduto alla restituzione, con maggiorazione per interessi legali;

c) che, inoltre, la trattenuta della somma era stata effettuata dal C. dietro regolare quietanza (foglio cassa del 6 maggio 2000, allegato al fascicolo di parte convenuta), sicchè alla data del 6 luglio 2000, allorchè si provvedeva ad irrogare una prima sanzione disciplinare consistente nella sopensione dal servizio e dal trattamento economico per 10 giorni, l’Alleanza Assicurazioni era a conoscenza che il C. aveva trattenuto la somma di L. 4.000.000. Per la qual cosa la datrice di lavoro avrebbe potuto, conformandosi ai principi di correttezza e buona fede, procedere, se del caso anche mediante lettera di contestazione, unificando in un unico provvedimento la sanzione irrogabile al C., mentre, per altro verso, appariva quanto meno impropria l’affermazione, contenuta nella successiva missiva, di nuova condotta inadempiente a seguito di “ulteriori accertamenti effettuati”, trattandosi di comportamento “denunciato” dal C. sin dal precedente mese di maggio.

Nel contesto or ora descritto, coerentemente la Corte territoriale ha osservato come poco spazio avesse l’assunto della Alleanza circa la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, poichè l’elemento fiduciario non poteva ritenersi inficiato, sino al punto di troncare definitivamente il rapporto di lavoro, tenuto anche conto di un comportamento, quanto meno, inadempiente della Alleanza Assicurazioni, non tanto e non solo per la omessa corresponsione della somma poi trattenuta, ma anche per la omessa risposta alla richiesta del C. di provvedere al conguaglio (lettera del 25 marzo 2000).

Pertanto, il Giudice a quo, pur riconoscendo un palese discostamento del C. dagli obblighi contrattuali discendenti a suo carico, ha motivatamente ritenuto che il contestato comportamento, avuto riguardo alle circostanze di fatto ed alle peculiarità sopra evidenziate, non appariva giustamente sanzionato con il provvedimento espulsivo, poichè non proporzionato al fatto addebitato. Non ravvisandosi, quindi, nell’iter argomentativo del Giudice a quo i vizi e le violazioni denunciate, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese non avendo il C. svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2011

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