Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19830 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19830 Anno 2013
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 21533-2010 proposto da:
PETRARCA

LUIGI

PTRLGU30H21T096F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ALBALONGA 7, presso lo STUDIO
LEGALE “VINCENZO COLALILLO ED ALTRI” e per esso
SCARANO STEFANO, e con lo stesso lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CLEMENTINO PALMIERO,
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

2287
contro

MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA (già MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE) –

Data pubblicazione: 28/08/2013

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL MOLISE – UFFICIO
SCOLASTICO PROVINCIALE DI CAMPOBASSO – CENTRO SERVIZI
AMMINISTRATIVI DI CAMPOBASSO 80185250588, tutti
rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 227/2010 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 25/06/2010 r.g.n.
84/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato SCARANO STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. CORASANITI GIUSEPPE, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

DEI PORTOGHESI, 12;

R.G. n. 21533/10
Ud. 26.6.13
Petrarca c. Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 25.6.10 la Corte d’appello di Campobasso rigettava il
gravame interposto contro la pronuncia con cui il Tribunale della stessa sede aveva
respinto la domanda di Luigi Petrarca (insegnante di scuola pubblica in pensione

dal 1 0 .9.94), avanzata nei confronti del Ministero della pubblica istruzione, intesa
ad ottenere la rideterminazione della propria anzianità giuridica ed economica del
servizio prestato nella misura di anni 38 ai fini giuridici e di anni 46 a quelli
economici, con le relative conseguenze sull’ammontare del trattamento
pensionistico.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Luigi Petrarca affidandosi a quattro
motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.
Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (già Ministero della
pubblica istruzione) resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 345
c.p.c. nella parte in cui l’impugnata sentenza si è basata su un documento,
riepilogativo del computo dell’anzianità del Petrarca, depositato solo in appello.
Il motivo è infondato poiché, anche a voler considerare quello depositato dal
ministero non come un mero riepilogo a scopo difensivo del computo operato
dall’amministrazione, ma come un documento avente autonoma attitudine
probatoria, resta il rilievo che l’art. 437 co. 2° c.p.c. (tale è la norma di riferimento,
trattandosi di controversia assoggettata al rito speciale) consente al giudice
d’appello di acquisire, anche d’ufficio, documenti che ritenga indispensabili ai fini
della decisione.

2- Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione per avere la Corte
territoriale trascurato, invece, altro documento, prodotto in prime cure dall’attore,
da cui risultava che gli era stato riconosciuto soltanto un anno — e non sei, come
sarebbe stato dovuto e come indicato dal documento prodotto dall’amministrazione
— di servizio non di ruolo ex lege n. 576/70.
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Ud. 26.6.13
Petrarca c. Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca

Il motivo è per un verso non autosufficiente (noto essendo che il ricorrente chein
sede di legittimità denunci il difetto di valutazione di un documento o di risultanze
probatorie o processuali,ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto
della prova o trascrivere il contenuto del documento trascurato od erroneamente

interpretato dal giudice di merito: cfr., ad esempio, Cass. 30.7.10 n. 17915), per
altro inammissibile perché evoca soltanto un cattivo governo delle risultanze
istruttorie, vizio estraneo al novero di quelli di cui all’art. 360 c.p.c.
Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema — da cui non si
ravvisa motivo alcuno di discostarsi — il vizio di omessa o insufficiente
motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se
nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile
il mancato o deficiente esame di un fatto decisivo della controversia, potendosi in
sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico – formale la
valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le
fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a
dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e
innumerevoli successive pronunce conformi).
Né il ricorso isola (come invece avrebbe dovuto) singoli passaggi argomentativi
per evidenziarne l’illogicità o la contraddittorietà intrinseche e manifeste (vale a
dire tali da poter essere percepite in maniera oggettiva e a prescindere dalla lettura
del materiale di causa), ma ritiene di poter enucleare vizi di motivazione dal mero
confronto con un dato documento, vale a dire attraverso un’operazione che suppone
un accesso diretto agli atti e una loro delibazione non consentiti in sede di
legittimità.
Né al ricorrente gioverebbe il considerare tale doglianza come una sostanziale
censura di travisamento del fatto, trattandosi di vizio che — a tutto concedere potrebbe astrattamente farsi valere solo in via di revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. e
non mediante ricorso per cassazione (giurisprudenza costante: cfr., e pluribus, Cass.
Sez. III n. 15702 del 2.7.10 e Cass. Sez. III n. 213 del 9.1.07).

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Ud 26.6.13
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Ove — invece — volta a dedurre un travisamento della prova, la doglianza si
rivelerebbe infondata perché detto vizio sussiste soltanto se il contenuto di una
determinata prova sia stato veicolato in maniera distorta all’interno della

decisione, ovvero solo se il significante (e non il significato) risulti
diametralmente opposto a quello riversato nella motivazione: ma non è questo il
caso.

3- Con il terzo motivo si prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 4 co. 8°
d.P.R. n. 399/88, nonché vizio di motivazione, per errata applicazione del
meccanismo della cd. temporizzazione al momento del passaggio del ricorrente dai
ruoli degli insegnanti di scuola elementare a quelli di scuola media, dovendosi
comunque aumentare di due annualità la sua anzianità economica e stipendiale in
applicazione del beneficio di un anno per il superamento della selezione per merito
comparativo relativo all’anno 1973 e di un altro anno per l’attribuzione
dell’invalidità civile di guerra, sicché i 42 anni complessivi riconosciuti
dall’impugnata sentenza dovevano essere portati a 44 alla data del 1°.9.90 e, poi,
ulteriormente aumentati a 48 ai fini economici, applicando il meccanismo della
temporizzazione solo dopo aver correttamente rideterminato in 44 anni l’anzianità
alla data del 1°.9.90.
Il motivo è infondato.
Si premetta che il 1°.9.91 il ricorrente è transitato dal ruolo della scuola
elementare a quello della scuola media, ove è rimasto fino al 1°.9.94 (data di
collocamento in quiescenza).
Recita l’art. 4 co. 8° d.P.R. n. 399/88: “Nei casi di passaggio a qualifica
funzionale superiore, successivo alla data del 30 giugno 1988, al personale
interessato è attribuito lo stipendio iniziale previsto a “regime” per la nuova
qualifica, maggiorato dell’importo risultante dalla differenza tra lo stipendio
tabellare a “regime” relativo alla posizione stipendiale in godimento nella qualifica
di provenienza ed il relativo stipendio iniziale.”.
Ora il meccanismo della cd. “temporizzazione” va applicato al momento del
passaggio dal ruolo della scuola elementare a quello della scuola media e, proprio
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per tale ragione, la gravata pronuncia ha calcolato 42 anni d’anzianità comprensivi
dei 2 anni derivanti dalla legge n. 336/70 e dei 6 anni derivanti dal superamento per
merito distinto di due concorsi negli anni 1969 e 1970.
Si legge in ricorso della necessità di applicare l’ulteriore beneficio di un anno per

il superamento della selezione per merito comparativo relativo all’anno 1973 (cosa
che sarebbe comprovata da un documento depositato in atti), ma di ciò non v’è
traccia in sentenza né può questa S.C. procedere ad una disamina delle risultanze
probatorie per verificare la fondatezza in punto di fatto di tale allegazione.
Valgano in proposito le considerazioni esposte nel paragrafo che precede sub 2.
Quanto agli effetti della legge n. 336/70 conseguenti all’invalidità civile di guerra,
si tratta di 2 anni d’anzianità che l’impugnata sentenza ha già espressamente
considerato. Né tale legge prevede l’attribuzione di benefici ulteriori.

4- Con il quarto motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 4
co. 5° legge n. 498/92 e 3 legge n. 165/58, nonché di vizio di motivazione, per avere
l’impugnata sentenza illegittimamente riassorbito i due anni riconosciuti al
ricorrente a titolo di benefici ex lege n. 336/70.
Il motivo è infondato, giacché tale riassorbimento è espressamente e
inequivocabilmente previsto dal cit. art. 4 co. 5° legge n. 498/92, che così dispone:
“L’articolo I della legge 24 maggio 1970, n. 336, va interpretato nel senso che per i
dipendenti del pubblico impiego, ivi compresi i dirigenti ed equiparati, nonché per
il personale di magistratura ed equiparato, non si procede al computo delle
maggiori anzianità ivi previste in sede di successiva ricostruzione economica
prevista da disposizioni di carattere generale. Gli eventuali maggiori trattamenti
spettanti o in godimento, conseguenti ad interpretazioni difformi, sono conservati
ad personam e sono riassorbiti con la normale progressione economica di carriera
o con i futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza.”.
Si sostiene in ricorso che sarebbe stato necessario procedere alla riattribuzione
dell’anzianità sottratta a seguito del riassorbimento, ovvero che si sarebbe dovuta
consentire una “riespansione” dei benefici di merito, in precedenza compressi in
quanto messi in relazione con i benefici combattentistici: ma deve obiettarsi che tale
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“riespansione” avrebbe bisogno di un espresso aggancio normativo, aggancio che
non si rinviene neppure nell’altra norma che nel quarto motivo si assume essere
stata violata, cioè nell’art. 3 legge n. 165/58 (poi abrogato dal d.lgs. 13.12.2010 n.

5- In ordine, poi, ai vizi di motivazione denunciati nel terzo e nel quarto motivo di
ricorso, è appena il caso di aggiungere che con essi, in realtà, più che lamentare
l’errata ricostruzione d’un fatto ci si duole d’una erronea motivazione in diritto.
Ma ex art. 360 co. 1° n. 5 c.p.c. il vizio di motivazione spendibile mediante
ricorso per cassazione concerne solo la motivazione in fatto, giacché quella in
diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in
cassazione (v. art. 384 ult. co . c.p.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in
alcun modo soffrire.
Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata
sia corretta ancorché malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta
erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben
costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la
pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge
o falsa od erronea sua applicazione.

6- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di
legittimità, liquidate in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma, in data 26.6.13.

212) disciplinante i concorsi per merito distinto.

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