Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19831 del 12/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/07/2021, (ud. 30/04/2021, dep. 12/07/2021), n.19831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21330/2014 R.G. proposto da:

N.V. (C.F. (OMISSIS)), C.M. (C.F.

(OMISSIS)), rappresentati e difesi dall’Avv. FABRIZIO LOFOCO,

elettivamente domiciliati presso lo studio GREZ in Roma, Corso

Vittorio Emanuele, 18;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonché nei confronti di:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL (C.F.), in persona del Curatore pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, Sezione staccata di Foggia, n. 103/27/14, depositata in data

20 gennaio 2014;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 30 aprile

2021 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

I contribuenti N.V. e C.M., unitamente a (OMISSIS) SRL in liquidazione, già (OMISSIS), operante nel settore della commercializzazione di articoli sanitari e farmaceutici, hanno impugnato alcuni avvisi di accertamento relativi al periodo di imposta dell’esercizio 2004, con i quali venivano recuperate IRES, IRAP e IVA e rettificato il reddito da partecipazione dei soci, oltre sanzioni e interessi. Gli atti impositivi traevano origine da una attività istruttoria a seguito della quale, previo invio di un questionario alla società contribuente, si accertavano costi indeducibili, si rilevavano sopravvenienze attive non dichiarate e si procedeva al disconoscimento della conseguente detrazione IVA. I contribuenti hanno contestato, oltre all’inesistenza della notifica degli avvisi e alla decadenza dal potere di accertamento, l’infondatezza nel merito delle pretese impositive.

La CTP di Foggia ha rigettato i ricorsi e la CTR della Puglia, Sezione staccata di Foggia, con sentenza in data 20 gennaio 2014, ha parzialmente accolto l’appello dei contribuenti. Ha ritenuto il giudice di appello correttamente notificati gli atti impositivi presso il domicilio fiscale dei contribuenti a consegnataria qualificatasi quale persona autorizzata al ritiro (domestica), con dichiarazione facente fede sino a querela di falso, notificazione alla quale ha fatto seguito la successiva spedizione di raccomandata all’indirizzo dei contribuenti. Ha, poi, ritenuto la CTR – sul rilievo che la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 2, comma 9, ha previsto una specifica indeducibilità per i costi di promozione e rappresentanza per le aziende farmaceutiche – che non fossero inerenti alcune spese (alberghi e soggiorni, ristoranti, convegni e riunioni, spese di viaggio), nonché ha ritenuto indeducibili le spese di trasferta degli agenti, non essendo stato provato per iscritto il contratto di agenzia. La CTR ha, invece, accolto l’appello dei contribuenti in relazione alla deduzione di alcune fatture di acquisto sia per ricerche di mercato, sia per erogazione di compensi a terzi, sia in relazione alla duplicazione di uno dei costi dichiarati indeducibili, ritenendo conseguentemente detraibile l’IVA in relazione ai costi riconosciuti come deducibili.

Propongono ricorso per cassazione i contribuenti affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio, che propone a sua volta ricorso incidentale, affidato a un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione degli artt. 137,138,139,140,141,142,143,145 e 148 c.p.c., inesistenza della notificazione degli atti impugnati e “violazione del giusto processo”. Deducono i ricorrenti che la consegnataria della copia notificata, asseritamente indicata dal messo notificatore come domestica, non fosse convivente dei ricorrenti, né addetta al ritiro, ma una mera conoscente e vicina di casa, la quale abitava nella stessa via privata sulla quale si affacciavano le abitazioni dei ricorrenti, tutte associate al medesimo numero civico. Deducono i ricorrenti che le attestazioni del pubblico ufficiale, contrariamente a quanto statuito nella sentenza impugnata, non sarebbero assistite da pubblica fede quanto alla veridicità delle informazioni a questi riferite. Chiedono di riesaminare la documentazione in atti al fine di accertare le violazioni attinenti al procedimento notificatorio e, in particolare, si richiamano alla dichiarazione rilasciata dalla consegnataria, al fine di accertare sia la mancanza di relazione tra consegnatario e destinatari sia l’assenza della convivenza.

Deducono, ulteriormente, i ricorrenti che, ancorché si venisse a configurare la nullità della notificazione e non anche la inesistenza tout court della stessa, l’Ufficio sarebbe comunque decaduto dalla facoltà di accertamento, in quanto ciò che rileva (come si ribadisce in memoria) è la data di ricezione del plico, la quale andrebbe identificata – secondo i ricorrenti – con la data di ricezione della raccomandata informativa (asseritamente ricevuta in data 8 gennaio 2010), tardivamente rispetto al periodo di imposta 2004, per cui sussisterebbe l’interesse dei contribuenti odierni ricorrenti a impugnare gli atti impositivi al solo fine di far valere la decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento.

1.2 – Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19, 25,8,39,52 e 54, al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 40, al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 88, alla L. n. 289 del 2002, art. 33, comma 3, alla L. n. 289 del 2002, art. 2, comma 9 e art. 6, al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (t.u. leggi sanitarie), artt. 170 e 171, al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 541, art. 12, in attuazione della Direttiva 92/98/CEE, “violazione del principio di inerenza”, violazione dell’art. 1742 c.c., perplessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa i fatti di causa, violazione degli artt. 137,138,139 e 140 c.p.c. Deducono i ricorrenti, quanto ai costi afferenti alle spese di pubblicità e rappresentanza, che la L. n. 289 del 2002, art. 2, comma 9, nel disporre una disciplina speciale per il regime farmaceutico, riguarderebbe il solo caso del “comparaggio” e che il D.Lgs. n. 541 del 1992, art. 12, comma 5, avrebbe limitato gli oneri deducibili a quelli relativi ai soli operatori qualificati. Deducono, in proposito, i ricorrenti che le spese sostenute per la ristorazione e per la partecipazione a meeting e congressi di medici, nonché le spese di viaggio e per gli acquisti effettuati e portati in deduzione sarebbero deducibili, circostanza risultante dalla descrizione delle fatture. Deducono, ulteriormente, la deducibilità delle spese alberghiere, nonché delle altre singole spese la cui deducibilità è stata esclusa dalla CTR nella sentenza impugnata.

1.3 – Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, motivazione perplessa e contraddittoria. Deducono sinteticamente i ricorrenti che la sentenza impugnata avrebbe annullato gli atti impositivi solamente in relazione ad alcune poste e che questo è avvenuto in maniera contraddittoria, osservandosi che l’Ufficio non avrebbe confutato le ragioni dei contribuenti.

1.4 – Con il quarto motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, artt. 18,19,20,21,22,23,24,25,26,27,66 e 67, per avere la notificazione degli atti impositivi, in quanto effettuata dal messo notificatore a mani di persona estranea al nucleo familiare (vicina), messo in pericolo la privacy dei ricorrenti.

1.5 – Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio in relazione all’accertamento, compiuto dalla CTR, circa una sola delle riprese annullate in appello (la riconosciuta deducibilità del costo per ricerca di mercato dell’importo di Euro 78.000,00 e la conseguente detraibilità dell’IVA), nella parte in cui la sentenza ha riconosciuto il costo sul presupposto che la fattura di acquisto risulterebbe pagata e quietanzata in base alle risultanze di una perizia di parte. Deduce l’Ufficio che non sarebbe stata oggetto di esame la originaria fattura di acquisto, dalla cui descrizione non sarebbe evincibile la riconducibilità dell’operazione al periodo di imposta in oggetto (esercizio 2004).

2 – Il primo motivo del ricorso principale proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate è inammissibile sotto più profili.

2.1 – Si rileva preliminarmente come il profilo della diversità delle notificazioni degli atti in fase precontenziosa rispetto alla notifica degli atti processuali è stato tardivamente introdotto (peraltro, fugacemente) per la prima volta con memoria ed è quindi inammissibile.

2.2 – Sotto un primo profilo, l’art. 139 c.p.c. prevede ai commi secondo e terzo che, ove la notificazione non possa essere eseguita a mani proprie, la stessa debba essere eseguita a una delle persone che si trovino presso il luogo in cui deve dovrebbe eseguita la notificazione ovvero, in mancanza delle stesse, con consegua al portiere dello stabile “e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla”. La notificazione al vicino di casa (art. 139 c.p.c., comma 3), in luogo di persona addetta alla casa (art. 139 c.p.c., comma 2), e’, pertanto, rituale, ove il pubblico ufficiale non abbia rivenuto in loco il destinatario e abbia attestato le vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2.

Si è osservato, in proposito, che il messo notificatore, sebbene non debba necessariamente adottare forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dalla norma, secondo la successione preferenziale ivi tassativamente stabilita, con conseguente nullità e non inesistenza, della notificazione (Cass., 10 febbraio 2017, n. 3595; Cass., Sez. V, 27 settembre 2013, n. 22151; Cass., Sez. U., 30 maggio 2005, n. 11332). Tuttavia, a fronte dell’accertamento compiuto in sentenza, secondo cui “la consegna è avvenuta presso il domicilio fiscale della ricorrente a persona identificatasi quale domestica autorizzata al ritiro dell’atto”, parte ricorrente non ha trascritto la relata di notifica, al fine di verificare l’assenza delle (asserite) omesse ricerche da parte dell’Ufficiale giudiziario, risultando decisiva la trascrizione delle relate di notificazione (come anche delle cartoline di ritorno) al fine di ripercorrere il giudizio di rituale notifica delle cartelle di pagamento (Cass., Sez. V, 30 novembre 2018, n. 31038; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2017, n. 5185).

2.3 – Sotto un secondo profilo, la sentenza ha dato atto, con accertamento non oggetto di impugnazione (e, pertanto, passato in cosa giudicata) che la notifica è “avvenuta presso il domicilio fiscale”, accertando che – indipendentemente dalla qualifica assunta dal consegnatario dell’atto notificato – la persona che ha ricevuto la notificazione si trovava presso il domicilio fiscale dei contribuenti. La stessa ricostruzione dei ricorrenti (secondo cui le loro abitazioni e quella della consegnataria insistono sul medesimo numero civico: pag. 12 ricorso) induce a ritenere che la consegnataria fosse residente nel medesimo luogo indicato come indirizzo fiscale dei contribuenti ricorrenti.

Il fatto che la consegnataria si trovasse presso l’indirizzo di consegna del plico (domicilio fiscale) attiene, invero, propriamente alle attività compiute dal pubblico ufficiale che procede alla notificazione ed e’, quindi, coperta da pubblica fede sino a querela di falso. Sotto questo profilo si osserva che per costante giurisprudenza di questa Corte, ove la notificazione sia avvenuta presso il domicilio del destinatario, è onere della parte che assume di non aver ricevuto l’atto notificato provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo (Cass., Sez. V, 18 giugno 2020, n. 11815; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32981; Cass., Sez. VI, 15 ottobre 2010, n. 21362). L’orientamento riposa sul principio secondo cui l’art. 139 c.p.c. fa discendere la presunzione iuris tantum di conoscenza, da parte del destinatario, dell’atto notificatogli, dalla consegna dell’atto stesso effettuata, presso la casa di abitazione dello stesso destinatario, a persona presente nel luogo, che a sua volta innesca la presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario (Cass., Sez. Lav., 5 aprile 2018, n. 8418; Cass., Sez. V, 29 novembre 2017, n. 28591; Cass., Sez. V, Sez. VI, 24 settembre 2015, n. 18989; Cass., Sez. II, 24 luglio 2000, n. 9658).

Si osserva, al riguardo, che i ricorrenti si sono limitati a dedurre che la consegnataria dell’atto non fosse convivente dei contribuenti (invocando a loro tutela un certificato di residenza e le dichiarazioni rese dalla consegnataria del plico notificato), senza addurre alcuna ulteriore specificazione in ordine alla occasionalità del collegamento tra la consegnataria dell’atto e la riscontrata presenza della stessa nell’abitazione dei ricorrenti.

2.4 – In terzo luogo, si osserva che la notifica presso il domicilio fiscale, ove effettuata in difformità del modello legale, non può considerarsi inesistente, essendo luogo che ha una relazione stabile con il contribuente e che prevale su diverse indicazioni di domicilio per effetto del principio di affidamento dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. VI, 25 maggio 2020, n. 9567; Cass., Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 4675; Cass., Sez. VI, 10 ottobre 2019, n. 25450). Ne consegue che, ove possa (in tesi) predicarsi la nullità della notificazione, la stessa deve ritenersi sanata ex tunc per effetto della impugnazione dei contribuenti ex art. 156 c.p.c., istituto applicabile agli atti impositivi (Cass., Sez. VI, 5 marzo 2019, n. 6417), rispetto alla quale la tardiva conoscenza effettiva dell’atto impugnato in data 8 gennaio 2010 è priva di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

3 – Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile quanto alla dedotta violazione di legge. Come colto dal controricorrente, i ricorrenti, pur deducendo una violazione di norme di legge, mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758). Nel qual caso, oggetto del giudizio non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito e a questi riservata (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8315), il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 3 dicembre 2019, n. 31546; Cass., Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054).

Il che è reso palese dalla parziale aspecificità del parametro normativo e, soprattutto, dalle conclusioni cui giungono i ricorrenti (come ribadito nella memoria), ove osservano che tutti i costi disconosciuti dall’accertamento impugnato e confermati dalla CTR sarebbero costi inerenti, così invocando la revisione del giudizio in fatto già compiuto dalla CTR e a questa demandato.

3.1 – Analogamente è inammissibile la doglianza sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, posto che i ricorrenti non allegano specifici fatti storici (mancando, peraltro, anche l’indicazione sia del luogo processuale in cui gli stessi fatti sarebbero stati introdotti nel processo, sia della loro decisività), ma si limitano a ripercorrere il ragionamento decisorio sugli elementi di prova compiuto dal giudice del merito.

4 – Il terzo motivo del ricorso principale è infondato. Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), ove la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

Nella specie la sentenza impugnata ha diffusamente esposto le ragioni di indeducibilità – succintamente esposte in narrativa – delle spese di promozione e rappresentanza delle imprese farmaceutiche, indicando le ragioni di diritto – in particolare facendo proprie le indicazioni provenienti dalla Circolare n. 3/2006 dell’Ufficio e richiamandosi alla disciplina speciale di cui al D.Lgs. n. 541 del 1992, per scendere, poi, nel dettaglio, analizzando ogni singola spesa.

Parimenti, è demandato al giudice del merito valutare i profili che siano o meno oggetto di contestazione, ciò in relazione alla fugace deduzione dei ricorrenti, secondo cui l’Ufficio non avrebbe “confutato” tutte le ragioni in fatto e in diritto proposte dai contribuenti appellanti (Cass., Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 27490; Cass., Sez. VI, 7 febbraio 2019, n. 3680).

5 – Il quarto motivo del ricorso principale è inammissibile, non essendovi traccia nella sentenza impugnata (come rilevato dal controricorrente) degli argomenti trattati dai ricorrenti. Deve riaffermarsi il principio secondo cui qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, allo scopo di consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).

6 – Il ricorso incidentale è inammissibile, ancorché per ragioni diverse da quelle dedotte dai ricorrenti in memoria. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consente di dedurre sotto uno specifico motivo di ricorso l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), sicché l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. VI, 27 novembre 2020, n. 27183; Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), né essendo il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito fonte di innesco del vizio denunciabile con il ricorso per cassazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., Sez. III, 10 giugno 2016, n. 11892).

Il ricorrente incidentale intende, di fatto, svalutare l’accertamento in fatto, compiuto dalla CTR sulla base dell’esame della perizia di parte, richiamandosi alla descrizione della fattura in luogo dell’esame dell’elemento istruttorio valorizzato dal giudice del merito, così procedendo a un riesame del materiale probatorio a quest’ultimo riservato.

7 – Il ricorso principale proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate va, pertanto, rigettato e il ricorso incidentale di quest’ultima dichiarato inammissibile. La reciproca soccombenza comporta la compensazione integrale delle spese processuali del giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico dei ricorrenti principali, non anche per il ricorrente incidentale, non operando detto principio a carico dell’Agenzia ricorrente incidentale (Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., Sez. III, 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente principale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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